Prologo

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Entrare a far parte della Schutzstaffel è come un rito di passaggio, il momento in cui diventi un vero uomo che serve il suo Paese per raggiungere un fine superiore e lo protegge dagli invasori. E' un sogno per qualsiasi ragazzo che spera un giorno di entrare nella più stretta cerchia del Partito Nazionalsocialista e lavorare al fianco di Heinrich Himmler e di Adolf Hitler, colui che avrebbe riportato il Terzo Reich come unica e più forte potenza del Mondo.

Oggi ne entravo a fare parte.

Questo suscita in me molte emozioni contrastanti: la felicità di poter contribuire alla prosperità della Germania e di far parte di qualcosa di davvero speciale e unico, ma allo stesso tempo mi fa anche molta paura. Paura di deludere tutti, paura di non essere abbastanza adatto per questo ruolo, paura di morire.

Durante il periodo di addestramento mi hanno insegnato che non bisogna avere paura di nulla, nemmeno della morte, perché morire per il Reich è la morte più dignitosa che mai potremo avere, ma come si fa a non aver la paura della morte? Come si fa a non aver paura di lasciare la propria famiglia e i propri amici in questa maniera? Senza nemmeno dare loro una spiegazione?

Sono sveglio da ore, ma sono ancora sdraiato sul letto a guardare il vuoto e ad immaginarmi la mia vita dopo la cerimonia di ingresso nelle SS.
Sinceramente, non so che cosa pensare o cosa fare.

L'unica cosa che mi viene da fare in questo momento è uscire di casa e correre più lontano possibile da questa pressione che mi è stata messa addosso da quando ho deciso di voler rendermi utile nel Reich e rendere fiero l'unica persona che non sono mai riuscito a rendere fiera: mio padre.

Tutti i miei amici hanno dei padri che li appoggiano in qualsiasi cosa loro decidano di fare, che sia entrare nell'esercito o diventare un meccanico o un panettiere.
Il mio, invece, aveva un'unica cosa in mente: la reputazione.
Che figura avrebbe fatto se suo figlio maggiore volesse realizzare i suoi sogni, sogni che non combaciano con la sua idea di sogno?
Sarebbe stata una tragedia.

Per questo ho deciso di entrare nelle SS, per renderlo fiero di me.

Mi metto vestiti comodi, le scarpe ed esco di casa e comincio a correre.
Non ho una meta precisa, ma correre l'unica cosa che mi rilassa e non mi fa pensare a quello che può succedere fra qualche ora.

A volte penso a cosa farei se potessi tornare indietro, se avessi la possibilità di scegliere il mio destino, cosa che non ho avuto molte opzioni di scelta. Che cosa avrei scelto di fare?

Sinceramente, non ne ho la più pallida idea, forse perché non ho mai pensato a come potesse essere realmente la mia vita se non esistesse il Terzo Reich.

Dopo circa un paio d'ore che sono fuori a correre senza una vera e propria meta, decido di tornare indietro e di andare a casa, così mi riesco a preparare al meglio per la giornata di festa che ci sarà oggi, ovvero la consegna del distintivo ed essere definitivamente parte della Schutzstaffel.

Non appena rientro in casa, vedo mia mamma preoccupatissima e mio padre infuriato che, non appena mi vede rientrare in casa, mi si piazza davanti e mi tira uno schiaffo in pieno viso, uno schiaffo così forte che mi fa un male allucinante.

"Dove diavolo eri finito? Tua madre era così in pensiero per te e io ho temuto che te ne fossi andato per non partecipare alla Cerimonia. Hai presente che responsabilità hai? Se non ti presenti non solo metterai la mia reputazione agli occhi del Reich in cattiva luce, ma manderai alle ortiche tutto quello che ho fatto per poter assicurare un buon nome per la mia famiglia, così da rendere te e i tuoi fratelli degli ottimi partiti per un matrimonio molto vantaggioso. Ti prego Jan, non deludermi" dice mio padre, con tono molto autoritario, lo stesso tono che usa ogni qualvolta ci si di mezzo il Partito Nazionalsocialista o la reputazione della famiglia agli occhi dei potenti.

