Necessaria premessa: in questa storia, Filippo ha venticinque anni ed Einar ne ha ventisette. Poi capirete perché.
Roma, ore 21:15"Andiamo dove ti pare" aveva sbuffato senza però essere ascoltato.
Per forza, quella musica sparata a volume inascoltabile rendeva impossibile qualsiasi tipo di interazione sociale che non comprendesse uno slinguazzamento. Filippo era davvero stufo marcio e nonostante bere gli piacesse, non aveva davvero voglia di continuare a farlo per tutta la sera. Presenziare alle feste dei vip era la cosa più triste del suo lavoro. Amava i concerti, i dischi, scrivere la propria musica e molto meno amava le scadenze e le litigate furiose con la casa discografica che nonostante tutto non poteva rinunciare proprio a lui da quando, qualche anno prima, il talent Mediaset di Maria De Filippi lo aveva rilanciato su tutti gli schermi per non farlo più andare via. In quel momento non era neppure sicuro di conoscer il festeggiato (o la festeggiata?), ma non aveva poi chissà che importanza, considerato che avrebbero potuto incrociarsi in mezzo a quella masnada di gente solo per sbaglio. Aveva guardato il cellulare distratto, ormai sicuro dell'indifferenza più totale del suo migliore amico Lorenzo. Lo aveva squadrato ondeggiare sul posto per qualche secondo, certo che quella situazione lo divertisse in realtà in modi che Filippo non poteva comprendere. Si era voltato sconfitto verso il bancone per impegnare la propria serata con l'ennesimo drink, ma la sua attenzione era stata catturata dallo sguardo insistente di un altro ragazzo visibilmente più alto di lui, un sorriso sul volto e gli occhi stranamente luminosi. Lui, dal canto suo, gli aveva dedicato un ghigno spavaldo."Posso ordinare qualcosa anche per te?" aveva praticamente urlato dal suo angolo di sala, sperando che l'altro lo sentisse. Divertito, il ragazzo con gli occhi blu aveva alzato le iridi al cielo, dando segno di averlo stranamente ascoltato. "Posso farlo anche da me, grazie tante" aveva strillato sopra il chiasso di quel locale. Filippo aveva comunque dovuto avvicinarsi all'altro per sentire la risposta, così aveva alzato le spalle con un altro sorriso. "Fai pure." - aveva detto - "Fammi sapere se il barman ti risponde". Il ragazzo lo aveva ignorato, passando i restati minuti a cercare di attirare l'attenzione del barista, che però sembrava più contento di dar retta ai gruppi di ragazze che gli si avvicinavano. Aveva interrotto la sua attività soltanto quando lo aveva chiamato Filippo, improvvisamente attento e velocissimo nel servirgli due drink alla frutta. Ottenuti i due bicchieri, aveva rivolto l'ennesima occhiata sorniona al ragazzo poco lontano da lui.
"Lo so perché ha dato retta a te." - aveva detto in una risata. Filippo gli si era avvicinato e l'altro non lo aveva scansato - "Irama, dico bene?"
"Parzialmente, il mio nome è Filippo"
"Benissimo, Filippo, sembra che tu non sappia che gli alcolici alla frutta non mi piacciono per niente"
"Dovrei?" – I due si erano scambiati degli sguardi indagatori per qualche secondo prima di avvicinarsi di nuovo l'uno all'orecchio dell'altro – "Non so neppure come ti chiami"
"Einar. Mi chiamo Einar"
Filippo aveva annuito, di nuovo stordito da tutto quel caos e a corto di parole. Einar aveva taciuto un po', poi gli aveva toccato una spalla di sfuggita. "Io vado fuori." – lo aveva informato accompagnando le sue parole ad un cenno del capo – "Se la cosa ti interessa".
"Non eri tu quello che mi stava liquidando senza degnarmi di un drink?"
"Ti sto offrendo una sigaretta, non un contratto di nozze. Se ti sta bene, sai dove trovarmi"Era sparito fra la folla improvvisamente, cosí come era comparso a quel bancone. A quel punto ad Irama interessava solo raggiungere l'uscita il più in fretta possibile, cosí si era lanciato fra la gente, sperando che a forza di spallate le persone lo facessero passare. Purtroppo aveva dovuto fermare la propria traversata diverse volte per foto, autografi e chiacchiere sterili che in ogni caso aveva interrotto prima di quanto avrebbe fatto normalmente. Quando era riuscito a dribblare anche l'ultimo curioso, aveva trovato Einar poco lontano dall'entrata di quella bolgia infernale in musica, la sigaretta già accesa fra le labbra. Gli aveva rivolto un'occhiata vagamente indifferente.
"Ah, ce l'hai fatta? Pensavo che questa sigaretta non la volessi più"
Filippo non aveva risposto, semplicemente gli si era fatto più vicino per prendere il pacchetto di Marlboro dalla tasca posteriore dei suoi jeans. Il ragazzo davanti a lui aveva sorriso.
