Capitolo 1

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Salgo velocemente sulla macchina e metto immediatamente le mani sul volante. Fisso la strada, come se la stessi percorrendo a tutta velocità. Penso al tragitto che devo fare, come se non lo conoscessi a memoria, come se non lo avessi provato più volte nei giorni scorsi. Ho organizzato ogni cosa, perfino l'orario in cui devo partire: le 19:21. Mi prenderete per una pazza, immagino. Ma la mia vita è sempre stata come una tabella di marcia che va assolutamente seguita. Sbagli un solo passo e muori, ci resti secco. Stop, è finita lì, perché poi inizi a sprofondare lentamente nel caos più totale, e si sa che caos è sinonimo di guai. Almeno nel mio vocabolario.
Prendo la mia borsa nera dal sedile del passeggero per controllare di aver preso tutto. Cellulare c'è, chiavi ci sono, portafoglio pure. Sotto una marea di pacchetti di fazzolettini si nasconde anche il mio piccolo taccuino marrone. Lo porto sempre con me, non solo al lavoro. Butto la borsa dov'era prima e guardo la strada davanti a me. Lascio cadere la mia testa sul volante, sul clacson e mi rialzo solo quando mia mamma mi urla qualcosa dalla finestra. Mi stava spiando? È probabile, per lei rimarrò sempre la timida bambina che ero un tempo. Ma sono cresciuta. Ora sono una donna matura, sempre timida, ma una donna.
" Puoi farcela, Harleen, " penso, prendendo un bel respiro " è solo un appuntamento, dopotutto...
Chi voglio prendere in giro? Non sono pronta, non me la sento. Non ho un vero appuntamento da anni, credo da due. O forse di più. Tutto d'un tratto ho più ansia che mai. Ansia che sento tutta nel mio stomaco. E se andasse tutto male? E se facessi qualche stupidaggine? E se mi bloccassi nel vederlo? E cosa succederebbe se lui fosse completamente diverso dalle foto del sito su cui ci siamo conosciuti? E se lui volesse uscire con me solo perché...
Il vibrare del mio telefono mi risveglia dai miei pensieri. È un messaggio, da parte di Derek.
" Qui c'è un po' di traffico. Probabilmente arriverò dieci minuti in ritardo. "
Tiro un sospiro di sollievo perché non solo sarei arrivata in ritardo se fossi partita ora, ma anche perché questo significa che ho più tempo per cercare di calmarmi.
Chiudo gli occhi, sollevo le dita dal volante che sarà pieno del mio sudore e prendo un altro bel respiro. Metto in moto e parto, ma vado con calma. Quando incontro un semaforo rosso controllo anche il minimo dettaglio nel mio trucco, nel mio abbigliamento. Voglio che vada bene, per una volta. Voglio che sia tutto perfetto. Arrivo nello stesso momento di Derek, come avevo programmato all'inizio. Non volevo fare la figura di quella che si fa aspettare per un infinità di tempo, senza neanche sborsare un centesimo a fine serata. Della brutta serata, che sia chiaro. Ma non volevo nemmeno che pensasse che ero arrivata lì un'ora prima per aspettarlo. Ammetto che avevo pensato di farlo fino a ieri, a tarda notte. Sì, mi capita spesso di restare sveglia fino a tardi per pensare. Di solito penso al lavoro, però.
Derek bussa al mio finestrino e mi sorride. Dio, che figura di merda. Adesso ho appena fatto la figura di quella che ha paura di scendere dalla macchina. Controllo per l'ultima volta il mio trucco. È perfetto, nessuna sbavatura. Apro la portella e scendo dall'auto.
- Andiamo? - mi chiede, gentilmente Derek.
Annuisco e ci incamminiamo insieme per il ristorante. Derek mi mette un braccio intorno alla vita e improvvisamente mi pento di non aver messo dei semplici jeans neri con una camicetta carina.
" Harleen, perché hai deciso di metterti un provocante e attillato vestito rosso? Ma che ti è passato per la testa?! " mi rimprovero da sola nella mia mente. Mi pento quasi sempre di quello che faccio e faccio fatica a prendere delle decisioni. Anche solo scegliere se mangiare cereali o bere un caffè per colazione risulta ai miei occhi come una grandissima difficoltà. Ma mi succede solo al di fuori dal lavoro. Quello è il mio posto felice, anche se sembrerà strano. Lì riesco ad eccellere, che è la cosa più importante al giorno d'oggi, non credete? No, non sono pazza, anzi io li curo i pazzi quindi state zitti e non giudicatemi.
