Supereroe

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I giorni successivi furono parecchio tristi. Noel era sotto stretta sorveglianza, Clarissa lo attendeva all'uscita di scuola e poi lo prendeva per mano sino alla porta di casa. Quando passavano accanto al parchetto, il bambino cercava con lo sguardo Arthur: i primi due giorni lo vide seduto alla loro panchina. Incrociando lo sguardo di Noel, il ragazzo sorrideva e gli faceva un cenno incoraggiante di saluto.

Non poteva continuare così a lungo. Non aveva neanche modo di fargli sapere che quella pantomima sarebbe durata per ben due settimane. Il terzo giorno, però, non lo trovò al parco, mentre il quarto lui e Clarissa incrociarono Arthur sulla strada: era in compagnia di un ragazzino della sua età, erano fermi sulla strada a parlare e stavano ridendo. A quella vista, Noel si congelò: Clarissa, distratta, avvertì solo il rallentamento e lo tirò per farlo procedere, fino a che non superarono la coppia. Arthur, come sempre, nel vedere Noel lo salutò con entusiasmo, ma stavolta il bambino aveva la gola secca. Si lasciò portare ancora per qualche passo, senza neanche averlo salutato.

In un momento in cui Clarissa abbassò la guardia, Noel si strappò da lei e corse indietro. La ragazza si voltò attonita, i riflessi rallentati dalla sorpresa, mentre il fratellastro correva trafelato verso Arthur.

"Noel..." esclamò questi vedendosi arrivare il bambino vicino con espressione sconvolta. Anche il ragazzo che era con lui si azzittì, seguendo la scena.

"Non dimenticarti di me!" lo supplicò Noel e si aggrappò alla sua maglia.

Mentre Clarissa li raggiungeva, Arthur prese le sue piccole mani e le tenne strette. "Certo che no."

"Quando potrò uscire, ci vedremo ancora, vero?" domandò Noel atterrito. D'improvviso, aveva avuto l'impressione che dopo la lavata di capo di mamma Beth, anche Arthur fosse d'accordo a non vederlo mai più a causa della loro età.

"Noel... Calmati." Arthur lo prese per le spalle. "Ci vedremo presto, intesi?"

Clarissa li allontanò, obbligò Noel ad arretrare. "È in punizione!"

Arthur annuì mentre la ragazza lo portava via di peso. Noel recalcitrava, ma ora che lei aveva la presa salda, non riusciva più a sgusciare via.

Quando furono a casa, Clarissa raccontò l'accaduto alla madre immediatamente.

Noel teneva gli occhi bassi, come se non guardarle bastasse a far finire tutto. Alla fine Beth lo osservò e disse: "Ti avevo detto di essere ubbidiente, Noel. Fanno tre settimane, dopo questa".

Il bambino impallidì e stavolta quel sadismo gratuito lo fece cedere. "Non è giusto!"

Lei si strinse nelle spalle: "È importante. Devi imparare a stare a sentire".

Noel avrebbe voluto gridare, insultarla, ma con somma vergogna lacrime iniziarono a scaturirgli sul volto. Senza riuscire a trattenere i singhiozzi, corse per le scale fino alla mansarda e si buttò sul letto, soffocando il pianto sul cuscino. Non aveva mai pianto così intensamente, così a lungo. Era come se tutta la frustrazione accumulata nella sua breve vita piombasse adesso su di lui.

Erano passati appena dieci minuti quando mamma Beth emerse sulla porta. Guardò per un po' il bambino e la sua disperazione, con un sospiro rassegnato. Infine, lentamente, andò a sedersi sul letto accanto a lui.

"Noel..."

"Vai via!"

"Non credevo che questo bambino, Arthur, fosse così importante per te. Clarissa mi ha detto che sei scappato via perché hai visto lui."

Toccò i capelli del figlioccio con la mano, lui si mosse come se volesse scuoterla via, ma non fece niente. Il suo pianto si era un poco alleggerito.

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