Prologo.

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Ho sempre cercato di trovare una definizione di “amore”: sui libri, attraverso gli occhi delle persone, nei gesti inconsapevoli, nelle dimostrazioni, anche quelle che sembravano essere più ovvie, quelle in cui pensi: “se ha fatto così è perché mi ama veramente”.
E invece no.
Ti sembra di vivere una favola, la tua favola, quella che hai sempre sognato da bambina mentre la sera prima di addormentarti leggevi le favole. Tutto ciò che prima era confusionario, inizia ad avere senso logico: ogni cosa sembra avere il giusto posto, la giusta posizione nel mondo.
Due minuti dopo ti trovi con il cuore in frantumi, cercando di ricomporre i pezzi di una parte vitale di te andata in mille pezzi. All’improvviso, senza nessuna ragione apparente.
Troppo difficile da riassemblare.
In mi sentivo proprio così: vuota ed impotente.

L’amore, l’unico mio vero amore, mi aveva uccisa, calpestata, denudata di ogni volontà possibile e mi aveva lasciata lì, in balìa del nulla, a fare i conti con me stessa e con i sensi di colpa che piano piano ti affiorano nella mente e ti divorano come bestie feroci.
Il mio vero amore non era amore.
Era abitudine, compagnia, era uno stare soli in due.
Il mio vero amore non era lui.
Purtroppo lo capii troppo tardi.

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