- Ho prenotato per due - dice Derek all'omone che si staglia dietro un tavolo tirato a lucido di recente, probabilmente stamattina.
- Certo, lei è? - chiede l'uomo, già pronto con il suo quaderno giallo che sarà dedicato alle prenotazioni dei suoi clienti.
- Derek Fitzgerald - risponde lui, aggiungendo un sorriso caloroso.
L'uomo annuisce e ci fa segno di seguirlo. Ci porta in una sala non troppo affollata e ci lascia ad un tavolo curato nel minimo dettaglio. La tovaglia, le posate e i bicchieri sono sistemati perfettamente e in perfetta sintonia.
Mi accorgo di essermi distratta nuovamente e mi siedo. Anche questo mi succede spesso, sempre fuori dal lavoro, che sia chiaro.
- Allora, Dottoressa Harleen Quinzel, - inizia un discorso Derek, incrociando le braccia e accennando un sorriso niente male.
- La prego, non mi chiami così, non sono al lavoro stasera - rispondo, sorridendo, ma abbasso lo sguardo.
- Allora non darmi del lei, Harleen - replica lui.
Mi accorgo solo ora che non mi sono rivolta a lui con un semplice e poco professionale 'tu', ma con il solito 'lei' che uso con i miei pazienti.
- Scusami, è l'abitudine - dico, sistemando un ciuffo ribelle dietro l'orecchio.
- Sei già stata qui? - chiede lui per cambiare argomento e gli sono grata per aver distolto l'attenzione sulla mia totale incapacità di relazionare con gli altri.
- Sì, spesso. Ci venivo con i miei genitori quando ero una bambina - dico e mi sorprendo di essermi aperta così velocemente con lui.
- Cosa mi consigli di prendere, allora? - mi incalza lui, ma io non ero pronta per questa domanda. Non era presente sulla mia tabella di marcia. 'Calmati, Harleen, è solo un piatto', starete dicendo voi, ma vi ho già spiegato le mie difficoltà nel prendere decisioni, anche stupide. La verità è che mi è stato insegnato che nessuna azione, nessuna decisione che prendi è stupida e che avrà delle conseguenze. È una cosa che doveva aiutarmi a organizzare meglio la mia vita e a farmi riflettere prima di fare una cazzata, ma mi ha solo spaventata e traumatizzata, forse.
- Non lo so - rispondo, sinceramente, perché faccio fatica anche a mentire, ovviamente!
Sul viso di Derek rimane quel sorriso caldo che ha sfoggiato quando sono scesa dalla macchina.
- È tutto così buono qui... - aggiungo subito dopo, un po' nel panico.
- Mi fido, mi fido - replica lui, annuendo.
Abbassiamo entrambi la testa e guardiamo il menù. Io faccio solo finta di scegliere una pietanza, perché finirò per prendere sempre la stessa insalata o per ordinare lo stesso dell'uomo che siede di fronte a me.
Una cameriera alta e tanto carina quanto rifatta prende le nostre ordinazioni e ci saluta con un sorriso finto, per poi tornare con le nostre bibite.
- Harleen, rilassati - sento la voce di Derek che si fa più dolce di quanto già non sia - non sei al lavoro e io non sono un tuo paziente pazzo.
Ride e io mi aggiungo, ma senza capire perché me l'abbia detto. È forse per il sorriso finto che ho sfoggiato fino ad ora? Se n'è accorto? È davvero così evidente? O forse alludeva alla mia postura? Sono seduta come tutti, credo. Sto tenendo troppo le distanze e lui ci è rimasto male? Sì, credo che sia questo.
- È che sono abituata a mantenere le distanze al lavoro. Mi spiace averlo fatto fino ad ora - dico, senza guardarlo negli occhi.
- Tranquilla, capisco. Non dev'essere facile essere sempre circondata da pazzi killer o ladri o...
- È il mio lavoro - lo interrompo io senza volere e me ne vengono. E me ne pento un secondo dopo.
- E mi piace, - aggiungo subito dopo - anche se può sembrare pericoloso o cose del genere. Ti assicuro che non lo è. E sei hai paura ci sono delle guardie fuori dal tuo ufficio, pronte ad aiutarti.
