Stava lì, nella sua stanza, seduto sul davanzale con la schiena appoggiata al muro, e osservava fuori come gli era sempre piaciuto fare. Niente era cambiato, ogni singolo oggetto aveva mantenuto il suo aspetto, come lui del resto.
Quella era la sua stanza preferita, il suo rifugio per quando si sentiva felice, frustrato, inutile o pieno di energia, era sempre lì che si riparava dalla pioggia di emozioni che lo attraversavano. Quelle quattro pareti ancora racchiudevano tutto ciò che era, ciò che amava. Come quel polveroso giradischi a cui era tanto affezionato, o la libreria di suo padre, che non aveva mai contenuto altro che vecchi soprammobili e cd, o come tutti quegli oggetti contenuti negli scatoloni che da anni sovrastavano il pavimento e che non si era mai posto il problema di sistemare.
Quando avevo bussato alla sua porta aveva semplicemente urlato entra, e nemmeno un attimo si era voltato per guardarmi. Pensavo che non lo avrebbe fatto, invece mi bastò chiamarlo per nome per farlo voltare.
Vedere i suoi occhi dopo così tanto tempo mi fece una strana sensazione. Non era mai stato quel tipo di persona a cui piace condividere ciò che pensa, soprattutto se riguardo al suo stato d'animo, ma in quel momento quelle iridi smeraldo non si fermavano di parlare e di fare domande, e non ero sicura di voler rispondere.
"E' passato un secolo dall'ultima volta, pensavo che te ne fossi andato da qui, che non amassi questa città." Dissi allora.
"Ami questo posto eppure sei tu ad essertene andata."
"Volevo cambiare, ne avevo bisogno, non è stato facile dover abbandonare tutto."
"Ed è servito? Scappare, cambiare vita?"
"Una delle mie migliori scelte che abbia mai fatto."
"Bene."
"Come sapevi che ero io?"
"Non lo sapevo." Rispose. "Ti ho riconosciuto solo dopo che mi hai chiamato." Ci fu un attimo di silenzio.
"So che forse può sembrarti che sia rimasto tutto come era, ma è ogni cosa ora è così... diversa, lontana." Continuò poi.
"In che senso diversa?" Aprì la bocca, ma ebbe bisogno di pensare un momento prima di decidersi a parlare.
"Credevo che nella vita avrei potuto realizzarmi, da solo, senza aver bisogno di ciò di cui la gente non può fare a meno, ma la verità è che col passare del tempo mi sono accorto di non poter diventare un qualcuno meno simile agli altri di quanto già non sia. Come se non ci fosse via d'uscita, come se iniziasse e finisse tutto qui. Ma no, io non la pensavo così. Per me la vita è sempre stata molto di più di questo. Molto di più del lavoro perfetto e ben retribuito, della moglie bellissima e ricca, della fama e del talento; forse mi sbagliavo, forse sono solo stato programmato in maniera errata, non avrei mai dovuto pensarla in modo diverso."
Sospirò e si avvicinò a me lentamente. Adesso che non mi era più così lontano notavo una serie di particolari che quasi mi impressionarono. Non aveva ancora superato la soglia dei trenta eppure quella barba incolta, i capelli spettinati e quei due insoliti cerchi neri che solcavano la pelle sotto i suoi occhi, lo facevano apparire più in là con l'età. La bocca serrata. Era sempre stato imprevedibile e nessuno, forse nemmeno lui, sapeva che cosa volesse, ma lo conoscevo troppo bene per non sapere di che cosa avesse bisogno.
Così, semplicemente, lo abbracciai.
In quel momento ricordai della prima volta che gli rivolsi parola, più di nove anni prima, e di come tutto era differente adesso.
"Non avresti dovuto andartene."
"Non saresti dovuto rimanere."
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The world from the eyes of a wanderer [italian]
ChickLit[I also wrote the english version of this, check it out] ---- ---- ---- La storia di un ragazzo devastato che riceve un'inaspettata visita di una cara amica nell'appartamento che hanno condiviso durante un periodo speciale della loro vita. "Stava lì...