Il sole è tiepido e il cielo un po'grigio.
Solo un po'. L'aria non è affatto grigia. Stare qui fuori sull'erba rasata è piacevole, come scivolare lenti su una pesca soda. Sorridi leggermente girando la testa. Senti il tuo nome ridondante tra le foglie giallastre. Nel caldo abbraccio della lana,suadente respiri profondamente mettendo un piede davanti all'altro verso quella voce.
Attendi il prossimo quarto di luna.
Gli occhi ambrati piegati in su- i suoi, in giù- i tuoi, si sfiorano: piume dorate. Sono dello stesso colore. Hanno la stessa forma. Grandi iridi magnetici.
"Dobbiamo passare per il negozioprima di tornare a casa; vieni qui, fatti sistemare un po' ".
Non ricordi neanche più il nome di questa città dai confini indefiniti. Non ricordi neanche dove si trova. A dire la verità non ricordi neanche il giorno in cui sei arrivata qui. Con lui. La cosa che ricordi , però, con perfezione è il momento in cui decidesti che qui, ci saresti arrivata . E non tene saresti più andata. Forse lo ricordi così bene perché decidesti di venirci con lui.
Decidemmo che avremmo portato i nostri culi lontano, nella patria dei fiori gialli e grigi, della pelle al chiaro di luna e del mare profondo e cupo. Era il tempo in cui non eravamo più abbastanza giovani per morire giovani, ma non eravamo ancora abbastanza vecchi per fare discorsi davanti al tè fuori orario, mangiucchiando biscotti al burro che si sgretolavano al primo sguardo. Era il tempo in cui gli amici scarseggiavano in città,nella nostra città, il tempo in cui c'era da decidere seriamente cosa fare per sopravvivere. Intorno a noi la rimanenza di una civiltà incolta. Se mai di civiltà, lì, si fosse potuto parlare. Grandi cuori spezzati, troppi libri divorati, abbondante fino all'inverosimile il riso, su bocche storpie. Le nostre famiglie si andavano sparpagliando per il mondo, ed il senso del nulla, della terra bruciata incombente gravava sulle nostre teste.
Ci conoscemmo relativamente poco tempo prima di tutto questo, e fu quella la nostra fortuna. La vita volle così. Non un turbine passeggero post-adolescenziale. Cominciammo a prendere decisioni insieme, dopo esserci incontrati, ognuno di noi due con le proprie esperienze, il proprio zaino sulle spalle, più consapevoli, meno innocenti certo, ma non per questo meno meritevoli.
Sei piombata nella mia vita vorticosamente.
Tra capo e collo. Non riuscivo bene a distinguerti dal resto, era come se non fossi in grado di farti saltare fuori dal resto, da tutto quello che avevi intorno. Non riuscivo a capire dove tu potessi finire, dove iniziavo io e dove finiva il fondale di cartone ondulato dipinto di viola. Ogni giorno l'immagine che prendeva forma sulle palpebre era differente. Ogni giorno cercavo di capire, mi sforzavo con tutto me stesso di comprendere le tue piccole grandi manie, senza riuscirci certo, ma con una tolleranza infinita. Eppure non saltavi fuori tridimensionalmente tornita come quei quadri fatti di segni minuscoli, che fissati intensamente e a lungo regalano gli animali più lugubri. Non ti vedevo. Non ci riuscivo. Poi accadde. Quel giorno in cui sciogliesti i capelli, mentre arrivavi di fronte a me,con i tuoi amici che fissavano i grandi occhi , le lunghe ciglia, il sorriso tagliente. E io ti guardavo. Sperando che tu non ti accorgessi che ti stavo aspettando. Ti guardavo facendo finta di controllare semplicemente la strada con occhio dismesso. Per concentrarmi meglio mi allontanai leggermente dalla persona con cui stavo parlando. Speravo davvero che tu non te ne rendessi conto troppo presto, o forse lo feci appositamente per scoprire le mie carte, cercando comunque di mantenere un tono. Sono pur sempre un uomo. Da quel giorno cambiò tutto. Come se una candela fulgida si fosse accesa nel buio e adesso tu potessi splendere, adesso. Non posso neanche dire se tu fossi stata la stessa di sempre, perché il mio cuore non conosce altra immagine di te.
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DUEMILANOVE
Short StorySentimenti, sensazioni e riflessioni su quello che è l'amore, su quello che è il luogo che chiamiamo casa. Un flusso di coscienza a più voci, dove i punti di vista di fondono per rifrangersi nell'uno, in quel nessuno e quei centomila noi stessi che...