- Immagino che queste guardie siano riservate a persone di una certa importanza nel settore, come te - dice lui, bevendo un sorso di vino.
Che intendeva dire? È vero sono una famosa psichiatra. La più famosa di Gotham City, in realtà, ma non voglio vantarmene. Dopotutto ho solo curato gente pazza esattamente come hanno fatto i miei colleghi. Semplicemente, ho impiegato meno tempo.
- Sai, ho saputo che ti hanno dato un nuovo incarico, un nuovo paziente - aggiunge dopo un po' che siamo stati zitti.
- Ah, è vero - dico, ma sono sorpresa del fatto che sia venuto a saperlo persino lui, che abita a New York. Certo, siamo abbastanza vicini, ma deve avermi stalkerato o cose simili se ha saputo dei miei nuovi casi.
- Tranquilla, non ho fatto nulla di male, - dice, alzando le braccia come un criminale che viene arrestato - ma sei abbastanza famosa anche dove abito io, quindi... ho saputo del tuo paziente, ecco
Per un secondo mi è sembrato insicuro. Insicuro lui, che mi era sembrato perfetto fino ad ora! Ma sicuramente lo è, ha solamente avuto un piccolo cedimento che le altre donne non avrebbero mai notato.
- Non sei spaventata da lui? - chiede, incuriosito Derek. Non pensavo fosse così tanto interessato al mio lavoro. Di solito non piace alla gente, anzi li spaventa.
Non voglio dirgli che non so ancora che paziente mi hanno assegnato perché mi sono dimenticata di controllare la posta sul mio computer. Non ho neanche guardato i telegiornali ultimamente e nemmeno letto quotidiani o riviste, su cui avrei trovato le stesse informazioni che ha Derek. So solo che dovrò andare all' Arkham Asylum per curare il mio paziente. So che quest'ultimo è un killer, ma ho già avuto a che fare con gente così. Per quanto sia stato fino ad ora un gentiluomo garbato ed educato, mi prenderebbe per una stupida, così mento. A fatica, ma mento.
- No, anzi. Mi piacciono le nuove sfide - rispondo, alzando le spalle. Solamente l'ultima frase è vera. Le sfide mi intrigano moltissimo, è una cosa che ho da quando ero piccola.
Derek sta per dire qualcosa, ma in quel momento gli squilla in telefono.
- Fa' pure, - gli dico io, più che altro per avere un po' di respiro - potrebbe essere importante.
- Grazie - dice, distrattamente e prende il telefono.
Dopo solo qualche secondo deve trattenersi dall'urlare. Mi devo preoccupare?
" Ovvio che devi, Harleen! " penso, dandomi della stupida da sola " anche se vedi gente che urla tutti i giorni questo è un po' strano... "
- Scusami, Harleen, - inizia Derek, ma è come se avesse il fiatone e fa fatica a finire la frase che aveva iniziato - ma mio padre ha fatto un grave incidente, devo andare in ospedale al più presto!
- Ma certo, capisco - esce dalla mia bocca.
" Wow, Harleen. Sensibilità zero, eh? " è l'unico pensiero che gira nella nella mia testolina " Sei diventata proprio insensibile con il tuo lavoro? Ma certo! Non puoi mostrate emozioni con loro, con i pazienti fuori di testa che ti affidano. O ti incasinerebbe tutto. "
Derek lascia un po' di soldi, sufficienti per pagare entrambi i piatti che abbiamo ordinato, sul tavolo e corre fuori dal ristorante. Delusa, ma anche sollevata che questa serata sia finita, torno alla macchina. Oltre che a essere sembrata una pazza che ama il suo lavoro e che è ossessionata da quello, ho anche fatto la figura di quella che fa pagare tutto all'uomo, quella che scrocca, potremmo dire.
Appoggio la testa al volante, senza combinare casini stavolta. Sospiro e mi convinco che devo tornare a casa. Guido piano, stando più attenta del solito a tutti i segnali stradali. Quando arrivo a metà strada decido di fare marcia indietro per andare a vedere il nuovo ospedale psichiatrico in cui lavorerò da domani mattina. Che sia chiaro, mi hanno assunto solo per curare una persona, poi tornerò a lavorare da casa e nel mio vecchio ospedale. Ma mi hanno anche trovato una stanza libera, che diventerà il mio ufficio. Per quanto credono che resterò in quel buco? Non ci impiegherò molto a curare questo pazzo criminale, d'altronde ne ho già visti tanti e sicuramente saranno peggio di lui. Mi hanno impedito di portare avanti il lavoro nel mio solito ospedale solo perché mi concentrassi su questo. Non capisco perché volessero proprio me. D'accordo che sono brava e tutto quello che volete, ma non potevano affidare questo killer a qualcuno che lavora in quel postaccio abitualmente?
