My passion, my game

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"Un altro tiro" ripeto lentamente mentre prendo la palla tra le mani. Sento il suo peso tra le dita, la superficie ruvida mi ha consumato i polpastrelli durante le ore che ho passato ad allenarmi. Inquadro il canestro, immagino la traiettoria della palla che dalle mie braccia scivola fino ad esso e lo attraversa con un movimento fluido ed elegante. Calcolo la forza che dovrò metterci; mi metto in posizione; tiro.

Sbaglio, di nuovo.

Un sospiro sfugge dalle mie labbra. Non riuscirò mai a raggiungere il livello che mi ero prefissato, di questo passo, e non posso permettere alla mia precisione di scendere sotto all'ottanta percento.

"Sono tre ore che gli altri hanno finito." osserva Laura alle mie spalle. È seduta per terra alle mie spalle, le gambe incrociate; è concentrata a leggere qualcosa dal display del telefonino.

"Ti ho detto che non c'è bisogno di rimanere. So che è noioso osservarmi mentre mi alleno."

"Non importa, almeno stiamo un po' insieme."

Le sorrido e mi avvicino per abbracciarla, ma lei si ritrae esclamando: "Per favore, sei tutto sudato!"

"Faccio un ultimo tiro." le rispondo, afferrando la palla che mi viene subito rubata dalle mani dalla mia ragazza che mi guarda scettica.

"Se ti lascio andare avanti così passeremo tutta la notte qui dentro. Vai a farti la doccia, mi devi una cena."

Sento il suo sguardo sulla schiena fino a che non chiudo la porta dello spogliatoio.

L'acqua bollente mi accarezza i muscoli doloranti, mi sbrigo. Chiudo il borsone e allaccio le scarpe giusto pochi secondi prima che le luci si spengano.

Laura mi aspetta fuori; trema appena dal freddo, così mi tocca togliermi la giacca per porgergliela.

"Non ho freddo... Poi, tu hai appena fatto la doccia: rischi di ammalarti così."

"Dove vuoi andare?" cambio argomento. Non mi piace quando qualcuno si preoccupa per me, mi fa sentire a disagio: vulnerabile.

"Al solito posto." mi risponde. Ci avviamo verso la stazione ferroviaria, entriamo in un fast food e ci sediamo ad un tavolo poco lontano dalla porta. Lei ordina il suo solito gelato alla vaniglia, mentre io mi faccio portare un vassoio pieno di cibo. Ho sempre molta fame dopo l'allenamento.

"Tra poco inizieranno le qualificazioni per il torneo interscolastico. Siete pronti?" mi chiede ad un tratto.

"No." le rispondo semplicemente. Non siamo pronti, per niente.

"Non lo eravate nemmeno l'anno scorso" sorride.

L'anno scorso, già... Non riusciremo di nuovo ad arrivare al risultato di allora, figuriamoci superarlo... Ci siamo allenati duramente, siamo migliorati, ma anche i nostri avversari avranno lavorato duramente.

"Non sarà facile. L'anno scorso ci hanno sottovalutato, nessuno si aspettava che la squadra di una scuola di campagna - senza nemmeno una palestra dedicata alla pallacanestro - riuscisse ad arrivare ai quarti. Adesso sanno chi siamo."

"Non siete arrivati fino a lì solo per fortuna!"

"E come, altrimenti?"

"Siete bravi, ecco come. La fortuna potrebbe anche avervi aiutato in una partita, in due... Ma non in tutte! Ricordi cosa ti ha detto il capitano delle Pantere?"

Il capitano delle Pantere, la squadra che ci ha battuto ai quarti. Appena scesi in campo ci ha squadrato e si è chiesto, ad alta voce, come avesse fatto una squadra come la nostra ad arrivare fino a quel punto. Dopo la partita, mi aveva guardato negli occhi - proprio me - e aveva sussurrato "L'anno prossimo non fatevi battere prima di giocare contro di noi."

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⏰ Last updated: Apr 25, 2018 ⏰

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