Prologo

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Il piccolo Finn rise.
"Oddio, Jackie! Quanto sei stupido!" il bimbo corvino si piegava dalle risate.
Jack aggrottò le soppracciglia e si sedette a gambe incrociate sull'erba mentre Finn continuava a ridere.
"Ma perché ridi, Finnie!" sbottò il bimbo lentigginoso, arrossito per la reazione del piú grande.
Il bimbetto piú grande si sedette poi accanto a Jack, che con i suoi grandi occhioni fissava il corvino in modo confuso.
Finn prese la piccola mano del bimbo lentigginoso.
"Jackie, come puoi dire che quando saremo grandi ci separeremo? Non devi avere paura. Noi siamo migliori amici, giochiamo sempre a pallone e facciamo gli scherzi agli altri vicini da sempre. Una stupida scuola media non ci separerà, te lo prometto" fece il bimbo corvino sorridendo rassicurante a Jack.
Il piú piccolo lo guardò negli occhi per un po', e poi annuí non troppo sicuro.
Finn si sporse leggermente sul suo amico e vicino di casa e gli baciò la fronte con dolcezza.
Jack ridacchiò mentre il corvino sorrise, e il piú piccolo strofinò la guancia sul petto del piú grande e si lasciò trasportare dall'odore di buono che l'amico emanava.

~Qualche anno dopo:

Jack fece un suono lamentoso e alzò gli occhi al cielo riportando poi lo sguardo sul suo cellulare, ignorando la madre.
"Jack!" gridò la donna.
"Cosa?!" esclamò lui esasperato.
"Smettila di stare sempre su quello stupido cellulare ed esci un po' fuori!" la madre del ragazzo prese dalle mani del figlio il marchingegno tecnologico.
Jack spalancò le braccia infastidito.
"Forza, esci fuori e chiedi a Finn di uscire" la donna indicò la porta con il capo.
"Finn? Finn Wolfhard?" Jack fece un risolino.
"Si, proprio lui." annuí la madre del ragazzo.
Lui aggrottò la fronte.
"Ma cosa dici, mamma! Non ci sentiamo da anni, ti pare che se vado da lui mi dirà di si?" sbottò.
"É il tuo amico d'infanzia, Jack. Siete buonissimi amici, quindi ora non cercare scuse per stare appicciato a questo coso" disse lei sventolando il cellulare sequestrato davanti al viso del figlio.
Jack alzò gli occhi al cielo.
"Tu non capisci, mamma. Sarebbe imbarazzante andare da lui e chiedergli di stare insieme. Non siamo piú dei bambini, lui ha i suoi amici e io i miei" le spiegò il ragazzo.
"Tu sei suo amico, Jack. Smettila di fare cosí" scosse la donna il capo. "Vai dai lui e chiedigli di giocare a pallone".
"Ho tredici anni, non posso chiedere a uno di prima di giocare a pallone con me!" esclamò lui.
"Non é uno di prima qualsiasi. É Finn, il tuo amico d'infanzia, con cui hai passato il tuo periodo di spensieratezza." rispose la donna, severa.
Jack alzò lo sguardo sulle pupille di lei con fare amareggiato, guardandola a lungo.
Poi, sospirando, annuí.

"Oddio" mugulò Jack favanti il portone bianco di casa Wolfhard.
Girò il capo dietro di lui, dove dall'altro lato della strada c'era la sua casa.
Avrebbe potuto benissimo ritornare dalla madre e dirle, con una scusa: "L'ho chiamato, ma Finn non c'era", ma in effetti il ragazzo castano voleva andare a far visita il suo vicino; erano due anni che i due non uscivano piú, come un tempo. Finn aveva iniziato le superiori e le nuove amicizie e lo studio gli impedivano di frequentare Jack e ormai, non trovavano piú nulla in comune da fare insieme. Il ragazzo piú piccolo era rimasto deluso e offeso dall'esclusione da parte del corvino, e quindi aveva smesso di cercarlo.
Ma magari, proprio oggi, quel 'si' tanto atteso sarebbe stato pronunciato da Finn e si sarebbero nuovamente riavvicinati.
Il dito di Jack si avvicinò lentamente verso il campanello ma proprio quando si stava decidendo a schiacciarlo, il portone della casa si aprí di scatto e il castano fu costretto ad allontanarsi, sorpreso.
Sulla soglia comparve Finn, ma un Finn diverso: era molto piú alto dall'ultima volta, e superava di molto Jack.
Il suo viso era cambiato, la sua mascella era squadrata e spigolosa e i capelli corvini gli ricadevano in modo disordinato sulla fronte.
I due si guardarono per qualche attimo negli occhi, poi il piú grande aggrottò le soppracciglia.
"Jack?" chiese.
Il ragazzo nominato si avvampò e si grattò la nuca con fare imbarazzato.
"Che ci fai qui?" riprovò il corvino ancora confuso.
"É che... Sai mia madre, com'é... Mi ha costretto ad uscire per staccarmi dal telefono e venire a chiamarti..." balbettò il lentigginoso.
Finn si scompose.
"É... É che.. Mi dispiace Jack, ma oggi non posso. Esco con i miei amici" fece il ragazzo con finto dispiacere.
Ovviamente. Non avrebbe potuto avere del tempo per me, il suo amico d'infanzia.
Jack sentí che qualcosa dentro si lui si ruppe e un profondo senso di imbarazzo, dolore e odio si impadronirono di lui.
Il castano serrò la mascella e sorrise con falsità.
"Oh, certo. Vabe, non importa, avrei comunque preferito fare altro. Ci si vede Wolfhard" disse, mentre la bocca del corvino si spalancava, e poi si girò, camminando a passi lunghi verso casa sua.
Jack non aveva mai chiamato il suo amico per cognome, non ne sentiva la necessità. Lo aveva sempre chiamato Finnie, e lui Jackie, e con quegli stupidi nomignolini erano abituati a chiamarsi. Solo gli sconosciuti li chiamava per cognome e Finn, lo era appena diventato.

