capitolo 1

30.2K 2.5K 655
                                    

I lampi squarciano il cielo nuvoloso e scuro di New York; piccole saette  procedono verso il suolo e si dividono in piccole ramificazioni, quasi come dei flash ad illuminare le nostre figure immerse nel buio.
Io e Reed siamo seduti su una panchina, circondati dagli alberi quasi spogli, mentre fissiamo il vuoto intorno a noi. L'aria è fredda e sta per piovere. Reed, il mio migliore amico, odia la pioggia.
Abbasso lo sguardo e osservo le foglie secche che giacciono a terra, spostate ogni tanto dal vento.

Reed appoggia la sua giacca di pelle sulle mie spalle, si alza e si mette seduto sopra lo schienale della panchina, con una sigaretta – per metà consumata – tra le labbra.

«Sta arrivando il temporale. Sarebbe meglio se tornassi a casa, Moon.» dice, soffiando via il fumo, che segue poi la traiettoria verso il mio viso. Tossisco e gli do uno spintone in modo del tutto naturale e scherzoso, facendolo quasi cadere all'indietro, ma lo afferro giusto in tempo per il gomito. Lui scoppia a ridere e fa un ultimo tiro, poi scaglia la sigaretta più in là.

«Resto ancora un po'.» dico, la voce si affievolisce.

«Che merda, davvero...» scuote la testa, poi scivola accanto a me e mette un braccio sulle mie spalle, attirandomi a sé.

«Già. È sempre un incubo tornare a casa.» ammetto, storcendo il naso. Il vento soffia tra i miei capelli biondi, scompigliandoli fino a nascondermi la faccia.

«Mi dispiace, Moon. Puoi dormire da me. Sempre che tu ne abbia voglia.» appoggia la testa sulla mia spalla e restiamo per un po' così. Lo sento tremare e lo abbraccio. Forse non avrebbe dovuto darmi la sua giacca. Sapevo che avrebbe sentito freddo.

«Va meglio con i Murphy?» chiedo, il corpo scosso da un fremito.

«Non mi lamento.» risponde, scrollando le spalle.

«Beato te, Reed...» mi si incrina la voce.

«Mi dispiace così tanto.» mi stringe di più a sé. «Mi dispiace che tu debba essere ancorata a loro. Perché non ti lascia andare via? Hai diciannove anni, per amor di Dio!» emette uno sbuffo abbastanza rumoroso che si disperde nell'aria.

«Perché da quando è morta Clara, Joseph è diventato un figlio di puttana.» me lo lascio sfuggire a denti stretti.

«Senza offesa, Moon, ma lo è sempre stato. Semplicemente Clara si è sempre battuta per voi.» ha ragione. Clara e Joseph sono i miei genitori adottivi. Lei è morta l'anno scorso. I miei genitori non li ho mai conosciuti, ma non importa, non sono minimamente interessata a loro.

«Beh, almeno la stronza di America si è data una calmata?» chiede, sperando che dica di sì. In realtà la risposta è più che negativa.

«Quella non smetterà mai di disprezzarmi. E sai qual è la cosa che mi fa più ridere? Il fatto che nell'orfanotrofio ci odiavamo e non ci sopportavamo. Entrambe speravamo con tutto il cuore di trovare qualcuno che ci portasse via, in modo da non vederci mai più. E, ironia della sorte, siamo magicamente diventate sorellastre.» scoppio a ridere, poi mi alzo in piedi, sfregando le mani sulle cosce per riscaldarmi. Reed solleva la testa verso di me, inarca le sopracciglia e fa un mezzo sorriso storto.

«Questa sì che è sfiga. Non l'ho mai sopportata, ma a me non ha dato troppo fastidio.» fa spallucce, indifferente. Si alza anche lui e gli restituisco la giacca.

«Perché eri sempre con il tuo migliore amico.» dico, inacidita.

«Era anche il tuo, Moon. Quando smetterai di portargli rancore?» chiede, ma io mi sto già avviando verso l'uscita dal parco.

«Mai.» rispondo.

«È andato, Moon. Fatti una ragione, dannazione! Siamo rimasti in due.» grida alle mie spalle, ma già ho gli occhi in lacrime. Il fatto è che il nostro migliore amico era tutto per me, o per noi, non lo so. Sono soltanto sicura dell'affetto che io ho provato per lui e che continuo a provare a distanza di anni, anche se lui non c'è più.

Con te non avrò paura // DISPONIBILE SU AMAZONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora