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Era una tipica giornata di ottobre a Brooklyn, il cielo era parzialmente nuvoloso e dava l'impressione che potesse piovere da un momento all'altro ma allo stesso tempo traspirava un briciolo di luce solare. Non sopportavo quel tempo ma adoravo troppo quella città per andarmene.
Mi fermai, come ogni mattina, da Starbucks (la mia caffetteria preferita) e presi le solite cose: una cioccolata calda e una ciambella. Mi sedetti a sorseggiare la mia bevanda ed alzando lo sguardo vidi un ragazzo seduto a pochi metri da me, non so per quale motivo ma mi incuriosii. Sarà stato per le braccia ricoperte di tatuaggi o per il suo sguardo impassibile direzionato al pavimento, provai a muovermi ma niente, lui rimaneva immobile. Era in una strana posizione: le braccia incrociate che gli tenevano il viso, la schiena spostata in modo evidente verso sinistra e le gambe leggermente cadenti sul pavimento.
Mente stavo per dare un morso alla mia ciambella un uomo entrando nella caffetteria lasciò sbattere la porta in modo violento, tutti sussultarono e cominciarono a lanciare maledizioni, tranne lui.
Cominciai a pensare che fosse sordo oppure che stesse dormendo ad occhi aperti. Nessuna delle due ipotesi mi convinceva, c'era dell'altro sotto. Cominciai a fare piccoli gesti, gli sfiorai i piedi per cominciare ma non sentii niente, prosegui toccandogli un braccio e ciò che sentii mi lasciò un brivido, non reagì.
Avrei potuto spingerlo e non se ne sarebbe accorto. Rimasi talmente sconvolta che mi alzai di scatto lasciando cadere la cioccolata, ormai fredda, sul tavolo. Sussultai quando vidi che il liquido lo stava raggiungendo, non ricevendo alcuna risposta o reazione me ne andai.
Il giorno dopo tornai da Starbucks a fare la solita colazione, un po' più nervosa rispetto al giorno precedente. Nella grande parete bianca lasciata libera per gli annunci importanti vidi una foto di quel ragazzo seguita da un articolo, parlava della sua morte. Pensavano che dentro la sua ultima bevanda ci fosse qualche sostanza stupefacente ma ancora dovevano finire di indagare.
Rimasi immobile a guardare la foto pensando a come avessi fatto a non accorgermene, provai un grandissimo senso di tristezza e angoscia.
Quella mattina non feci colazione lì e neanche quella successiva, da quel giorno non entrai più in quella caffetteria.

time to stormDove le storie prendono vita. Scoprilo ora