Parte 2

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Erano solo le 15 ma Harry era già nell'arena.

Era in uno stato d'ansia perenne da tutto il giorno e da metà del precedente. Guardava continuamente l'entrata secondaria aspettando di vedere il viso familiare seppur così diverso di Louis.

In realtà non era sicuro di volere davvero che Louis assistesse al concerto; alla fine, era palese che molte delle canzoni che Harry cantava fossero per lui. Sarebbe stato imbarazzante. Ma una parte di lui voleva con tutto il cuore che Louis lo ascoltasse. Che Louis capisse. Che si rendesse conto di ciò che nonostante tutto continuava a provare.

Ma le 20 si avvicinavano e di Louis non c'era neanche l'ombra.

Harry continuava a torturarsi le unghie. Le mani si incastravano in continuazione nei ricci. La fronte era già leggermente sudata.

19:55

Continuava a guardare la porta, ma niente.

Sentì un colpo al cuore, le lacrime invadergli gli occhi, lo stomaco in subbuglio e la gola secca.

Louis non c'era. E non sarebbe arrivato.

Allora veramente non gliene fregava più niente.

E improvvisamente era come se neanche ad Harry importasse più niente, ma non di Louis, di tutto.

Non gliene importava del concerto, non gliene importava del pubblico, non gliene importava della sua band, non gliene importava neanche del vestito rosa confetto luccicante che adorava talmente tanto da averlo tenuto chiuso per mesi, così da metterlo durante la data finale, e che invece aveva messo solo per Louis.

Cosa se ne faceva del resto se non poteva condividere il suo entusiasmo con la persona che più amava al mondo? Come sarebbe salito sul palco, in quel momento, senza prima incastrare le sue dita tra quelle della persona che più di chiunque altra era capace di calmare l'irrequietezza del suo animo?

Non gliene importava più niente di niente, voleva solo andare via. Scappare lontano. Distante da tutto e da tutti. Aveva bisogno di pensare. E di piangere. E di urlare. E di Louis.

19.59

«Harry, fra 30 secondi vai in scena.»

Un ultimo sguardo alla porta.

Niente.

Diede un calcio ad una cassa e si fece male, ma ormai non piangeva più.

Era arrabbiato. Con Louis, ma soprattutto con se stesso per esserci cascato di nuovo.

«Harry sul palco subito.»

Ma lui non si mosse.

«Harry, forza!»

Ma era immobile.

All'improvviso un coro si alzò dall'arena.

«Harry! Harry! Harry!»

Ci mise qualche secondo interminabile a ritornare lucido e a realizzare cosa stesse succedendo. Fece capolino, attento a non farsi scoprire. L'arena era piena, i fan impazienti, l'aria tesa.

E ripensò a tutto il tour. Al luogo sicuro che si creava, ai cartelloni, ripensò a qualche volto confuso dei fan piangenti.

Loro, i fan, erano stati capaci di tenerlo in vita negli ultimi due anni.

No, non poteva deluderli. Uno stronzo non poteva rovinare quel momento a migliaia di persone.

Stronzo.

Ma chi era lo stronzo tra i due?

Ormai non lo sapeva più, non sapeva più niente, sapeva solo che doveva cantare, nonostante tutto.

Come see me | Larry Stylinson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora