Estremi rimedi

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Nei successivi giorni, Noel non trovò mai Arthur al parco giochi. Si rese conto di non sapere nemmeno dove abitava. Era sempre così fiducioso che sarebbe stato lì ad aspettarlo, che ora che lui lo evitava, Noel si accorgeva di non conoscere il suo indirizzo. L'unico aggancio che aveva era il nome della sua scuola: per due giorni attese fuori dalla Caltron, ma non lo vide. Chiese più volte di lui ai suoi compagni di scuola e alla fine un ragazzo gli disse che era assente dall'inizio della settimana.

Il terzo giorno, seduto al suo banco nella propria scuola, studiava un piano d'attacco. Arthur aveva detto di non avere molti amici, ma forse qualcuno sapeva dove abitava. Doveva trovare qualcuno della sua stessa classe, magari il ragazzo che gli aveva riferito della sua assenza, e scoprire se c'era qualcuno che sapeva dove Arthur abitasse.

"Ehi, se non mangi il tuo pranzo, dallo a me" disse un bambino che si era fermato con aria minacciosa di fronte al banco di Noel. Aveva allungato una mano rapace verso di lui.

Noel, che aveva il mento appoggiato ai palmi e un'aria sognante stampata sul volto, spostò solo gli occhi su di lui. Era Eric, un compagno di classe che già in passato l'aveva tormentato con vari scherzi. "Chi ti dice che non voglia mangiarlo?"

"Mancano dieci minuti alla fine della ricreazione" sbottò Eric. "O mi dai il pranzo, piccoletto, oppure i soldi che ti hanno dato per comprarlo."

A Noel prudevano le mani. Era dall'inizio della scuola che doveva trattenersi: mamma Beth dava in escandescenze se esibiva i suoi poteri di fronte alle persone. Se c'era qualcosa che raccomandasse ogni giorno al bambino, era di non usarli. Noel in genere rispettava la promessa a metà: li usava eccome, quasi costantemente, a volte semplicemente per non annoiarsi. Spiava nello sguardo delle maestre, dei compagni di classe, dei bidelli. Conosceva tutti meglio di quanto conoscessero lui. Tuttavia, evitava accuratamente di mettere a parte gli altri di ciò che vedeva. Aveva imparato anche troppo presto che rivelare loro ciò che scopriva causava più problemi per lui che non vantaggi – l'ultimo caso con Arthur lo dimostrava ancora una volta. Tuttavia, di recente aveva visto qualcosa che a Eric sarebbe molto bruciato di far sapere agli altri e sentiva il coltello dalla parte del manico. Si tratteneva a stento.

Non si mosse, e Eric avanzò verso di lui. "Avanti, Airman. Vuoi che ti pesti di nuovo?"

Gli afferrò lo zaino senza invito e Noel istintivamente lo fermò. Era molto più debole di lui fisicamente ed Eric si liberò con uno strappo, gli prese un polso e glielo torse. I bambini attorno li guardarono curiosi e spaventati, nessuno pensò di chiamare la maestra che non era, al momento, nell'aula.

"Ahi! Lasciami!" ringhiò Noel con risentimento.

"Sei più debole di una ragazza! Tutte le nostre compagne di classe sono più brave a rispondere alle botte di te!" lo canzonò Eric.

"Tu non tieni testa a tuo padre, però" sputò Noel, gonfio di rivincita. "Quando ti picchia, tremi come un agnellino e piangi. Hai ancora i segni del battipanni sulle gambe, non è vero?"

Di riflesso istantaneo Eric lo mollò, fissandolo scioccato. A Noel, con quella bocca aperta, sembrò una sorta di pesce lesso.

"Tuo padre ti picchia veramente col battipanni, Eric?" chiese una bambina che aveva osservato tutta la scena, con un sorriso di imbarazzo sul volto.

"No... Non è vero!" replicò il bambino atterrito. Un risolino soffocato lo fece voltare di colpo, per capire da chi venisse. Il suo atteggiamento losco fu interpretato come un'ammissione.

Tutt'a d'un tratto, i ruoli si erano ribaltati tra loro: Noel si alzò in piedi, prendendoci gusto. Avrebbe potuto fermarsi, invece disse: "L'ultima volta ti ha punito perché hai bagnato il letto ancora una volta, vero?".

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