La sveglia squillò e mi alzai controvoglia a spegnerla. Volevo ancora dormire ma era ora di iniziare la giornata. Mi specchiai, nel riflesso c'era una quindicenne con capelli rossi e arruffati e gli occhi neri. Andai in cucina, aprii il mobile della credenza in alto a destra, ne tirai fuori una tazza e presi il latte dal frigo. Misi tutto nel microonde e mi sedetti al tavolo. Non ricordavo nulla della sera prima, sapevo solo vagamente che mio padre litigava al telefono col datore di lavoro. In realtá non era il mio vero padre, era il mio patrignio. Il mio vero papá era morto in guerra molto tempo prima, o almeno questo era quello che diceva la mamma. Non era mai veramente convinta di quello che diceva, sembrava che avesse paura di dire qualcosa di troppo o di non spiegarsi abbastanza bene. Il microonde tintinnò e io andai a prendere la tazza del latte e accesi la tv. Davano il solito TG, stesse notizie, tutti i giorni.Girai sui canali dei cartoni, stessa spazzatura, tutti i giorni. Accesi la radio, stesse canzoni, tutti i giorni. Andai sui social, stessi post, tutti i giorni. Nulla di nuovo, nulla che mi distraesse dalla realtá, la realtà era che ero in ritardo, molto in ritardo. Mi infilai un paio di pantaloni che evevo sulla sedia da due settimane e che mi ero dimenticata di mettere nella lavatrice. Infilai una felpa grigia che risaliva ai tempi delle elementari, presi le chiavi di casa e scesi ad aspettare alla fermata del bus. Stessi manifesti tutti i giorni, nulla di nuovo. Stesse persone ad aspettare, nulla di nuovo. Stesso vecchietto che attendeva da una vita il ritorno di suo nipote, non aveva mai saputo che era morto in guerra. All'inizio mi faceva pena, ma ormai mi ero abituata a vederlo piangere per ore su quelle panchine sudicie. Non si meritavano questo, ne il nipote, ne il vecchietto, avrebbero dovuto avvertirlo. Ormai era comunque troppo tardi, aveva un tumore e solo 3 giorni di vita. Aveva deciso di passarli ad aspettare il suo nipotino, che non sarebbe mai arrivato. D'altronde non aveva più nessuno, nessuno con cui passare questi ultimi giorni che gli rimanevano. Il bus arrivò e io saltai dentro, non volevo stare in piedi e mi sedetti in un posto vicino al finestrino. Il vecchietto aveva ripreso a piangere vedendo che non era sceso suo nipote. Il bus partì. A scuola, solite ore di lezione e solita ricreazione passata ad ascoltare i problemi delle ragazze che volevano chiamassi amiche. In realtá non avevo amiche, solo conoscenti maniache di protagonismo, solo il mio canarino. Cel'avevo da 2 anni ma ormai era diventato mio confidente, l'unico che mi ascoltava. Mi piaceva parlare con lui, forse perchè non giudicava, forse perchè non parlava o forse perchè era l'unico essere vivente che non se ne voleva andare da vicino a me. Stesso ritorno a casa degli altri giorni. Stesso vecchietto ancora sulle panchine dalla mattina, era stato seduto lì per 5 ore sotto la pioggia battente pur di vedere suo nipote, non sapeva che era tutto inutile, non sarebbe mai tornato. Entrai in casa e vidi una busta dea spesa sul tavolo, mamma mi aveva comprato qualcosa con cui fare pranzo. Cucinai una pasta bruciacchiata e andai a prendere il mio canarino dalla mia stanza. Ma lui non era più lì a cinguettare di felicitá per il mio ritorno, era sul fondo della gabbia, con le zampe alzate e con delle formiche che gli mangiavano gli organi interni. L'unica cosa che mi faceva sentire felice sen'era andata. Ora non sarei mai più stata felice.

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la maledizione del tempo
FantasíaCiao, sono Rose. Scrivo per informarvi che non sono in pericolo. Ho imparato a gestire la situazione. Ma non per questo mi arrendo. Troveró chi mi ha fatto questo e lo confinerò nel Tartaro. Ciao, sono Rose e ho una vita abbastanza normale, se non...