Tatoo me

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"Mi sa che ti ho lasciato un succhiotto sul culo”
“Coglione”
Guardo il ragazzo nudo davanti a me con malcelata malizia, da un po’ di tempo a quella parte mi sento una ragazzetta arrapata, credo di poter essere inserita nel guinnes dei primati per tutti i posti in cui ho scopato…
‘Scopato’, che termine insulso e riduttivo per classificare i miei orgasmi – sono davvero una ragazzetta arrapata – ma è come se avessi scoperto il sesso, quello vero, solo da quando conosco lui…

Suigetsu Hozuki:
‘Che smidollato’
Era questo quello che avevo pensato quando avevo incrociato i suoi occhi – piuttosto singolari – dietro il bancone di un negozio di tatuaggi – il suo –.
Volevo un altro tatuaggio, ma non sarei tornata neanche morta dal mio vecchio tatuatore, quel coglione mi aveva marchiata, non tatuata, ad un certo punto avevo temuto che potesse lacerarmi la pelle per quanta forza ci metteva.
“Voglio un tatuaggio” avevo esordito
La mia richiesta, benché ovvia, lo aveva spiazzato, sicuramente per l’abbigliamento con cui mi ero presentata, ma uscivo direttamente da lavoro e non avevo né tempo, né voglia di cambiarmi; pronta a far volteggiare le mie pupille qualora avessi sentito il solito commento sulla mia persona, rimasi sorpresa quando da sotto il bancone sfilò un bigliettino:
“Dimmi cosa vuoi e accordiamo giorno, orario e sedute”
Mi aveva sorriso sornione ed era scomparso nell’altra stanza, probabilmente a continuare il suo lavoro.



La prima seduta la ricordo in maniera paurosamente nitida.

“Be your own savior?”
“Sì”
“Andiamo Karin tutto qui? Devo sprecare il mio inchiostro e i tuoi soldi per questa stronzata?”
Ero lì dentro soltanto da mezz’ora ed ero già pentita di avere scelto quel ragazzo così menefreghista da prendersi la briga di sfottere la mia persona in modo tanto aperto.
“Dovresti sapere che un tatuaggio ha un significato speciale, non voglio incidermi per sempre una frase che potrei scrivere con un pennarello sul diario. Potrei anche decidere di tatuarmi l’infinito per ricordarmi l’infinito sbaglio fatto a venire qui, a te non deve comunque importare”
Non ero realmente offesa però e questo lui lo aveva capito.
“E sentiamo, perché se questa frase è così importante per te, la tatui sulla spalla destra?”
“Perché vicino alle costole fa troppo male” era stata la mia risposta a denti stretti e guance imporporate.
Quella volta, per la prima volta, avevo sentito la sua risata, e l’avevo trovata così irritante ed eccitante, proprio come adesso.

**

“Voglio un altro tatuaggio”
“Buongiorno anche a te, Karin”
“Perché ricordi il mio nome?”
“Come potrei scordarlo?”
Quando si era sporto a sorridermi in modo così esplicito, d’istinto gli avevo spinto la faccia via con il palmo della mano che, a contatto con la sua pelle morbida, si era surriscaldata – e non solo quella –
“Questa volta cosa? ‘chi fa da sé fa per tre’?”
“Questa volta voglio questo” e tronfia di sfida, gli avevo sbattuto sul bancone uno degli schizzi su cui stavo lavorando; aveva leggermente sgranato gli occhi di fronte all’immagine di un piccolo albero della vita stilizzato in cui si intrecciavano dei rami spinati da cui sbocciavano dei fiori.
“Lo hai disegnato tu?” mi aveva chiesto mentre faceva scorrere le dita lunghe e pallide sulla chioma dell’albero
“Sì”
“Sei brava” e nel dirlo aveva alzato il suo sguardo sul mio e mi aveva guardata con un’intensità tale da prosciugarmi tutta la saliva.
“Lo vuoi colorato?”



