Capitolo uno

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Il bersaglio è lontano da me di ben dieci metri. La sagoma ha la forma e l'altezza di un uomo. Irrigidisco le gambe sul posto e ammorbidisco la presa delle dita sul grilletto della pistola. Osservo la sagoma e sparo, puntando dritto al cuore. Il rumore provocato dallo sparo è attutito dalle cuffiette.

-Kurt! Cosa ci fai ancora qui? Tra meno di due ore dobbiamo attuare il piano, ricordi?- dice nervosamente scendendo le scale in tutta fretta.

-Certo, scusami Jason..soltanto che volevo essere sicuro di spaccare la testa a quei pezzenti- si avvicina e mi dà una leggera pacca sulla spalla. Ora posso notare da vicino le occhiaie nere che ornano i suoi occhi da ben un mese, da quando i Marlon, un mediocre secondario clan di New York, avevano rapito sua figlia. Quei bastardi, per avere più soldi di quando non ne abbiano già, avevano rapito durante la notte Karin, la figlia del mio capo o meglio dire il capo dell'intero clan di New York -Non preoccuparti, riporteremo tua figlia da te. Te lo giuro- e voglio davvero mantenere questa promessa. Reputo Jason il mio secondo padre, se non l'unico da quando mio padre mi abbandonò quando avevo solo qualche mese davanti alla porta di Jason; o almeno è quello che mi ha detto quest'ultimo. Purtroppo non ho mai visto Karin perché viveva lontano da qui anche se puo sembrare strano dato che reputo suo padre come il mio.

-Ora sarà meglio andare- Annuisco calando il capo verso la pistola, la ricarico e la infilo dietro i pantaloni.

-Jason, dove si terrà l'incontro con i Marlon?-

- In cima all'Empire State Building..ma questo non t'interessa dato che sarai tu ad andare alla loro base a prendere dalle loro grinfie mia figlia mentre quel bastardo di Valentine pensa di contrattare con me quanto vale Karin- rimango sbalordito dalle sue parole, non sono capace di tanto, non saprei dove cercarla..e stavo per dare voce alle mie parole quando intuendo la mia negazione a ciò dice sorridendomi.

-Non preoccuparti, se non ti ritenerei in grado non ti avrei mai incaricato di salvare la mia cara Karin..-

la sua voce è sicura e fluida anche se al pronunciare il nome della figlia, i suoi occhi si spengono nuovamente. Con la mano si porta indietro i capelli nero pece, si porta una mano sotto il giubbotto di pelle e ne estrae una foto -Questa è una foto di mia figlia. Almeno saprai com'è fatta, dato che dubito che sia l'unica ragazza nella base..- dice con una nota amara, da non biasimare.

Mi porge la foto e la osservo. Se avessi saputo che la sua bellezza mi avrebbe folgorato il cuore e la vista, avrei dato ai miei occhi pian piano il gusto di osservarla. Nella foto c'è una ragazza con i capelli castani, mossi dal vento verso la quercia al suo fianco. Ma la cosa che mi ha fatto smettere di respirare per ben sette secondi sono i suoi occhi: di un marrone intenso, che mi ricordano la cioccolata fusa e che danno la certezza di farti vivere un turbinio di emozioni con un solo sguardo. I suoi lineamenti sono lievi ma allo stesso tempo decisi. Un vago rossore è presente sulle sue guancie mentre sorride timida ma felice alla fotocamera e non posso fare a meno di perdermi in quel sorriso raggiante che trasmette sicurezza ma allo stesso tempo ti dà l'ennefrenabile desiderio di proteggerla. Sbatto alcune volte le palpebre quando mi sento chiamare dal fondo della stanza. Il sorriso di Jason si trasforma in una specie di espressione muta, come per dire

-Lo so che è una bella ragazza ma primo, è mia figlia. Secondo, tu portetala a letto e sarà l'unica azione che commetterai su questa terra- e sono così imbambolato che non mi accorgo subito che ha detto davvero quelle parole e non è frutto della mia fantasia. Piego leggermente di un lato il capo e abbasso nuovamente lo sguardo sulla foto. Non sapevo il perché ma c'era qualcosa che mi legava a quella ragazza. O forse è solo il ritorno della mia fugace fantasia che si fa risentire. Ma una cosa è certa. Ti salverò Karin.

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