" Volevano il meglio del meglio, Harleen " penso, mentre premo acceleratore " e tu sei il meglio. "
Perché ho accettato? Beh, a dire la verità l'offerta non era niente male e, come ho detto a Derek prima che scappasse via, mi piacciono le nuove sfide. In ambito lavorativo, ovvio, ma penso che ci foste già arrivati da soli, vero?
L'Elizabeth Arkham Asylum si trova nella periferia di Gotham ed è un posto messo piuttosto male. Non ha nemmeno una bella reputazione dato che dicono che i suoi detenuti evadono abitualmente, uno in particolare. Peccato che non abbia lunga vita fuori da quelle quattro mura che costituiscono la sua cella, dato che Batman è sempre pronto a catturare criminali e a portare giustizia in questa strana città.
Inoltre, alcuni pazienti ritenuti sani sono tornati dentro dopo che avevano ricominciato a rubacchiare o a sparare a della gente innocente.
Forse dovrei avere paura del mio nuovo paziente, anche perché solo il posto in cui è stato rinchiuso mette i brividi. Qui ci sono i criminali più pazzi, più pericolosi secondo Batman. Ma io credo che ne abbia sbattuti un po' dentro perché lo spazio in altre prigioni o in altri ospedali era finito. Ho visto tanti criminali nella mia vita e qualcuno l'avrei ficcato in quello schifo di buco di Arkham Asylum. Sempre che siano davvero persone così pericolose quelle rinchiuse lì dentro.
No, se ve lo state chiedendo, no, non conosco i cattivi che si scontrano con Batman, li ho sentiti qualche volta in televisione. Il loro nome però non mi colpiva, forse perché era pronunciato da un uomo o da una donna che avevano perso la voglia di vivere e di continuare il loro lavoro di presentatori, quando le notizie erano sempre le stesse, tutte uguali, da anni ormai. Preferivo e preferisco concentrarmi sui criminali che ferma la polizia, le cose un po' più semplici, ecco. Quelle cose semplici di cui non parlano e di cui ho informazioni praticamente solo io, grazie alle cartelle degli ospedali. Magari cambierà tutto da domani, o magari rimarrà tutto uguale e la mia vita andrà avanti come ha sempre fatto. E mi va bene, mi piace la mia vita, anche se a molti di voi potrebbe sembrare noiosa o senza senso. Beh, vi dirò, io aiuto la gente. Li aiuto a stare meglio, a stare in pace con sé stessi dopo le azioni orribili che hanno commesso. Restituisco a una famiglia un padre, un marito, una moglie, una sorella o un figlio, perché possano essere nuovamente felici.
Sospiro e rimetto in moto l'auto, pronta per andare a casa. Devo essere rimasta davanti al mio nuovo posto di lavoro per davvero molto tempo, dato che trovo mamma addormentata sul divano. La televisione è spenta e ciò significa che era così stanca da non avere le forze per salire le scale e da essersi coricata tra i morbidi cuscini gialli.
Sorrido nel vederla così tranquilla, ma anche al fatto che non dovrò raccontarle niente di questa orribile serata.
Salgo in camera e metto a posto le mie cose, come scarpe e tutti gli oggetti personali che avevo nella mia borsa, tranne il taccuino. Quello deve rimanere lì, già pronto per domani mattina. A proposito, a che ora devo essere là? Accendo il computer per avere una risposta. Le 9:00 precise. Quindi partirò da qua verso le 8.30, se voglio arrivare in anticipo di almeno una decina di minuti. Giusto il tempo di un caffè con i nuovi colleghi.