Trattandosi di un tatuaggio complesso che necessitava dunque di più sedute, avevamo deciso di fissare gli appuntamenti all’ultimo orario, cosi che lui avesse avuto più tempo da dedicargli.
“Accendi il riscaldamento, muoio di freddo” non ero mai stata molto cortese e quella era l’unica frase che mi era venuta in mente per annunciarmi, lui non aveva protestato e tra il divertito e l’esasperato aveva fatto come gli avevo chiesto.
“Spogliati” fui molto meno spavalda dinanzi a quella richiesta, forse per il tono che aveva usato, ma mi sentii profondamente imbarazzata ed esposta.
“Girati”
“Stai scherzando?”
“No che non scherzo, girati!”
“Sicura di volere questo tatuaggio proprio sotto al seno?”
Esasperata dalle sue continue provocazioni, mi ero denudata come da sua richiesta, armata di coppe particolari per proteggermi da quegli occhi così languidi, che restarono delusi nel constatare che le mie grazie sarebbero rimaste coperte dalla stoffa, ma forse quella era solo una mia speranza.
Non mi trovai preparata quando lo vidi salire a cavalcioni su di me, mantenendo comunque una distanza tale da non permettere ai nostri corpi di entrare in contatto, rimasi congelata nella mia posizione per paura che il mio corpo potesse tradirmi e mostrare tutta l’eccitazione che in quel momento vi scorreva.
“Devo ricalcare prima i contorni, partiamo da quelli così da concentrarci dopo sui dettagli, mi sa che un paio dei rami si estendono sulle costole”
Sentivo il suo fiato caldo sulla mia pelle, le sue labbra così vicine al mio addome e le sue dita che tracciavano con un pennarello i primi contorni.
“Puoi anche respirare, tranquilla, quella parte la lasciamo all’ultimo” aveva aggiunto, sollevando il suo sguardo su di me e ridendo apertamente.


“Mi sembra che la prima parte si sia cicatrizzata bene” la naturalezza con cui mi accarezzava la pelle tatuata mi eccitava oltre ogni limite, desideravo sempre di più essere toccata.

“Perché un tatuaggio così impegnativo?”
Mi ero ormai abituata alle sue domande dirette ed al suo fiato sulla mia pelle, per tanto avevo avuto modo di osservarlo meglio; non mi ero mai accorta del piercing alla lingua e del piccolo orecchino a cerchietto sull’orecchio destro:
Chissà come sarebbe stato sentirne il freddo metallico sulla pelle.
“Tu non sai proprio cosa sia la privacy, eh?”
“Ma io sono il prete dei tatuaggi! A me puoi confessarli, manterrò il segreto professionale”


Non so quando le cose cominciarono a prendere una piega diversa, forse perché le mie mani smaniose di un contatto si erano posate troppo spesso sul suo collo per tracciare i contorni dello squalo che sbucava dalla clavicola sinistra, o forse perché poco a poco sentivo che la distanza tra i nostri bacini si accorciava, ma non riuscii a capire come le mie labbra si fossero ritrovate a ricercare fameliche la lingua di Suigetsu che prepotente ed ansiosa si era insinuata nella mia bocca, avevo leccato quel maledetto piercing che tante volte avevo desiderato dentro di me.
La passionalità dei nostri incontri mi lasciava sempre senza fiato, entrambi dimentichi di qualsiasi tipo di pudore, non avevamo avuto remore ad esplorare ogni parte dell’altro per trarne piacere.

