Dici di sì, mentre te ne vai
un po' di te
rimane qui anche se
non vuoi.-Coez
L'UCLA,
una parola, un sogno.Sin da piccola avevo sempre sognato di vivere all'estero, di lasciare l'Italia, trasferirmi a Los Angeles e frequentare l'UCLA, University California, Los Angeles.
Quando avevo dato la notizia ai miei, a soli 14 anni, erano scoppiati a ridere, mamma mi aveva accarezzato i capelli dolcemente e mi aveva detto "Carlotta, sai quanti soldini ci vogliono per andare in America a studiare?"
Certo che lo sapevo, per questo avevo detto loro il tutto a quattro anni dalla fine del liceo, così avevano tutto il tempo per mettere qualcosa da parte e darmi la possibilità di realizzare il mio sogno. Pensavano che fossi una bambina, che i miei piani sarebbero cambiati e che avrei frequentato la facoltà di giurisprudenza a Pisa, città in cui sono nata e cresciuta. Pisa era bella, mi piaceva di più per le persone che vi abitavano e non parlo dei toscani, bensì di tutti quei studenti universitari fuori sede e non, che la sera vedevi prontamente nelle piazze principali in compagnia, con una bottiglia di birra in mano, una chitarra e tanta voglia di vivere. Si divertivano, sembravano essere dove volevano essere. Io avrei voluto essere a Los Angeles, e man mano che gli anni passavano il sogno diventava sempre più forte, fin quando un giorno, ricordo che era un giorno qualsiasi di ottobre dell'ultimo anno del liceo, mamma e papà mi dissero che volevano parlarmi. Li vidi strani, ricordo che mi avvicinai un po' titubante e che aspettai che dicessero qualcosa, loro al contrario, non emisero nessun suono, semplicemente mi diedero una busta, perfettamente chiusa e completamente bianca. Aggrottai la fronte e studiai i loro visi per cercar di capire qualcosa di più ma dai loro sguardi non trapelava nulla, forse mamma era più nervosa del solito, quando lo era il suo piede non smetteva di colpire il suolo e in quel momento sembrava che stesse ballando la salsa. In ogni caso, decisi di aprire la busta e non appena lessi il contenuto cominciai a piangere e ad urlare come un oca in procinto di accoppiarsi.
Non seppi resistere e li abbracciai, semplicemente li abbracciai, continuando a singhiozzare.
"Andrai all'UCLA!" urlò mia madre, e mio padre si limitò ad annuire felice.
Non sapevo come avevano fatto, sapevo solo che mi avevano accettata al college che avevo sognato sin da quando ero una bambina, sapevo che il college aveva visto la mia media e soddisfatta aveva deciso di organizzare un colloquio via Skype per conoscermi meglio.
Non avrei potuto mai ringraziarli e se la vita fosse facile, se la vita fosse davvero facile, vi racconterei che sono riuscita ad andare a Los Angeles, che sono riuscita a laurearmi con i massimi dei voti, che sono diventata un ambito avvocato della California, che ho incontrato l'uomo della mia vita e che insieme abbiamo vissuto una vita perfetta, ma si sa, nulla va mai per il verso giusto.Fino ai miei 17 anni, quel che contava per me era la moda, la popolarità, le feste e le amicizie. Ero apprezzata da gran parte della scuola anche se non avevo un ruolo ben preciso, non ero ne la bellissima stronza amata dai ragazzi ed odiata dalle ragazze, ne la sportiva popolare amata invece da tutti. Ero una ragazza semplice, amavo solo la vita, ero gentile e disponibile con tutti, per me non c'erano distinzioni e ogni volta che la scuola organizzava una festa facevo in modo che tutti fossero presenti, anche se alcuni dei miei compagni volevano fare gli stronzi ed escludere alcuni ragazzi strani, che stavano sempre per i fatti loro. Per alcuni venivo vista come una paraculo, ma per altri, per chi mi conosceva davvero, venivo vista semplicemente come Carlotta, la ragazza che non aveva problemi con nessuno e che cercava semplicemente di vivere.
Avevo anch'io le mie fisse d'altronde, come ad esempio i vestiti, i trucchi, amavo stare al passo con la moda ed essere più o meno carina non per i ragazzi ma per me stessa, mi piacevo, sia esteriormente che interiormente anche perché i miei genitori mi avevano sempre insegnato a non essere mai superficiale, e imparare che dietro ogni gesto, ogni persona c'è sempre una storia.
E una donna che sta bene con se stessa, sta bene con il mondo.
Tutto è stato distrutto il 24 dicembre 2016.
Una data che vorrei completamente cancellare, rimuovere non solo dalla mia mente ma dall'intero ecosistema, vorrei che dopo il 23 dicembre, ci fosse subito il 25, vorrei semplicemente che non esistesse.
Chiedevo troppo?
Forse sì.
Da quel momento in poi la mia vita è vacillata, tutto è diventato instabile, compresa io.
Tutto ciò che prima contava adesso non aveva più importanza, tutti i vestiti, le ore spese nei negozi per cercare gli abiti più carini, le ore spese davanti lo specchio per provare sempre dei trucchi nuovi, per avere sempre i capelli perfetti .. boom, tutto era sparito, e con essi era sparita anche mia madre.
Dopo la notizia che sarei andata all'UCLA, tutto era andato per il verso giusto, fin quando due mesi dopo all'incirca, per le vacanze di natale, mamma non si era sentita molto bene.
Nel giro di giorni era volata via.
Vivere la perdita di un genitore è quasi surreale, non ci credi davvero fin quando non passa il tempo. Alla notizia piangi, al funerale piangi e anche tanto, i primi giorni che passano piangi dalla mattina alla sera ma non realizzi il tutto fin quando le lacrime finiscono e dentro te resta il vuoto.
È in quel momento lì che mi son accorta davvero che la mia svampita mamma non c'era più, una brutta malattia conosciuta anche come "leucemia" l'aveva portata via da me e dal mio papà distruggendo tutto e lasciandoci con nient'altro che macerie.
Papà non era più lo stesso, io non ero più la stessa e anche vivere nella stessa casa in cui tutto ricordava lei era insopportabile. Alcune volte trovavo papà in camera da letto ad annusare i vestiti di mamma che non aveva voluto assolutamente rimuovere dall'armadio e davanti a quelle scene, il mio cuore si spezzava un po' di più, per questo l'idea di andare dall'altra parte del mondo era diventata lontana anni luce. Non potevo lasciarlo da solo, non poteva assolutamente farcela senza di me. Avevano passato tutta la vita a sacrificarsi per me, per cercare che avessi un futuro migliore di quello che avevano avuto loro dato che papà non aveva ricevuto un'istruzione e lavorava da quando aveva 15 anni e mamma era scappata di casa insieme a lui a soli 18 anni, quando aveva scoperto che era incinta.
Ogni volta che raccontavano tutte le avventure che avevano vissuto per cercare di racimolare qualche soldo i loro occhi erano felici, non rimpiangevano affatto la scelta che avevano preso, ovvero quella di tenere me, di crescermi nonostante fossero ancora giovanissimi, nonostante non avessero nulla. Poi il nonno, il padre di mia mamma, l'aveva perdonata a aveva aiutato entrambi economicamente dato che i soldi non gli mancavano essendo un importante imprenditore, aveva dato un lavoro a papà quando aveva capito che era un bravo ragazzo, e per questo lui non aveva mai smesso di ringraziarlo.
Eravamo felici, avevo vissuto in un ambiente calmo, sereno, circondata da una famiglia che non mi aveva mai fatto mancare nulla e che mi aveva dato tutto l'amore del mondo e quel giorno, quel 24 dicembre non avevo più creduto a nulla.
Sapevo che la vita non andava mai per il verso giusto, che ognuno di noi affrontava diversi tipi di problemi e che nessuno aveva una vita facile ma perché Dio aveva voluto togliermi mia madre? Io avevo bisogno di lei, ancora per tanto tempo, avrei avuto bisogno di lei il mio primo giorno di college per sentirla imprecare su quanto fossimo lontane e sulla voglia che aveva di avermi vicina a lei, avrei avuto bisogno di lei il giorno delle mie nozze, il giorno della nascita del mio primo figlio, avrei avuto bisogno di lei ogni giorno in realtà, ogni giorno della mia vita, anche ogni santa volta che arrivavano le mestruazioni e avevo bisogno di piangere e lamentarmi su quanta dura fosse la vita da donna.
E invece non avevo a nessuno, se non a papà e proprio per questo motivo non l'avrei più lasciato.A-A
Ciao a tutti!
Innanzitutto grazie per essere qui.
Spero che apprezziate la storia, che vi innamoriate dei personaggi e soprattutto spero che non vi fermiate ai primi capitoli, che andiate fino in fondo.
Un bacio.
La vostra R.
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Like Wind
Romance"Tu non mi conosci." "Oh sì, certo che ti conosco. Sei la classica ragazza che farebbe di tutto per far parlare di se, per passare dalla parte della vittima, la classica ragazza che vuole farsi amare dalla gente perché ha paura di restare da sola." ...