Parte 1

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Il vino che sorseggiavo sapeva di tappo.

Ecco che se ne andava la metà dei motivi per cui mi avevano consigliato quel locale, tre mesi prima. La mia amica e io stavamo pranzando al tavolo di un bar all'aperto, circondati dal rumore delle chiacchiere, delle auto di passaggio e dei cubetti di ghiaccio che si scontravano con il vetro dei bicchieri. Lei mi aveva detto del Relapse, questo posto allora appena inaugurato. Una collezione di vini deliziosi e di uomini disponibili. Disponibili, mi aveva sussurrato con una malizia infantile, a fare quello che vuoi anche tu.

Pazzesco, avevo pensato io. Un luogo di classe, finalmente, dopo tutti questi nuovi pub e birrerie rozze "all'irlandese" che spuntano per le strade come funghi. Finalmente un luogo per me.

Allora ero lì e, con il mio calice di delusione liquida in mano, aspettavo che qualche tipo interessante incrociasse il mio sguardo. Squadrai quelli seduti al bancone. C'era un uomo asiatico con una vasta calvizie, una coppia sulla trentina che tubava davanti a un paio di boccali di birra, un signore sulla sessantina e un uomo solo. La prima cosa che pensai, logicamente, era di puntare quello solo: gli altri sembravano troppo insospettabili per essere davvero... be', insomma, interessati a quello che volevo io. L'uomo solo però non mi convinceva.

A prima vista non era niente male: alto, robusto, con una camicia a quadri che nascondeva una maglietta sportiva scolorita. Capelli corti ramati, viso squadrato. Mi faceva venire in mente un padre di famiglia americano, di quelli che giocano a baseball e vivono in grosse ville nel midwest.

Il problema che percepivo aveva qualcosa a che fare con il suo sguardo, il suo atteggiamento. Non saprei come descriverlo, ma mi metteva i brividi. Non era la prima volta che mi trovavo a dubitare la normalità di un mio "compagno di avventure notturno". Però quell'uomo... innanzitutto, quanti anni aveva? Non riuscivo a capirlo. Da una parte, non doveva avere più di quarant'anni. Dall'altra, aveva più rughe e ombre sul viso di qualsiasi quarantenne che abbia mai conosciuto.

Sì, insomma, avevo i brividi.

Ma in circostanze come quelle non avevo ben chiaro se fosse per eccitazione o per paura.

Avvicinai il barista: "Offro io qualsiasi cosa che prende lui".

Lui mi fece l'occhiolino: "Intraprendente, vero?".

Un po' insolente, ma sicuramente lo faceva con simpatia.

L'uomo solo finalmente iniziò a notarmi. A quel punto lessi il suo sguardo, e non ci fu molto da dire; un sorrisetto, un paio di convenevoli farfugliati tra una vampata di timidezza e un sorso di vino (ogni sorso sempre più scadente), ed ecco come la serata prendeva una piega soddisfacente. Ognuno di noi cercava la stessa cosa nell'altra persona. Sotto la pelle, era come se entrambi avessimo avuto un radar, alla disperata ricerca di un altro radar esattamente identico sotto la pelle di qualcun altro. La ricerca era conclusa.

Pagai come promesso anche per lui, e uscimmo entrambi in silenzioso accordo dal locale.

IL NOTTURNO DI VIA WASHINGTONWhere stories live. Discover now