"Il permesso non si chiede più?" aveva chiesto senza staccare gli occhi dai suoi.
"Mi hai invitato tu, Einar"
"Vi si dà un dito e vi prendete tutta la mano, un classico"
"Perché, hai avuto a che fare con qualcun altro che ti ha rubato le Marlboro stasera?
"Bah, potrei. La tua fama non è tutto, Irama"
"Filippo."– lo aveva corretto quello senza scomporsi – "Non ti sembra che il mio nome d'arte sia un po' formale?"
"In effetti mi sembri uno abbastanza pop, con i drink offerti ad una festa che non paghi tu e tutta quella gente che ti chiede foto". Einar lo aveva studiato qualche secondo, in attesa di un'ulteriore risposta che non era arrivata, perché il ragazzo gli si era parato davanti con un'espressione assolutamente strafottente addosso. Lui, ad ogni modo, non si era spostato. "Quanti anni hai?" aveva chiesto dal niente, spiazzando Filippo un'altra volta.
"Venticinque. Cos'è, stai cercando di accertarti sulla legalità della situazione?"
"Nah, constatavo solo quanto siate immaturi alla tua età"
"Non mi conosci neppure!" – aveva esclamato il cantante senza perdere il divertimento che aveva contraddistinto quella conversazione fin dalle prime battute – "Come fai a sapere che sono immaturo?"
"È che io a ventisette anni so flirtare meglio"
Il venticinquenne aveva buttato a terra il mozzicone di sigaretta, cosí Einar si era preso qualche secondo per studiare i suoi occhi verdi (o azzurri?) illuminati dalla luce scadente di uno dei lampioni scalcagnati di Roma. Quello sembrava essersi accorto dello sguardo del più grande su di sè, ma la cosa non lo aveva affatto intimidito, anzi: nonostante la sua altezza modesta, sembrava che il ragazzo credesse di avere in pugno quell'incontro dal primo secondo che avevano iniziato a parlare. "Lo ammetto, lo sai far bene." – aveva detto piano, gli occhi chiari incatenati alle sue iridi blu – "Ma qualcosa mi dice che le chiacchiere son l'unica cosa che ti riesce davvero bene, Einar"
"Ah beh, non sono io il paroliere fra i due, dico bene?"
"Neppure tu sei cosí estraneo al palcoscenico, non fare lo gnorri"
"Il grande Irama mi ha visto esibirmi? Che onore!"
"Deve essermi capitato mentre facevo zapping fra i canali"
Einar si era esibito in una risata fragorosa ma cristallina che poco aveva a che fare con quel flirtare continuo e un po' sfrontato. Il più piccolo lo aveva osservato per qualche secondo rapito dal modo in cui l'altro strizzava gli occhi mentre rideva, il naso deliziosamente arricciato. Lo aveva baciato sulle labbra senza avvisarlo, ma quello non aveva fatto niente per tirarsi indietro. Piuttosto aveva chiuso i suoi capelli rossicci nel palmo di una mano, ricambiando il bacio con più foga in quel vicolo neanche troppo nascosto alla vista di occhi indiscreti. A nessuno dei due sembrava fregare. Il ventisettenne aveva posto una mano fra il suo corpo e quello dell'altro cantante che lo aveva lasciato andare per riprendere fiato.
"Sei uno che si sbriga subito, eh?" aveva chiesto a quel punto Einar, la voce roca come se avesse taciuto per anni. Filippo aveva preso a giocare con la sua mano destra.
"Hai da fare più tardi?"
"Mi dispiace per te, ma sí. Devo vedere degli amici, non so se mi spiego"
Irama lo aveva trattenuto per un polso, tirandolo indietro per un altro bacio di sfuggita. "Se tu dessi loro buca?" aveva proposto con un mezzo sorriso da cui Einar aveva distolto lo sguardo.
"Meglio di no." – aveva asserito serafico – " E scommetto che anche tu hai qualcosa in programma, anche se fai finta di no"
Con quella frase gli si era allontanato, lasciandogli un'ultima carezza sul viso. "Dove vai?" gli aveva urlato Filippo alle spalle. Il ventisettenne si era voltato per rivolgergli un ultimo cenno con una mano.
"Non posso proprio trattenermi, anzi, è quasi tardi. Alla prossima volta, Irama"
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Ho il tuo sorriso sulle labbra : t'ho dato i miei, se spariranno abracadabra
Фанфик"Vedrai che arriva" aveva detto sovrappensiero e vagamente arrabbiato. Simone aveva rivolto l'ennesima occhiata all'orologio. "Ma se sarà dimenticato?" - aveva sbottato di nuovo, spostando la cravatta appena sistemata - "Cazzo, e dire che è na setti...