"Posso farcela"
"Posso farcela"
"Posso farcela"
Ripeto a me stessa correndo verso la fermata dell'autobus.
"Non c'è l'ho fatta".
Ecco, come tutte le mattine sono rimasta a piedi.
E' novembre ormai, e alle 7.50 inizia a fare molto freddo.
Cerco di coprirmi il più possibile e cammino a passo svelto verso la scuola. Farò tardi anche oggi.
Eppure non ho fatto colazione, sono entrata prima di Josh in bagno, e ho impostato la sveglia alle 6.30.
Ma non c'è nulla che io possa fare, sarò sempre l'Abbie ritardataria che tutti conoscono e disprezzano.
-Buongiorno- balbetto imbarazzata entrando in classe.
Il professore mi lancia uno dei suoi sguardi severi poi mi fa segno con la testa di sedermi all'ultimo banco rimasto. Mi accomodo vicino al ragazzo dai capelli rossi.
Si gira di poco verso di me e mi lancia un'occhiata quasi disgustata.
Non ci faccio molto caso, ormai ci sono abituata. Apro il libro di storia e cerco di seguire la lezione, ma la mia testa è già da un'altra parte.
Ve lo giuro, io mi impegno a rimanere attenta, a seguire il discorso, ma è più forte di me. Vengo catapultata nei ricordi, in un mondo immaginario, dove io sono la ragazza sicura, che prende in giro i più deboli e non il contrario.
Ripenso a ieri, alla discussione con mio padre.
-No, no e no! Non va bene, riprova!- urla lui, con il suo tono potente.
-Sono stanca! Mi fanno male i piedi, è da più di tre ore che proviamo!-
-I veri professionisti stanno ore e ore a provare, a sudare, a soffrire! Non fare la femminuccia e riparti! Cinque, sei, sette e otto..-
-No! Ho detto basta, papà! Torno a casa con i piedi che sanguinano a volte, per tutte le ferite che mi faccio qui! Non mi fai mai fermare un attimo, ballo sul dolore e sto sempre zitta,io..-
-Se esci da quella porta, puoi pure andartene di casa!- mi minaccia.
E l'unica cosa che mi rimane da fare, è ricacciare indietro le lacrime e continuare a ballare sopportando il dolore.
Giro la testa per non far vedere al ragazzo vicino a me che sto per piangere.
Ma incontro gli occhi di qualcun altro. Sono verdi, profondi. Mi scrutano affondo, cercando di capire cosa mi turba così tanto. Ma lui non può capire. Nessuno può capirmi.
Mi sento nuda di fronte a quello sguardo pesante, come se potesse leggere i miei pensieri. Così distolgo gli occhi dai suoi e li punto sul libro.
Mi ha fatto un effetto così strano..
Per tutta l'ora cerco di non guardarlo più, temendo di risentire quella sensazione allo stomaco.
Seduta sul muretto del cortile della scuola, da sola, consumo il mio panino.
Dietro i miei grossi occhiali, osservo tutto ciò che mi circonda. Ragazzi felici, riuniti in gruppo, che scherzano e ridono. Il loro unico problema è:cosa mettere per uscire questo fine settimana.
Darei di tutto per essere come loro. Per ricominciare. Per inghiottire la mia timidezza, che mi ha bloccato da quando ero piccolina. Darei di tutto per non sentirmi chiamare "quella strana", oppure "l'asociale" o ancora "il verme solitario", "il piccolo agnellino", "il topo".
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Insegnami ad amare.
RomanceLei aveva gli occhi stanchi. Gli occhi stanchi di guardare una vita del genere. Era sola,lo è sempre stata. E questo non sarebbe mai cambiato. O forse si.