ciliegie ed acquerelli

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Chi era il tempo per poter decidere che tutto sarebbe cambiato? Che tutto si sarebbe stravolto, di lì a poco? Perchè l'estate non poteva durare all'infinito, invece di dare spazio alla morte della vita? 

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Chi era il tempo per poter decidere che tutto sarebbe cambiato? Che tutto si sarebbe stravolto, di lì a poco?
Perchè l'estate non poteva durare all'infinito, invece di dare spazio alla morte della vita? 

Forse, nel ciclo delle cose, doveva andare così.
Forse, anche se l'estate avesse continuato a scaldare i nostri occhi sotto la luce del sole, le cose sarebbero cambiate.
Perchè come le foglie cadono dai rami stanchi, potrò sperare di tornare a vedere quei petali chiari, che tanto somigliavano alla tua pelle, potrò sperare di pendere di nuovo dalle tue labbra, macchiate dalle ciliegie di un rosso sanguigno, di assaporare quella dolcezza che solo tu mi sapevi dare, di addormetarmi sopra il tuo grembo e di non pensare nient'altro che a te.

E quello stesso rosso, che si posava come sangue sulla carta bagnata e di disperdeva a colorare le tue labbra, a dare vita ad un amore che pensavamo sarebbe durato all'infinito, lo rivedo ora, sulle foglie morte sul ciglio dell'asfalto.

E di tutto questo, di te, non mi è rimasto nient'altro che la malinconia nel mio cuore che, rassegnato, cerca un modo per riaverti ancora.

Perchè te ne sei andato?

Cosa farò ora?

Continuerò a dipingere le tue labbra rosse, per riempire quell'enorme vuoto che mi hai lasciato.

E forse userò le mie lacrime, aspre, amare, di occhi che ti cercano ancora, per dipingere i tuoi di occhi, il tuo sguardo, le tue emozioni.

Magari tornerai, ma l'incertezza è una parola che continua a risalire nei miei pensieri.

E se te ne fossi andato per sempre?

E se non potessi mai più averti tra le mie braccia?

La prossima primavera guarderò da solo il cielo, costellato di petali rosa che cadono lenti, morti. Perchè un petalo senza fiore, non è nulla, non ha più vita, destinato alla morte.

Ed ecco come mi sento: tagliato in mille pezzi, come quei petali, che cadono verso un destino di solitudine, di vuoto.

Ho perso la speranza di restare con te, di poterti avere vicino.

E se è vero che la speranza è l'ultima a morire, allora sono morto dentro, come tutti quei petali sull'asfalto.

Camminavo, Correvo, Camminavo ancora, con una bottiglia di birra in mano, cercando una soluzione al mio dolore.

E la speranza, illusoria, che mi diceva che dopo una bottiglia, due, avrei sofferto di meno, avevo imparato ad abbracciarla, nonostante sapevo fosse tutto un'enorme bugia.

Ogni sorso riempiva, goccia per goccia, il vuoto con del vuoto.

Continuavo a cercarti, Continuavo a camminare.

Mi ritrovavo davanti casa tua, guardavo le luci accese, e la rabbia prendeva il sopravvento, miscelata a quel sapore amaro dell'alcol.

Alla fine, la bottiglia di vetro era sempre a pezzi, a terra, come il mio cuore. Allora mi giravo, e tornavo indietro, ma ero più vuoto di prima.

Jimin, Jimin, Jimin.

Quel vuoto lo colmavi solo tu.

Ma non poteva continuare.

Avevo capito che, se volevo la tua felicità, avrei dovuto lasciarti andare, lasciarti vivere la tua vita, lasciarti essere quello che sei.

Anche a costo di ferire me stesso, tu eri più importante.

Ogni volta che pensavo a te, non potevo fare a meno di sentirmi un egoista, invidioso, pieno di gelosia.
Il pensiero di perderti per sempre, il solo desiderio di te mi faceva mancare l'aria, faticavo a respirare.

l'ansia prendeva il sopravvento, tutto diventava più confuso, sfocato, ed io non avevo che un'unica via di fuga: la rassegnazione.

E forse, scrivo questa lettera proprio perchè sono rassegnato, perchè voglio mettere una fine a questa mia sofferenza.

Sappi: io cercherò di dimenticarti, ma inutilmente. Arriverai tutte le ore della notte, nei miei sogni, nei miei incubi, e in qualsiasi ora del giorno, ovunque io vada, qualsiasi cosa faccia.

Sarai come un demone, invisibile, una continua ossessione.
Come Platone, avrò un demone nella testa.

Come Catullo, un amore irraggiungibile.

"Ille mi par esse deo videtur,

ille, si fas est, superare divos,

qui sedens adversus identidem te

spectat et audit "

Diceva lui stesso, aiutato dalle parole di Saffo, consapevole del suo cuore, invaso dalla gelosia.

E io dovrò imparare a lasciarti andare, a lasciarti vivere la tua vita, sapendo di essere ormai solo d'intralcio.

Mi dispiace, Jimin, di non riuscire a non amarti. 

 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 26, 2019 ⏰

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