Vidi la famelicità dei suoi occhi quando finalmente scoprì i miei seni e si avventò su di essi leccandoli e succhiandoli, li stuzzicava, ci giocava e io non gli davo modo di staccarsi, pressavo la sua chioma albina su di me, incitandolo a lambire la superficie che aveva a disposizione; ero desiderosa di assaggiarlo e per questo, facendolo riemergere dal mio petto, mi ero avventata sul suo collo leccando proprio quello squalo che tante volte mi aveva tentato, neanche il suo padiglione auricolare fu un ostacolo per la mia lingua che impudica vi si insinuò, un gemito abbandonò la mia bocca quando sentii le sue dita calde insinuarsi nella mia fessura, esplorandola – tra di noi non c’è mai stata una delicatezza artefatta, preferivamo essere rudemente reali –
Mi ero abbarbicata a lui quando lo avevo sentito aumentare il ritmo delle sue dita dentro di me, che ora avevano preso a stuzzicare anche il clitoride; fui distratta dalle sue labbra che si poggiarono nuovamente sul mio capezzolo, mordendolo e leccandolo così intensamente da farmi bagnare ulteriormente; ero già totalmente nuda quando mi ritrovai sdraiata sul lettino con le cosce aperte e la faccia di Suigetsu in mezzo ad esse, sentivo i suoi denti mordere mollemente la pelle morbida dell’interno coscia, avvicinandosi sempre di più alle grandi labbra, le solcò interamente con la lingua continuando a morderle e succhiarle, il mio primo vero gemito fu dovuto alla sua bocca che si chiudeva sul clitoride umido e lo stimolava imperterrito, riuscii ad eccitarmi maggiormente quando i suoi denti lo agganciarono provocandomi un lieve pizzicore.
Lo staccai bruscamente da me, stanca di essere vittima dei suoi perversi giochi, senza troppe cerimonie scesi dal lettino e mi posizionai in ginocchio tra le sue gambe aperte ancora fasciate dai pantaloni, con un unico gesto lo liberai di entrambi gli indumenti e quasi il suo membro mi fu sbattuto in faccia, lucido; alzai il mio sguardo da cerbiatta su di lui e presi a leccare piano il glande, ripulendolo del poco liquido preseminale, lo vidi soltanto chiudere gli occhi e reclinare la testa prima di sentire le sue mani raccogliere malamente le mie ciocche rubino e cominciare a dettare il ritmo del pompino, benché l’idea di farmi scopare la bocca risultava eccitante, non volevo dargliela vinta facilmente e così ponendo una mano sulla base del pene e l’altra sul suo stomaco, arrestai il suo intento cominciando a succhiare più veemente e secondo il mio ritmo, questa volta sentii chiaramente il suo gemito roco mentre cercava di tenere legati i miei capelli e mi accarezzava una guancia, decisi di lasciarlo andare quando sentii il suo membro divenire più duro, non accolse bene la mia scelta perché con un ringhio mi tirò su e mi infilò violentemente la sua lingua in bocca mentre mi stendeva lateralmente sul lettino.
Lo allontanai da me tirandogli alcuni fili e lo fissai lascivamente, poco dopo percepii chiaramente il suo membro aprire la mia fessura ed insinuarvisi ad un lentezza esasperante, solo quando fu completamente dentro di me e cominciò a spingere, affondai i miei denti e le mie unghia nella carne della spalla, pagai molto caro quell’affronto perché mi ritrovai carponi e sotto la furia delle sue spinte sempre più incalzanti, ripresi il controllo solo quando sentii il palmo di Suigetsu posarsi delicatamente sulla mia bocca:
“Shh o mi denunciano per disturbo della quiete” furono queste le parole biascicate e impastate che mi arrivarono all’orecchio prima di sentire sulla schiena un fiotto caldo ed il suo peso su di me.

Da quel giorno era stato un susseguirsi di incontri e gemiti, ci piaceva percepire la tensione sessuale che si creava tra noi due per poi sfogarla una volta soli, avevamo anche cominciato ad uscire insieme ad un certo punto ed era stato tutto così naturale che ancora faticavo a crederci – proprio una ragazzetta arrapata –

“Devi ancora finire il tatuaggio” e mi ero ritrovata a cavalcioni su di lui
“Di che colore li vuoi i fiori?” mi aveva sussurrato sulla pelle leccando la parte interessata.
“…Viola.”



Angolo autrice
Corro a nascondermi nel mio angolino della vergogna.
Non pensavo sarebbe uscita questa porcellata – per mancanza di termini più adatti – è che io ‘sti due me li immagino così, orgogliosi pure mentre bombano, però si vogliono un gran bene, essendo one shot non ho potuto soffermarmi molto su altri aspetti della loro “storia” manon mi andava che fosse solo una botta e via, loro sono “meant to be”.
Non mi dilungo perché è davvero tardi e so che pagherò caro questo slancio di follia, ma chiedo venia se ho fatto schifo, a mia discolpa posso dire che:
Non scrivo da una vita
Non scrivo Suika
Non scrivo lemon (sono parecchio arruginita)
Sayonara <3
Medeafire
P.S. Ho sentito la loro tensione sessuale pure mentre scrivevo.

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