-Fine Flashback.

Da quando era iniziata la lezione di scienze, Sophia e tutte le altre ragazze della mia classe erano rivolte verso la finestra dove in quelle due ore del martedí, quelli della classe di quinta giocavano a football nel campo scolastico della scuola, che casualmente era proprio di fronte alla mia classe.
La nostra prof era sempre esasperata durante quelle ore, perché metà classe non l'ascoltava.
"Sophia!" gridò la prof.
La mia amico però, non si girava.
La colpii ripetutamente sul gomito per cercare la sua attenzione, ma lei d'un tratto si girò verso la classe, ignorandomi, e gridò:
"Wolfhard si é tolto la maglietta!" un coro di voci femminili eccitate e prese dai calori ormonali si levò tra le mie compagne.
Qualcuna di loro si alzò e corse verso la finestra.
Alzai gli occhi al cielo.
Afferrai la spalla di Sophia e le dissi:
"Sophia, la prof ti sta chiamando da venti minuti".
Lei a questo punto si girò, e come se non fosse successo niente, sorrise.
"Si, mi dica" fece lei.
La professoressa sospirò esasperata.
"Che elemento chimico é 'Mg'?" chiese per la quinta volta.
Gli occhi della ragazza di spalancarono.
"Jack, cos'é?" mi sussurrò pianissimo.
Io feci finta di non sentire.
Un'altra ragazza delle mia classe che era accanto la finestra, gridò alle sue compagne:
"Finn Wolfhard mi ha fatto l'occhiolino!".
Un mormorio irritato investí la stanza.
"Oh, andiamo! Neanche ti può vedere dal campo da football!" protestò Sophia ricominciando ad ignorare la prof.
"Ma parla per te, Lillis! Sei solo gelosa perché a te non lo farà mai!" ribatté la mia compagna.
La mia migliore amica si alzò in piedi.
"Come ti permetti brutta racchia!" le gridò.
"Basta cosí!" le interruppe la prof e tutte e quante le mie compagne ammutolirono.
"Harrington, Lillis! Ora vi beccherete una nota sul registro! Sono stufa ogni volta di sgolarmi e sgridarvi di continuo perché prese dagli ormoni, guardate i ragazzi di quinta fare le ore di motoria fuori e che quindi ignoriate la mia materia! Sapete che il voto di scienze c'é in pagella, vero? No perché non sembra!" continuò furiosa. "Cosí, Sophia, la prossima volta imparerai a studiare!" si rivolse poi alla ragazza.
Sophia spalancò la bocca e l'altra compagna con cui aveva litigato ritornò al suo posto con fare imbarazzato.
"Stronzo, avresti potuto suggerirmi!" mi ringhiò la mia migliore amica.
"Ah si scusa! Era Magnesio" ridacchiai.
Lei mi tirò uno scappellotto sul capo e io tirai un lamento guardandola male.
"Impari a guardare Wolfhard mentre si spoglia fuori" borbottai massaggiandomi la parte dolorante.
"Stai zitto frocio" mi ammoní lei allungando il collo verso la finestra.
"Hai visto un uccellino?" chiesi con sarcasmo.
Lei mi schioccò un'occhiataccia, nel frattempo che la prof stava mettendo le due note alle mie compagne.
D'un tratto la ragazza mi diede una gomitata per attirare la mia attenzione.
Alzai allora nuovamente lo sguardo su di lei e sollevai un soppracciglio.
Lei indicò alla sua destra con fare furtivo, dove c'era la finestra visto che i nostri banchi erano messi accanto al vetro.
Mi sporsi leggermente per guardare fuori e proprio in quel momento, sulla pedana accanto al muretto della mia classe, la classe di quinta che aveva appena finito di giocare a football ci passò sopra.
Finn rise e si passò l'asciugamano sui capelli umidi. D'un tratto girò il capo verso la finestra e incrociò il mio sguardo.
Ci guardammo per qualche attimo negli occhi, io con le pupille incrociate nelle sue iridi scure, e mi sembrò che il tempo si fermasse.
Poi, lui distolse lo sguardo incrociando gli occhi verdi di Sophia e le fece l'occhiolino sorridendole.
La mia migliore amica fece un gridolino eccitato e fece la linguaccia alla ragazza con cui prima aveva litigato, mentre quella le fece il segnaccio.
Io sbuffai, infastidito dall'atteggiamento contento di Sophia.
Lei sorrise, poggiando il mento sui palmi che lo reggevano.
"Sai cosa Jack?" mi fece.
"Cosa?" risposi con fare irritato.
Lei si sporse nella mia direzione.
"Non sai proprio cosa ti perdi".

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