Era una serata tenebrosa a SignoraLuna, il tipico scenario da film d'azione dove il protagonista cammina circospetto sentendosi osservato. La pioggia era fitta, densa e fangosa, della stessa densità della melassa e i fulmini creavano misteriose cascate fluorescenti nel cielo.
Anna aveva paura.
Tremava tutta e si stringeva in un lungo impermeabile nero che la mimetizzava perfettamente con l'ambiente e il clima cupo di quella serata. Aveva paura, ma il segnale era stato inequivocabile.
Anna aveva un'unica passione che riusciva a distrarla dalla sua vita infelice e piena di soprusi e questa era il giardinaggio. Passava intere ore a curare le sue piante e i suoi fiori e aveva una discreta conoscenza di botanica, ma c'è di più; Anna sviluppava un rapporto con ciascuna di loro ed era convinta che tutti i fiori avessero un significato profondo. Gabriel non aveva mai capito perché la ragazza fosse tanto ossessionata con quello ''stupido passatempo'', come lo chiamava lui, e non faceva altro che ridersene e umiliarla.
Comunque sia quella mattina Anna era uscita in giardino come sempre e dopo aver vezzeggiato qualche petalo, innaffiato qualche girasole e strappato alcune erbacce si era accorta di qualcosa di strano. Qualcuno aveva messo, fra un vaso di peonie e un vaso di gerani, una piccola camelia rosa.
Lo shock le aveva paralizzato il corpo e con la sua mente aveva iniziato a ricordare dei momenti del suo passato che la rendevano infinitamente nostalgica e malinconica.
Poi aveva capito.
Chi, se non Pietro, il suo Pietro, avrebbe potuto lasciare lì il suo fiore preferito? Chi, se non Pietro, avrebbe potuto farlo dato che la camelia rosa era il fiore simbolo del loro amore?
Non era la prima volta che quei due comunicavano con i fiori. C'era stato un tempo, molti anni prima, in cui, per organizzare i loro incontri segreti, si mandavano messaggi floreali. E quello lo era chiaramente: Pietro era tornato e voleva vederla.
Anna aveva immaginato che si sarebbero visti nel solito posto, quello in cui da ragazzini passavano la maggior parte del loro tempo insieme, e per quanto quel luogo fosse al riparo da sguardi indiscreti, non si sentiva sicura e aveva paura.
Non erano più due giovani innamorati che fuggivano i pettegolezzi, i pregiudizi del padre di lui o le gelosie degli amici; ora c'era molto altro in ballo.
Pietro sgattaiolò fuori dal cancello a scorrimento del suo piccolo giardino e si nascose il volto con il cappuccio di un K-way nero. Tuttavia sapeva che se anche lo avessero visto, sarebbe stato molto difficile riconoscerlo. Era cambiato profondamente; il ragazzetto gracilino e pallido che era una volta si era trasformato in prestante uomo, la carnagione estremamente chiara non dava più l'impressione di salute cagionevole ma aveva assunto un colorito perlaceo che ne risaltava la delicatezza dei lineamenti. I suoi capelli neri, da ispidi e selvaggi, erano diventati morbidi e leggermente ondulati e gli incorniciavano il volto creando un piacevole contrasto con la sua pelle eburnea. Solo gli occhi erano rimasti gli stessi. Li aveva sempre avuti terrificantemente profondi, tanto che in pochi erano mai riusciti a guardarli per più di pochi secondi. Erano neri come il petrolio, duri come l'acciaio, magnetici come quelli di un serpente.
Pietro adorava la pioggia, e se non avesse avuto l'urgenza di non farsi notare né riconoscere non avrebbe mai messo il K-way. Adorava le lunghe passeggiate sotto la pioggia perché lo aiutavano a rilassarsi e a concentrarsi sui suoi pensieri, inoltre lo facevano sentire parte del mondo come essere naturale, come un albero o una foglia.
Pietro non aveva paura.
L'unica cosa che temeva era che Anna non si presentasse.
In fondo poteva essere successo di tutto; poteva non aver visto la camelia, poteva aver dimenticato che quello era il loro fiore, poteva non aver capito le sue intenzioni, oppure poteva benissimo non voler più avere a che fare con lui, e tutto ciò lo atterriva.
E' una credenza popolare quella che afferma che quando diluvia gli abitanti delle grandi città si rinchiudono in casa mentre i paesani escono comunque; quella sera a SignoraLuna non c'era un'anima viva per le strade.
Tranne due anime, intente alla ricerca l'una dell'altra.
Se Anna si stava chiedendo il perché di quell'incontro inaspettato ed improvviso e si domandava quali sarebbero state le conseguenze, Pietro fantasticava sulle sembianze che la ragazza avrebbe avuto dopo tanti anni.
Anche Anna era cambiata profondamente; i suoi lunghissimi capelli rosso aranciato che prima stringeva in due enormi trecce erano stati tagliati corti al mento e con quel caschetto sbarazzino sembrava che il Tempo non avesse minimamente scalfito la sua giovinezza. Aveva le guance e il naso costellati di efelidi rosse, due labbra rosse come una ciliegia matura e carnose da cui spuntava un sorriso dolcissimo e la pelle chiara quanto Pietro, ma più lattea e meno perlacea. Il dispiacere e la tristezza le avevano donato uno sguardo perennemente malinconico negli occhi azzurri come i lapislazzuli, il che contrastava tantissimo con il suo sorriso di miele.
La valle era di una bellezza inquietante a quell'ora della sera e con quel clima tenebroso ma i due giovani la conoscevano come se fosse la loro casa perciò non ne erano intimoriti. Anna e Pietro arrivarono allo stagno quasi nello stesso momento e quando si abbassarono i rispettivi cappucci nessuno dei due riuscì a dire nulla per svariati minuti. Si fissarono e basta, senza respirare quasi.
Poi Pietro ruppe il silenzio con la domanda che più gli premeva sul cuore, la stessa domanda che Anna temeva con tutta se stessa.
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Alla ricerca di Giulia.
RomanceSono ormai dieci anni che Pietro non mette più piede in Sardegna, sua terra d'origine e teatro della sua incredibile vita fino al compimento del ventesimo anno. Dopo una partenza inaspettata e, agli occhi di molti, immotivata il ragazzo ha giurato c...