Capitolo 3

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Emma.

La sera calò in fretta ed era quasi ora che mi preparassi. Presi un cambio, misi della musica e mi infilai sotto la doccia. L'acqua calda mi avvolgeva mentre la voce di Micheal Jackson risuonavano nel piccolo bagno facendo affiorare i ricordi di quando ero bambina e cantavo le sue canzoni a squarciagola in camera mia, facendomi comparire un piccolo sorriso sulle labbra.

Risciacquai via il balsamo dai capelli, chiusi il getto d'acqua, uscì dal box doccia e avvolsi il mio corpo troppo pallido nell'asciugamano di cotone che avevo lasciato vicino al lavandino. La mia immagine riflessa nello specchio non mi faceva provare nessuna emozione, nè orgoglio nè ribrezzo e questa indifferenza verso me stessa mi perseguitava da tanto, troppo tempo. Presi a pettinare i miei capelli rossi cercando di togliere con cura tutti i nodi cercando di farmi male il meno possibile, posai la spazzola e iniziai ad asciugarmeli. I lunghi boccoli scendevano dolcemente sul mio collo ricomprendo con delicatezza la cicatrice che da 15 anni portavo sulla parte bassa del collo e con leggerezza la accarezzai ripercorrendone tutta la lunghezza. Buttai l'occhio sull'orologio e notai che si stava facendo troppo tardi così decisi di darmi una mossa: corsi in camera, presi le prime cose che trovai nell'armadio, me le misi, presi borsa e telefono e uscì di casa.

L'aria fredda penetrò la mia carne arrivando fino alle ossa: Bella mossa Emma, non sarebbe stata una brutta idea prendersi almeno una sciarpa, che dici?! Spera che almeno domani non ti venga una febbre da cavallo sennò cosa dici al tuo capo?!"Eh guardi sono talmente intelligente che con 8 gradi invece che vestirmi  pesante esco solo con vestiti leggeri  e un piumino"?  Scema, scema e scema. Mentre intrattenevo un discorso intrapersonale con la mia mente l'insegna luminosa di una pizzeria attirò la mia attenzione e senza pensarci due volte decisi di entrare.

Il locale era discretamente arredato con tavoli di legno, tovaglie a quadretti e dei faraglioni dipinti lungo le pareti. Una giovane ragazza di media statura mi accompagnò al tavolo, prese l'ordinazione e come un fulmine sparì in cucina. Dal mio tavolo avevo la visione di metà sala e dell'entrata; vicino alla cassa c'erano un uomo e una bambina, probabilmente padre e figlia, intenti a giocare a qualche cosa per far passare il tempo. Il padre guardava la figlia negli occhi e le sorrideva pieno di amore e orgoglio, proprio come faceva mio padre quando mi portava a giocare nel parco vicino a casa a Limerick. Vicino a loro c'era un ragazzo, probabilmente mio coetaneo, che giocava con un pacchetto di sigarette immerso nei suoi pensieri. Passai interi minuti a esaminare ogni singolo dettaglio di quel ragazzo: dai suoi capelli lisci color pece fino al tatuaggio dietro al collo, dal colore della sua giacca fino alla marca delle sue scarpe. Distolse lo sguardo dal pacchetto di sigarette quando si sentì chiamato da una cameriera per ritirare le sue pizze d'asporto, pagò e prima di uscire dal locale sorrise alla bambin, salutò l'uomo e poi, come una goccia in mezzo all'Oceano, si mescolò con tra la gente che passegiava tranquilla per le strade di Torino.

Divorai la mia pizza in un batter d'occhio e quando la finì iniziai a far mente locale su cosa avrei potuto fare successivamente e le opzioni erano due: tornarmene a casa oppure andare a fare una passeggiata in centro. Dopo una lunga riflessione scelsi la seconda poichè avevo passato già l'intera giornata in casa a fare nulla e sicuramente due passi non mi avrebbero di certo uccisa. Mi diressi verso la cassa, pagai il conto e uscì dal locale felice: per una volta nella vita avevo avuto una buona idea. 

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⏰ Last updated: Jul 25, 2018 ⏰

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