" Come se potessimo diventare amici, " penso, mentre vado dentro la doccia " tanto mi conosceranno già tutti, mi saluteranno, e al massimo mi faranno qualche complimento su qualche caso recente. Nulla di più, lo so già. "
In ogni caso se arrivo in anticipo ho tempo per sistemare le mie cose nel mio nuovo ufficio. Adesso che ci penso non so nemmeno che stanza mi hanno assegnato. Se era davvero l'unica libera immagino che sarà un buco puzzolente, senza luce e senza corrente. D'accordo, forse sto un po' esagerando, ma era per farvi capire che non sono proprio entusiasta di avere così poche informazioni. Questo significa avere una tabella di marcia semi vuota e questo non porta a nulla di buono.
Finita la doccia finisco di struccarmi e mi lavo i denti, poi trascino il mio corpo nella mia camera da letto, con l'intento di cadere in un sonno profondo. Ma tanto so che non sarà così, perché i miei pensieri, le mie paure, le mie angosce e sopratutto la mia ansia, mi terrano sveglie fino a tardi. Sono tutte cose che spesso si rivelano inutili e insulse, perché non c'era niente di cui spaventarsi e agitarsi tanto. O forse sono io che scarico tutta l'adrenalina, l'energia che ho in corpo in questo modo. Sotto forma di paranoie mentali. Forse mi tranquillizzo senza rendermene conto in questo modo.
Il mio telefono vibra e vedo il nome di Derek sul display, vicino alla scritta verde di Whatsapp 'hai un nuovo messaggio da... '
' Mio padre sta bene. L'incidente non era così grave, dopotutto. '
" Cazzo, Harleen! Potevi almeno fingerti interessata alla sua situazione problematica. Che figura di merda. " penso, rimproverandomi ancora una volta. È una cosa che ho continuato a fare tutta la sera ora che ci penso un po'.
Scorro in giù e vedo che il messaggio non è finito. C'è dell'altro e riguarda me.
' Se dovessi aver paura del tuo paziente non esitare a chiamarmi o a scrivermi. Ho delle conoscenze e sono persone che ti possono aiutare a stare più tranquilla. '
Lo ringrazio perché è buona educazione, ma non rifiuto il suo aiuto. Anche perché sto iniziando ad avere l'ansia. Mi hanno affidato il peggio del peggio? Il più pazzo di tutti i criminali? Spero di no, a questo punto.
" Calmati, Harleen! " urlo nella mia mente " Tu sei la migliore, lo sei sempre stata. Questo pazzo doveva pensarci due volte prima di diventare quello che è diventato. Perché tu sarai lì ,pronta, domani mattina a curarlo. "
Mi autoconvinco che non ho nulla da temere e mi stendo sul letto, pronta per un meritato riposo.
Però Derek è stato proprio carino a offrirsi di aiutarmi. Anche dopo una serata orribile come quella che abbiamo passato insieme. Gli piaccio davvero, forse? Impossibile! Non ci conosciamo nemmeno!
Mi addormento verso l'una di notte, che è anche un orario accettabile per me. A volte sono rimasta sveglia fino alle cinque di mattina per trovare la soluzione a qualche problema di qualche paziente di cui ora non ricordo il nome. Non ricordo mai i loro nomi, dopotutto sono persone con cui non parlerò mai più e con cui non si è instaurato nessun tipo di rapporto se non quello di dottoressa e paziente. A volte tendo persino a dimenticare i loro volti. O a confoderli, questo mi capita più spesso. E sapete perché? Perché sono tutti uguali i criminali. Sono tutti degli omoni giganteschi, pieni di muscoli, ma che senza armi non riuscirebbero a far male a una mosca. Tutto fumo e niente arrosto, insomma. Hanno storie lievemente diverse, ma hanno sempre qualcosa in comune tra loro. Sono tutti delle teste di cazzo che hanno fatto cose brutte in giro per Gotham, e magari non era neanche il loro intento. Ma sono finiti dentro e io li ho curati tutti. Dal primo all'ultimo. Un mio collega diceva che la gente fingeva di essere pazza per poter parlare un po' con me. Ovviamente non gli ho creduto. Cosa avrei dovuto fare? Vantarmi della mia bravura e della mia fama? No, assolutamente no! Se non sbaglio me l'aveva anche detto uno nuovo in quel settore e non potevo trattarlo male nel suo primo giorno. Ho sbagliato?
" Ma certo che no, Harleen! " penso, mentre continuo a rigirarmi nel letto per prendere sonno - " Tu non sbagli mai. Tu non sbagli un colpo. Mai! "
Mi addormento con il pensiero che sarà un nuovo giorno e che non avevo nulla da temere. O almeno speravo che fosse davvero così.

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