Finalmente a casa. Il divano morbido, gli amici che suonano e i suoi bambini su e giù per il corridoio a rincorrersi e a far rimbalzare contro i muri la pallina morbidosa comprata in aeroporto aspettando il volo Lisbona-Roma.
I giorni finalmente scorrono sereni mentre l'emozione dell'attesa per il concerto all'Olimpico gli gonfia il cuore e gli da così tanta energia da farlo sentire vivo come non mai.
Lo stress di Lisbona dato dai tanti impegni e dal clima ostile delle giurie e della stampa è ormai lontano anche se sono passate solo due settimane.
Ora tutto è nuovamente al suo posto: l'aria è piena dei rumori e delle voci che conosce bene e le sue abitudini lo hanno aspettato.
Solo una ferita nella gabbia toracica fa la differenza tra quello che era sei mesi fa e quello che è ora.
Prima di andare a letto gli brucia un po' ma è un fastidio che gli ricorda che in petto ha ancora un cuore che sa amare, cosa di cui dubitava ormai da tanti anni.
E invece il cuore aveva iniziato a saltare qualche battito, il fiato a strozzarglisi in gola e gli occhi a illuminarglisi alla vista di quel riccioletto.
Sensazioni per lui inusuali che lo avevano fatto ringiovanire di una ventina d'anni e si era ritrovato con la voglia di vivere e di cambiare il mondo tipica dei ragazzini, ma gli anni sono comunque il doppio e insieme a qualche ruga gli hanno portato la consapevolezza che oltre ai sogni esiste una realtà con cui bisogna imparare a convivere e che porta con se tanti frutti a volte non così dolci come si vorrebbe ma che bisogna imparare ad apprezzare.
La realtà è una bella amicizia che lo avrebbe aspettato su nuovi palchi, a cene, feste ed eventi in giro per l'Italia e forse in qualche studio di registrazione. Domani l'avrebbe rivisto alla partita del cuore quindi non c'è proprio motivo di essere triste. Certo vederlo non lo avrebbe aiutato a curare la ferita ma in fondo non è neanche sicuro di voler guarire perché Fabrizio vive delle sue emozioni da sempre, e le ha tenute strette anche quando è stato deriso e quando è caduto a causa loro, e malgrado molti gli avessero suggerito di essere meno emotivo non era cambiato.
Si sta facendo tardi anche se il sole è ancora alto poiché sta finendo la primavera e i suoi colleghi stanno già riponendo gli strumenti musicali.
C'è da lavorare per l'Olimpico ma la prima prova è andata benissimo anche perché i ragazzi sono tutti preparatissimi e stasera Fabrizio ha deciso di finire per l'ora di cena per stare finalmente un po' con i bambini e anche perché i dieci giorni a Lisbona lo hanno stancato.
Saluta i suoi musicisti e sale al primo piano dove sua madre è alle prese con Anita che fa le bizze.
"Cosa c'è che non ti torna stasera principessa?" Le chiede il padre con tono serio ma con un gran sorriso sulle labbra.
È ormai abituato alle lamentele di Anita, ultimamente c'è sempre qualcosa che non le torna e vuole avere l'ultima parola su tutto, sua madre dice che gli assomiglia.
Sicuramente è vero però sa che il comportamento dei figli è dovuto soprattutto alle sue assenze prolungate dovute al lavoro e alla separazione.
Mentre Anita cerca di ottenere le sue attenzioni facendo le bizze Libero tende ad essere più taciturno e scostante.
Il bambino d'altronde fin da piccolissimo è stato abituato ad averlo sempre accanto, Fabrizio non lo lasciava quasi mai, era un padre premuroso che stravedeva per lui e stava fisicamente male se non lo vedeva per più di tre o quattro giorni.
La stessa cosa valeva per Anita nei primi due anni di vita ma poi, finalmente, il lavoro aveva iniziato a ingranare ed era stato costretto a essere meno presente e poi con Giada era andato tutto in frantumi e vivere i suoi bambini era diventato sempre più difficile.
Eppure la cosa che desiderava di più al mondo era stare con loro.
La principessa aveva il broncio, le manine sui fianchi e lo guardava con aria di sfida:
"Domani nonna ha detto che vado da lei perché mamma è via e tu non ci sei perché vai a Genova con Libero alla partita. Vengo anche io!"
"Ti annoieresti, sai che nonno e nonna vogliono farti vedere come è cresciuta la pianta che hai piantato e come è venuto bello l'orto"
Anita è sempre più imbronciata.
"Io voglio venire" Grida.
Libero è in un angolo con la palla morbidosa tra le mani e i suoi occhioni grandi che guarda la scena.
Sono mesi che Fabrizio gli ha promesso di portarlo alla partita del cuore e non vede l'ora di incontrare Totti e di avere una giornata con suo padre tutta per lui, senza Anita ad attirare sempre tutte le attenzioni.
Vorrebbe il padre vicino più spesso ma ormai è grande e troppo orgoglioso per chiederlo mentre la piccoletta con le sue bizze l'ha quasi sempre vinta.
E Fabrizio lo sa e questa volta non ha intenzione di cedere anche se è difficile resistere a quegli occhioni scuri e a quelle guanciotte paffutelle.
Accarezza i capelli di Anita e la prende in braccio.
"Ti porto martedì al parco giochi e saliamo anche sulle giostre, che ne dici? Il viaggio per Genova è lungo e si sta due ore a sedere su un campo a guardare ventidue tizzi che corrono e non sanno neanche giocare, figurati che divertimento. Ti piace Totti?"
Anita aggrotta la fronte e poi scuote la testolina.
"Appunto, allora smettila di fare quel broncio adorabile, fammi un bel sorriso e dimmi cosa ha preparato nonna per cena"
Anita sospira poco convinta però andare sulle giostre le piace quindi si arrende; indica la tavola e racconta al padre che la nonna ha fatto il brodo e che lei ha apparecchiato.
Una cena con i bambini e i suoi genitori era quello che gli mancava. La mamma non si è ancora stancata di fare domande sull'Eurovision e gli chiede le cose più assurde, con la complicità di Anita che a quanto pare ha preso dalla nonna la curiosità.
Fabrizio racconta gli eventi più buffi ed imbarazzanti che gli sono accaduti, naturalmente con una certa dose di censura.
Poi la discussione vira sulle attività dei bambini e alla fine, come al solito, Libero inizia a discutere con il nonno di calcio.
La serata passa veloce e Fabrizio si addormenta appena toccate le lenzuola come non faceva neanche quando era bambino.
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Futuro Prossimo
FanfictionStoria d'amore Moro/Meta frutto della mia fantasia. Ricordo che i fatti reali sono solo un pretesto per il racconto e che anche le personalità dei personaggi non sono coerenti con la realtà