Capitolo uno.

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-Hei, è tutto okay?- mi chiese un ragazzo avvicinandosi a me.

-Cazzo, ma questo è sangue.- urlò. -Devo subito chiamare un ambulanza.- aggiunse.

Prese il suo cellulare e digitò dei numeri, per poi avvicinarlo al suo orecchio.

Io ero stesa a terra, tra un mare di gente, che non aveva fatto altro che fare finta di niente. Mi avevano lasciato a terra, come se niente fosse.

Cercai di dire qualcosa, ma mi fu impossibile. Mi ero appena buttata dal decimo piano della grande palazzina, in via Liberty, 26, dove vivevo con mia madre, ormai da cinque mesi.

In poco tempo non capii più niente, non riuscivo a vedere più nulla, cazzo, sì, finalmente ero morta.

Mi accorsi della grande delusione di non avercela fatta a morire quando mi svegliai, in ospedale. Sentii quell'odore orribile penetrare le mie narici, il solito odore orribile di ospedale.

Aprii gli occhi dopo qualche minuto e accanto a me vidi mia madre, completamente in lacrime, ennesimo teatrino, grande mamma. -T...Ti sei svegliata?- Chiese, avvicinandosi ancora di più a me.

-Sì, sei delusa?- Chiesi. -Nemmeno in pace mi lasciate morire.- continuai.

Lei rimase in silenzio. Sapeva che solo morendo mi sarei liberata di tutto quello che ho dentro.

Io sono sempre stata autodistruttiva. Ho sempre odiato tutto, ed anche lei. Fin da bambina, sono cresciuta da sola, sono stata cacciata via di casa, a 14 anni, perché uno dei tanti compagni di mia madre, dopo aver abusato di me per sette anni, decise così, nel momento in cui mi ribellai. Lei glielo lasciò fare, ed è qualcosa che non gli perdonerò mai. Sono cresciuta per strada, da sola, tra droghe e stupri di spacciatori che non potevo pagare. Mi ha lasciata da sola, per ben due anni, 8 mesi fa ha deciso di riprendermi, mi ha trovata e mi ha portato a vivere con lei. Il suo compagno era ormai morto e lei si era pentita di tutto, si scusò così. Sono andata a vivere con lei, solo per sfuggire agli stupri, ho continuato a farmi anche in casa, finchè non ha deciso che era meglio ripulirmi, ci ha provato tre volte, le prima due volte sono riuscita a scappare e tornare a farmi, la terza volta ho deciso di suicidarmi, mi sono tagliata senza raggiungere il mio scopo, così poi mi sono buttata di sotto, dalla finestra del bagno. Ed ho ugualmente fallito.

Entrò qualcuno in camera, un dottore, dedussi dal camice bianco.

-Ehm...ciao Skye, io sono il dottor Jensen e ho delle buone notizie per te.- Disse, sorridendomi. -Sono felice che tu ti sia ripresa, per fortuna siamo riusciti a salvarti, ed è grazie a quel ragazzo che ti ha trovata che ora sei qui, peccato sia scomparso, ma... ti abbiamo trovato una clinica, dalle tue analisi abbiamo visto che hai diversi problemi, legati alla tua persona, di cui dovrai occuparti, e prima di tutto dovrai continuare a ripulirti dall'eroina, un processo molto complicato.- Aggiunse.

Lo guardai. Questo pensa sul serio di chiudermi in una clinica?

-E questa sarebbe la soluzione ai miei problemi e al mio suicidio? chiudermi in clinica?- Chiesi, urlando.

-Sta' calma, so che questa idea, ti sembra malsana, ma non lo è. E' un bene per te, è una clinica ottima.- Rispose il dottore.

-E se non voglio andarci?- Chiesi.

-Devi. Anche perché ormai sei affidata a loro. Tua madre non ha la tua custidia. Gli è stata tolta, visti i precenti...- Spiegò.

-Beh, come minimo.- Dissi, guardando con disprezzo mia madre.

-Ora verranno a prenderti. Non hai più bisogno di stare qui.- Disse.

-Ma come? è passato solo un giorno dal mio suicidio.- Dissi, controbbattendo.

-In realtà due settimane, Skye. Eri in coma.- Spiegò il dottore.

Rimasi in silenzio. -A dopo.- Disse, il dottore salutandomi. Non lo degnai di uno sguardo e continuai a guardare il pavimento.

-Mi dispiace...Skye, non volevo mi togliessero la custodia. So che hai bisogno di me.- Disse, stringendomi la mano.

-Ti sbagli, non ho bisogno di te, mi hai abbandonata.- Le dissi, ritirando a me la mano.                    

-Skye, ma io...avevo paura che ti succedesse qualcosa, avevo paura lui potesse arrivare anche a farti di peggio.- Spiegò.                                                               

 -Allora avresti dovuto lasciarlo, denunciarlo e tenermi, difendermi. Perché lo sapevi già da tempo e non te n'è mai importato. Per colpa tua, ho subito abusi ancora e ancora. Senza difendermi. E sai perché? Perché per me ormai era giusto così, perché ormai me lo meritavo.- Le urlai. 

-Skye, cazzo. Ero completamente presa dalla paura. Non avevo idea di cosa fare.- Disse lei.

-Ah, certo. Abbandonarmi era una soluzione. Grazie mamma.- Dissi, sorridendo le falsamente.
-Ma tranquilla, come vedi ci hanno pensato i dottori. Ora mi abbandonerai lì. Sei più contenta?- Continuai.

Lei non rispose. -Devi prepararti le valige.- si limitò a dire.

-Non ho vestiti, non ho nulla.- Le risposi. -Se pensi che davvero mi porterò dietro quello che mi hai comprato, pensi male. Non voglio nulla.- Continuai.

Lei uscì dalla stanza senza dire nulla. Mi lasciò sola per l'ennesima volta, ed il suo comportamento era così incoerente e strano. Ma del resto, come sempre.

Ero nervosa e curiosa allo stesso tempo.
Curiosa di vedere questa clinica come sarebbe stata, di sicuro un posto migliore di casa di mia madre o della strada, ma se nessuno voleva capirmi? Se volevano solo sedarmi? Se sarei stata da sola, ancora?

Era tutto da scoprire.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 05, 2018 ⏰

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