Il buio non mi aveva mai fatto paura.
Anzi, mi tranquillizzava, mi faceva sentire a casa. Lì, immersi nell'oscurità, eravamo tutti uguali.
E questo mi piaceva da morire.
Io volevo solo essere uguale agli altri, non m'importava essere importante o fare qualcosa per essere ricordata, non m'importava se dopo la morte nessuno più si sarebbe ricordato di me, mi bastava avere una vita normale.
Eppure, questo non mi era concesso. Non potevo nemmeno avere la mia età. Dovevo comportarmi da adulta, essere forte, occuparmi della mia famiglia.
Ma ero semplicemente stanca. Eppure, continuavo a combattere e continuavo a studiare, più che potevo.
Avrei avuto un lavoro e una casa, lontano da questo quartiere. Avrei portato mio fratello e mia madre lontano da tutto questo schifo.
-Abbie? Abbie, sei qui?- la voce spaventata del mio migliore amico, mi riporta alla realtà.
-Si Tom, oddio scusa, aspetta che accendo la luce.- mi alzo e corro verso l'interruttore.
La forte luce dello spogliatoio mi acceca e sono costretta a socchiudere gli occhi. Ecco qui, il mondo può tornare a vedere i miei mille difetti.
-Perché eri qui al buio? Non ti senti bene?-
-No, è tutto okay. Volevo solo.. solo stare un po' più tranquilla, prima che ricominciassero le lezioni.- dico, alzando le spalle.
Guarda il mio vassoio con ancora tutto il cibo intatto.
-Non hai mangiato niente, Abbie. Devi mettere qualcosa nello stomaco.- mi rimprovera, afferrando un panino.
Gli sorrido dolcemente e metto il panino nello zaino.
-Si, lo mangerò.. lo mangerò dopo.-
Apro la porta dello spogliatoio, mentre guardo nello zaino per vedere se ho dimenticato qualcosa e vado a sbattere violentemente sulla spalla di qualcuno.
-Ma che..- farfuglia la persona davanti a me, girandosi.
Oh no, è Logan.
-Scusa, non ti ho visto.- dico freddamente, cercando di svignarmela il prima possibile.
-Ti sei fatta male?- mi chiede, afferrandomi il braccio e guardandomi dritto negli occhi.
Ingoio il groppo che mi si è formato in gola e scuoto leggermente la testa, prima di girarmi e andare via senza guardarmi indietro.
***
-Oggi vieni al cinema? Dai ci viene anche Amelia con le sue amiche, non puoi dirmi di no! Magari.. magari è la volta giusta che si accorge di me.- balbetta, diventando rosso.
-Non credo che posso Tom, lo sai..-
-Ma è alle 9 di sera, i tuoi sicuramente si saranno addormentati! E poi lo sai che noi siamo talmente vip che non ci fanno nemmeno pagare.- dice, dandomi una gomitata amichevole.
Scoppio a ridere. Anche Tom ha una situazione complicata a casa, i genitori sono divorziati e vive da solo con la mamma, che ha da poco perso il lavoro. Così abbiamo trovato un modo per entrare nella sala del cinema senza essere visti e senza pagare il biglietto.
So che una cosa del genere non si dovrebbe fare, ma è l'unico modo che abbiamo per andare a vedere un film una volta ogni tanto.
-Va bene dai, cercherò di esserci.- acconsento, dandogli una pacca sulla spalla.
Mi abbraccia contento e io mi irrigidisco.
Non mi piace il contatto fisico, ogni qualvolta che qualcuno mi tocca mi viene in mente il tocco di mio padre sulla mia pelle e mi viene la nausea.
Se ne accorge e mi lascia immediatamente.
-Scusa, dimenticavo.-
***
Giro su me stessa, sempre più veloce, sempre più veloce, sempre più veloce.
Le braccia si muovono agilmente, dandomi la spinta per girare.
-Non ti stanchi mai?- una voce dietro di me mi fa sobbalzare.
-Oh, Josh sei tu, mi hai fatto spaventare.- rido, prendendo l'asciugamano.
-Mi dispiace averti disturbata ma mamma non credo stia molto bene e papà sta tornando..- sussurra.
-Tranquillo, ci penso io.- afferro i manici della sedia a rotelle e lo spingo velocemente.
Mi alleno ogni pomeriggio in un parchetto che cade a pezzi, vicino casa. Non trovi bambini felici a giocare qui, solo ragazzi che si drogano o ragazze che si prostituiscono.
Ma almeno non sono a casa e mi va bene così.
-Mamma, dove s..-
-Dove hai messo i miei soldi?- urla, prendendomi dal colletto della giacca e spingendomi sul muro -Li hai usati per comprarti le sigarette eh, stronza?!-
-Mamma, di cosa stai parlando?!- urlo, spaventata dal suo ennesimo attacco di panico.
Le vengono sempre questo genere d'attacchi dopo essersi ripresa da una sbornia.
-I miei soldi!- urla disperata, accasciandosi a terra- Voglio solo i miei soli.-
Scoppia a piangere e io mi chino per abbracciarla.
-Va tutto bene, mamma. Ora ci sono io..- sussurro, cullandola dolcemente.
Quando si è addormentata cerco di afferrarla da sotto le braccia e di sollevarla, ma pesa troppo.
Mi impegno con tutte le forze e la trascino fino alle scale, quando entra dalla porta di casa papà.
-Papà uhm.. potresti darmi una mano per portarla in camera?- sussurro, con la paura che mi riempie il cuore.
Mi guarda, con la sua solita sigaretta tra le labbra.
-Ho da fare.- dice semplicemente, per poi aprire una birra e sedersi in cucina.
Digrigno i denti, mentre delle lacrime di rabbia spingono per uscire. L'afferro ancora una volta e lentamente le faccio salire tutte le scale.
Ad un certo punto strabuzza gli occhi e si gira d'un lato, vomitando dappertutto. Mi scivola la presa e perdo l'equilibrio, cadendo all'indietro e urtando violentemente la schiena su uno scalino.
Una fitta di dolore mi travolge il corpo.
Sbuffo sofferente, poi cerco di rialzarmi piano piano.
-Ti serve una mano?- mi chiede dolcemente Josh, anche se sappiamo entrambi che non può aiutarmi, che non può alzarsi da quella maledetta sedia.
-No, faccio da sola.- dico, una volta in piedi.
Prendo uno straccio dal bagno e pulisco velocemente la schifosa poltiglia presente sulle scale. Poi riprendo mia madre e cercando di non pensare al dolore lancinante, la trasporto in camera sua.
Quando l'appoggio sul suo letto, sono distrutta e ho le braccia a pezzi.
Le lascio un bacio sulla fronte e vado in camera.
Ora devo solo aspettare che arrivino le 9.
STAI LEGGENDO
Insegnami ad amare.
RomanceLei aveva gli occhi stanchi. Gli occhi stanchi di guardare una vita del genere. Era sola,lo è sempre stata. E questo non sarebbe mai cambiato. O forse si.