"Mi dispiace se ho fatto prendere paura alla mamma, ma avevo bisogno di prendere aria e rendermi consapevole dell'enorme aspettative che ci sono su di me e il solo pensiero di poterti deludere mi ha fato dubitare delle mie vere capacità e della mia utilità all'interno delle SS. Mi vergogno di questo e voglio chiedere scusa anche a te, ad Hans ed Helena. Ho pensato solo a me stesso, mettendo sia voi che la reputazione della famiglia in secondo piano" dico io, guardando prima mio padre, poi guardano mia madre e i miei fratelli, che si stanno preparando per la Cerimonia.

"Ora vai a metterti l'uniforme che a quest'ora dovremo già essere in viaggio. Manca un'ora all'inizio della Cerimonia e le strade della città sono già piene di fedelissimi del Partito che assisteranno alla vostra entrata nelle file delle SS" dice mio padre, andando verso mia madre per farsi mettere bene la giacca.

Vado verso la mia stanza e vedo appeso vicino alla finestra la mia divisa: è verde militare, con una cintura nera in vita e gli scarponi dello stesso colore della cintura.

Sul colletto della divisa, sulla destra, vi sono delle stelle, su sfondo nero, che indicano probabilmente il grado, e sul lato sinistro due S argentate su sfondo nero, il simbolo della Schutzstaffel.

Accanto alla divisa, sul cassettone sotto la finestra, c'è un cappello come quello della divisa della Wermacht di mio padre, ma verde militare, con il frontino nero lucido e al centro il simbolo del Reich e del Partiti Nazionalsocialista di Adolf Hitler.

Durante il periodo di addestramento ci hanno fatto imparare a memoria la storia di Adolf Hitler e di come, con determinazione e coraggio, è riuscito ad imporsi nell'ambiente corrotto della Germania dell'epoca e di come siano importanti e fondamentali le parole scritte del libro sacro del Reich, il "Mein Kampf". L'ho letto e quello che c'è scritto sembra il frutto del delirio di un pazzo che pensa che dare la colpa ad un'altra razza sia la soluzione dei problemi, anche se in alcuni punti non ha torto.

Non appena mi metto tutta la divisa e il cappello, si materializza davanti a me l'idea che questa divisa mi porterà molto lontano, ma so anche che mi porterà dei guai davvero grossi.

Esco dalla stanza e vedo mia madre in lacrime per la gioia e mio padre con uno sguardo fiero che non gli avevo mai visto in volto. L'unico che non mi sembra molto felice per me è Hans, il mio fratellino, che è sempre stato la "percora nera" della famiglia su tutto quanto., anche quando ho detto che sarei entrato nelle SS, lui è stato l'unico che non si è congratulato con me e n i ha nemmeno rivolto parola per una settimana.

Non so che cosa abbia Hans che non v, ma io tengo molto a lui e non voglio che mi guardi come mi sta guardando in questo momento. Mi fa davvero male vederlo così.

"Andiamo che l'auto ci sta aspettando" dice mio padre e noi lo seguiamo.

Saliamo in macchina e l'autista mette in moto.

Per tutto il tragitto ho visto una Berlino tutta in festa, con le bandiere del Reich appese fuori da ogni balcone, casa o negozio e molte persone in festa e felici.

Non appena arriviamo sul posto, vedendo tutti i miei compagni seduti lì con la mia stessa divisa, tra due file di persone e un enorme palco, ha materializzato sempre di più quello che pensavo: io diventerò un membro delle SS e sarò il migliore, a qualunque costo".

L'unica cosa negativa che mi frulla per la testa è i guai in cui potrei cacciarmi con questa divisa, ma spero di non fare nulla che possa mettere in cattiva luce me, la mia famiglia e il Reich.


VOR DEM KRIEGDove le storie prendono vita. Scoprilo ora