Capitolo 1

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Camminava. Per quella strada mille volte percorsa e ancora sconosciuta. Non era casa. Non lo sarebbe mai stata. Questa era una certezza, eppure perché ogni sera si ritrovava lì? Da solo. Proseguendo a passo lento senza meta. Aveva solo sogni.

"Insegui il tuo sogno".

Lo ripeteva sempre la Mamma. Non solo la sua. Le mamme di tutti. Gli insegnanti, i padri, gli amici. È la frase cliché da tirare fuori per sfuggire all'imbarazzo di un silenzio. Più la sentiva e più si convinceva della propria inettitudine. Forse perché di sogni ne aveva fin troppi. E tutti ruotavano intorno all'arte, in ciascuna delle sue forme. L'arte, uno strumento ancor più prezioso in un mondo scandito dai numeri. Le statistiche, la responsabilità, le certezze...lui non aveva dimestichezza con questi concetti.

Amava dipingersi come uno spirito libero, un'aquila, ma si tarpava le ali da solo. Era un baco, non un uccello. Viveva intrappolato nel suo bozzolo e sapeva che, un giorno uscito da lì, avrebbe vissuto un solo giorno da farfalla. 24 ore di felicità pura. Poteva quindi desiderare di raggiungere quel giorno il prima possibile? Nonostante fosse consapevole che sarebbe anche stato quello della propria fine?
Non temeva la morte. Piuttosto era terrorizzato di quello che la succede. Angeli in vesti bianche e occhi dolci lo avrebbero accompagnato in un paradiso lontano? Oppure si sarebbe trasformato in un filo d'erba? O, ancora, si sarebbe semplicemente dissolto nel nulla?
Rise, ma solo nella sua mente. Ancora una volta le solite domande depresse. La solita sconsolata percezione di una vita senza senso. L'unica gioia era sapere di non star ferendo nessuno. Poiché chi lo aveva amato per scelta lo aveva poi abbandonato, e coloro che sentivano di poterlo amare li aveva allontanati lui. Nemmeno per sua volontà, era successo e basta.

Magari era il caso di essere solo per tutta la vita. Scivolare tra le incanalature del basolato come la farfalla che aspettava di diventare e non essere un peso per nessuno. Sfuggire ai sensi di colpa che inevitabilmente succedono l'aggrapparsi all'affetto di qualcuno.

Sì, era proprio il caso di essere solo.

"Cosa ti dicono le stelle?"

Namjoon si voltò. Quella voce non l'aveva mai sentita. Era spuntata dal chiasso della folla come un fungo in un prato alla fine di un temporale. Chissà cosa avrebbero detto a lui le stelle, pensò il ragazzo. Che sta sprecando la sua vita a farsi troppe domande, molto probabilmente. Un'altra risata risuonò nella sua testa. Anche se...ne sentiva due. Spostò l'attenzione dal suo cervello alle sue orecchie e sì. Non era l'unico a ridere, c'era un altro ragazzo. Lo stesso la cui voce distinta aveva interrotto il suo flusso di pensieri. Lo vide da lontano, appoggiato ad una bancarella del mercatino ai lati della strada. Aveva in mano un ciondolo e spostava lo sguardo di continuo da esso alla ragazza vicino a lui. Sorrise, e Namjoon vide in quel sorriso il riflesso di tutti i suoi sogni.

Si voltò, perché non aveva idea di che cosa fosse, quella sensazione calda che gli si scatenava nel petto.

È forse amore?

Stavolta scoppiò a ridere per davvero in una risata così fragorosa, che suonò aliena ai suoi stessi timpani. Gli occhi si strinsero a due fessure e presero la forma di due piccoli condotti per un paio di lacrime, le quali scivolarono lungo la sua guancia e trovarono rifugio nelle sue fossette.

L'amore, Namjoon, non sa nemmeno cosa sia.

Aveva letto una volta che l'amore è sacrificio ed ora come ora lui non avrebbe sacrificato nulla per quello sconosciuto senza volto. Forse gli piaceva solo quel sorriso luminoso. Forse si trattava di uno specchio nel quale Namjoon aveva inavvertitamente visto se stesso e la sua solitudine.
Quando smise di ridere, alzò lo sguardo e notò che il ragazzo lo stava guardando. Namjoon non riusciva a vedere i suoi occhi perché la luce della bancarella alle sue spalle mostrava di lui solo i contorni. Per un attimo, ebbe di nuovo quella sensazione strana e sorprese se stesso a desiderare quegli occhi. Fece due passi avanti e si bloccò. 'Gli occhi sono la porta dell'anima', anche questa era una frase cliché di quelle che si leggono nei romanzi rosa.
La sua, allora, probabilmente era solo curiosità. Voglia di conoscere.

Namjoon si voltò e respirò piano. Era sollevato. Almeno aveva finalmente un nome da dare a quel suo stato d'animo. Anche se, pure la curiosità era qualcosa di nuovo per lui.

Continuò a camminare, come prima, la sola differenza il suo cuore irrequieto. E, mentre passeggiava, si ricordò di un dettaglio prima ignorato.

Aveva i capelli castano chiaro. Il ragazzo. Aveva capelli castano chiaro come la sabbia bagnata dei castelli che faceva da bambino.

il caso di essere soli | NamjoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora