Isabel era ancora lì imbambolata ad osservare il luogo dove era ormai sparito quel ragazzo, cercando di capire come fosse possibile che lui fosse riuscito perfettamente a capire uno dei libri che più l'avevano segnata dentro, uno di quei classici che solo a pochi è davvero piaciuto. Immersa ancora nell'incredulità e sopraffatta dai suoi pensieri, non si accorse nemmeno del ritorno della sua amica.
Danielle aveva scritto in viso la sua sconfitta, una sconfitta interiore, una di quelle con sé stessi, una di quelle che ti brucia dentro e che difficilmente dimentichi.
Restò in silenzio, non guardò nemmeno per un secondo in volto l'amica, sapendo che se l'avesse fatto si sarebbe ancora di più sentita una stupida.
Così fuggì da quelle due pietruzze castane troppo profonde che erano gli occhi della sua amica, dirigendosi con fretta nello stanza da lettura che avevano arredato per i loro clienti.
Isabel però, dopo essersi ripresa da quel momento confusionario, notò quei movimenti della ragazza. La seguì in assoluto silenzio solo dopo aver richiuso la porta d'entrata, che come al solito Danielle rimaneva aperta.
«Fammi indovinare: non ce l'hai fatta. Sei arrivata lì da lui, l'hai visto, il respiro ti si è bloccato e non sei più riuscita a formulare nessuna frase di senso compiuto. Così hai mandato tutto all'aria e sei andata via.» Usò un tono che alla giovane dai capelli biondi sembrò alquanto superficiale in quel momento, ma sapeva che Isabel era fatta così, ti aiutava così: cercava di ferirti per poterti far muovere il culo e fare la cosa giusta. Quei messaggi, quelle parole, i suoi consigli... erano tutti da decifrare. Isabel era da decifrare.
Si sedette su una sedia posta vicino ad uno dei tavoli, con la testa china e le orecchie in ascolto ad ascoltare quelle parole che sapeva sarebbero arrivate. Isabel osservò i suoi movimenti-come d'abitudine faceva con tutti- si chiese il perché fosse così scossa, di solito non reagiva così negativamente.
Si chinò alla sua altezza, piegandosi sulle sue stesse ginocchia, così da poterla guardare negli occhi, proprio quello che Danielle non voleva.
«Raccontami.» Fu tutto quello che disse la bruna alla sua amica, facendola rimanere leggermente sorpresa. Prima dell'ascolto di solito c'era la fase in cui ti faceva capire come fossi stata stupida nel prendere quella decisione, questa volta fu il contrario.
«Non ho niente da dirti, Isabel. È andata esattamente come hai appena detto tu. Non ci sono riuscita, mi è andato in palla il cervello e ho preferito mettere da parte la mia determinazione.» Le parole le uscirono da bocca con un sapore amaro, che le rimase sulla lingua e che non voleva andare via. Il cuore ancora le batteva come era successo poco prima al locale del ragazzo, il cervello però adesso ragionava liberamente.
«Okay... E ti stai demoralizzando perché?» Danielle alzò di scatto il capo, osservò l'amica che era piegata alla sua altezza, questa volta la guardò negli occhi.«Danielle...Tutti vogliamo fare delle cose, prendiamo decisioni importanti e poi...ci facciamo fermare dalla paura. Non ci sei riuscita adesso? Bene, ci sarà una prossima volta. L'importante è che tu capisca che continuando così...starai sempre peggio: certe cose vanno dette, così si alleggerisce la propria anima.» Le sorrise dolcemente mentre le sfuggivano quelle parole.
Solo quando il sorriso venne ricambiato, adesso più sicuro e determinato, Isabel si alzò dalla posizione scomoda in cui era stata per troppo tempo e tirò con sé la sua amica, chiaro segno per dire "mettiamoci a lavoro subito".
Isabel comandava anche in quel posto, lo gestiva seppur non fosse suo per niente. Certo, si fingeva proprietaria, ma in realtà non lo era. Danielle possedeva quel tesoro, che condivideva con la sua amica con molto piacere.