Cominciò tutto il giorno di Halloween.Era pomeriggio inoltrato e la notte delle streghe era ormai prossimaall'arrivo. I primi ragazzini cominciavano ad affollare le strade delcentro alla ricerca di caramelle e dolciumi, addobbati con maschere eaccessori di ogni tipo.
Dalla finestra del mio appartamento liosservavo mentre girovagavano eccitati e felici come solo i bambinisanno essere. Scrutavo i loro sguardi e capivo che quell'emozione nonscaturiva dal fatto che da lì a poco i loro sacchetti vuotisarebbero stati colmi di dolcetti. Erano emozionati all'idea diandare in giro travestiti e dalla convinzione che nessuno li avrebbericonosciuti. Erano emozionati dal poter indossare una maschera.Riflettendoci, mi resi conto che, in effetti, i bambini sono sempresé stessi. Non indossano maschere ogni giorno come facciamo noiadulti, riescono a vivere le loro puerili vite mostrandosisemplicemente per ciò che sono. Da qui compresi tutta la loroeccitazione. Oggi, quei bambini stavano facendo qualcosa di nuovo edinusuale per loro, ma che, purtroppo, crescendo, sarebbe diventatauna triste abitudine. Stavano indossando una maschera.
Il mio sguardo si spostò, poi, sultramonto. Un cielo rosso fuoco sembrava voler bruciare il mondo. Untripudio di colori caldi e accesi si stagliava all'orizzonte, quasicome se il firmamento volesse dimostrare tutta la sua forza, intrisadi una bellezza folgorante. Era da tanto che non vedevo un tramontocosì bello, era da tanto che non alzavo gli occhi al cielo.
Rimasi a contemplare tale splendorefino a quando la suoneria del mio I-phone non mi riportò allarealtà. Era Marco:
Allora Fabio, stasera ci sei alla festa di Laura, vero?-
Non lo so, non mi va più di tanto.-
Smettila di farti le tue pippe mentali e inizia a sistemarti. Alle 21.30 sarò sotto casa tua.-
Aspetta, ho detto che...-
Aveva messo giù.
Tipico di Marco, quando si mette intesta qualcosa, è quasi impossibile fargli cambiare idea. Da quandoil suo amore non corrisposto ci ha invitato alla festa di Halloweenda lei organizzata non fa che pensare ad altro. È convinto chequesta sarà la serata giusta per conquistarla. Ovviamente ha messoin mezzo anche me, senza che io avessi mai dato il consenso.
Ma alla fine avevo deciso che staserasarei andato alla festa. Non tanto perchè ne avessi voglia, maperchè ero consapevole che sarebbe stato molto più palloso sentirele sue lagne per tutta la serata.
Tornai alla finestra, il cielocominciava ad imbrunire ed il sole, dopo aver concesso all'umanitàun finale pirotecnico, lasciava il posto alla luna.
Un'improvvisa voglia di fumare cominciòa pervadere il mio corpo. Cercai il pacchetto nella tasca ma miaccorsi che era vuoto. Spostai lo sguardo sul mobile adiacente almuro. La sua confezione di Chesterfield era ancora lì. Al suointerno un'ultima sigaretta.
Le aveva dimenticate qua il giorno checi eravamo lasciati, dopo quel furioso litigio in cui la rabbia e lacollera si erano impossessati di entrambi, ed avevano messo in scenauno spettacolo tanto osceno quanto triste. Se ci penso sento ancorale sue grida, il rumore del piatto da lei lanciato che si infrangecontro il muro e cade in mille pezzi, il dolore della mia manofratturata dopo aver tirato un pugno intriso di ira e furia sultavolo della cucina. Vedo le sue lacrime sgorgare sul quel viso cosìpulito e delicato, le sue mani tremanti, ma anche i suoi occhistraripanti di odio. Vedo quei particolari che dipingevano sul suovolto un quadro teso a rappresentare allo stesso tempo un odioprofondo e un amore ancora presente, nonostante tutto. Mai come inquel momento ho sentito i versi di Catullo così vicini. Ricordo ilmio orgoglio, la mia incapacità di trattenerla, di attaccarmi aquella nave che stava ormai lasciando il porto, nella speranza cheprima o poi mi avrebbe fatto risalire a bordo. Non ho avuto ilcoraggio di affrontare il mare aperto, le sue onde e le sue tempeste.
Non la rivedo da allora.
Sono passati più di due mesi da quelgiorno. La sera stessa mi accorsi della confezione di sigarettedimenticato sul tavolo. Le contai, erano diciassette. Ero triste eavvilito, e non riuscivo a liberarmi di quel pacchetto. Mi proposi difumarne una al giorno, nella speranza di dilazionare ed eliminare ilmio dolore in quel modo. E fu così per i successivi sedici giorni.Il diciassettesimo, presi verso mezzogiorno la sigaretta e andai sulbalcone a fumarla. Ma non ci riuscì. Quella cicca era l'ultimoricordo di Mary, dall'ultima volta che l'avevo vista. Non eroancora pronto a bruciarlo così. Decisi di riporre la sigaretta nelpacchetto e di lasciarlo sul tavolo, fino a quando non mi sareisentito pronto.
Ad oggi, quella paglia è ancora lì,in attesa di diventare cenere. Che stolto che sono stato! Il dolorenon brucia come una sigaretta per poi scomparire. Il dolore brucia,ma brucia dentro. Ti mette a ferro e fuoco il petto, ti stritola ilcuore e ne fa uscire tutta la cattiveria possibile. Non riesci acontrollarlo, a farlo cessare. Più cerchi di mandarlo via e più luiti avvolge nella sua morsa.
Alla fine decisi di prendere quellamaledetta cicca e di accenderla. Fu un gesto impulsivo, dettato perlo più dalla rabbia accumulata in questo tempo. Volevo dimostrare ame stesso che ero capace di sbarazzarmi del suo ricordo. Me ne pentìsubito. Feci un paio di tiri, ma quel mozzicone era più amaro delsolito. Il fumo che raggiunse i polmoni mi feci tossire, quasi comese Mary volesse stritolarmi i polmoni. Decisi di non fumarlo piùe lasciai che si consumasse lentamente, come si era consumato l'amoredi Veronica nei miei confronti. Una nuvola di cenere ne decretò lafine. Improvvisamente pensai alla mia vita, che si stava consumandoproprio come quella sigaretta.
Guardai l'orologio. Era ora di mangiarequalcosa e poi di fare una doccia prima di uscire. Non avevo vogliadi cucinare, l'episodio accaduto poc'anzi mi aveva scombussolatoparecchio. Preparai un panino e lo mangiai velocemente. Dopo mibuttai sotto la doccia e ci rimasi una ventina di minuti, lasciandomicoccolare dal getto caldo dell'acqua, perso nei miei pensieri. Dopoessermi vestito guardai un po' di TV nell'attesa che Marco passasse aprendermi.
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Fabio e Mary
RomanceLui lo guardava,lei lo guardava.Gli occhi di entrambi in quel momento avrebbero potuto abbattere qualsiasi muro,invadere ogni confine,distruggere il mondo intero,erano pieni di una forza intrinseca tanto grande da poter sovrastare qualsiasi cosa.Epp...