Primo Capitolo

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The unforgiven

I take this key and I bury it in you
Because you're unforgiven too
Never free, never me
'Cause you're unforgiven too

Le dita gelide di Liam Payne scorrono veloci sul monitor, i suoi polpastrelli picchiettano in fretta sulla tastiera touchscreen andando a digitare una parola a caso, una parola banale che è appena diventata la più importante del mese.
«Signore.»
Liam alza la testa di scatto, scorgendo la figura slanciata del proprio vice immobile sulla porta, la sua divisa nera che controbilancia perfettamente l'ambiente che lo circonda e i lunghi ricci scuri che risaltano nella stanza completamente bianca.
«Styles,» lo accoglie con freddezza, «andiamo?»
Senza attendere alcuna risposta, Liam si alza e aggira la scrivania, mettendo in stand-by l'intero sistema computerizzato del proprio ufficio cliccando distrattamente su un tasto del Trasmettitore che ancora tiene in mano.
«Veramente abbiamo un'emergenza: siamo richiesti d'urgenza alla prigione di Queensbury.»
Il viso di Liam rimane una maschera d'impassibilità.
«Il Capo di Stato mi aspetta nel suo ufficio fra ventitré minuti» ribatte, come se il suo vice non sapesse a memoria ogni suo singolo impegno del mese.
«Me ne rendo conto, Signore, ma il Capo di Stato è già stato avvisato e ha posticipato il vostro incontro di un'ora e mezza»
Questo è insolito.
«Styles, sai che giorno è oggi?»
Il vice non mostra il minimo stupore alla sua domanda: risponde e basta, perché è il suo dovere e fa questo da tutta la vita.
«Il diciassette giugno duemilaquattrocentosette, Signore.»
«E sai che l'unica cosa fondamentale di oggi è che io parli col Capo di Stato?»
«Sì, Signore.»
Liam annuisce, una sensazione indesiderata e del tutto non richiesta che fa capolino nella gabbia toracica.
La rispedisce indietro con forza e tira fuori la propria Pillola Bianca mattutina dal taschino della giacca, avviandosi verso la porta.
«Si ricordi di non prendere la sua, Styles»
Il vice lo segue senza proferir parola, ma Liam sa che Harry Styles non dimenticherebbe mai una delle regole più importanti della Capitale.
«Qual è l'emergenza?» chiede mentre salgono in macchina.
«È stato appena catturato un prigioniero... singolare.»
«Singolare?» domanda Payne, lo sguardo incollato alle vie della Città che sfrecciano fuori del finestrino a velocità supersonica.
«Il suo cervello è inaccessibile, Signore.»
La mano destra di Liam ha un solo, impercettibile tremito.

~

L'autista si ferma all'angolo della strada, a poche decine di metri dalla prigione.
Nonostante sia una delle zone più periferiche della Città, non risente delle cure con cui vengono mantenuti gli edifici nel centro della Capitale: ciascun'abitazione, ufficio e negozio è controllato dal Computer centrale e sottoposto a un servizio di monitoraggio estremamente efficiente.
Liam e Harry passano accanto a uno dei numerosi pannelli pubblicitari e si fermano ad osservarlo per pochi secondi, le pupille catturate dai pixel tremolanti.
Qualcuno ha manomesso il codice originario e ha sostituito l'immagine precedente con una in cui svettano le parole Più vita e meno Pillole, grazie!
Non è la prima volta che succede, ma non sono ancora riusciti ad identificare il colpevole.
Se fosse ancora in grado di provare la gamma completa delle emozioni umane, Liam si crogiolerebbe nella speranza che il vandalo in questione fosse proprio il prigioniero che stanno andando ad interrogare, così da potergli rifilare due meritatissime sberle.
Prima di condannarlo a morte, s'intende.
Ma lui non prova più emozioni, ovviamente, quindi la scoperta lo lascia del tutto impassibile.
«Styles, dì ad Anderson di liberarsi di questa roba. Non voglio più lamentele da parte dei Centri Commerciali sulle loro pubblicità che non rimangono per il lasso di tempo per cui hanno pagato per colpa di qualche ribelle col cervello difettoso.»
«Sì, Signore» risponde Harry, il Trasmettitore già pronto per il messaggio.
Quando entrano nell'edificio, la prima cosa che avvertono è il silenzio.
Sono solo le sei e quarantadue del mattino, dopotutto, e quasi tutta la Capitale è ancora inattiva – sono pochissimi coloro che lavorano già a quell'ora.
Per questo entrambi trovano del tutto normale il fatto che ci sia un'unica Guardia a presentarsi da loro.
«Capo di Stato Maggiore dell'Esercito.»
Il saluto del ragazzo rimbomba nell'atrio, accompagnato da un movimento secco del capo, un piccolo inchino.
La Guardia si volta poi verso Harry. «Vice.»
Liam e Harry annuiscono all'unisono, mentre vengono accompagnati verso l'Area Interrogatori.
«Vi ringraziamo per essere venuti nonostante il poco preavviso. Abbiamo un problema con un prigioniero catturato stanotte.»
«Avete mandato il suo Profilo completo al Capo di Stato?»
Il ragazzo annuisce, continuando a camminare con un'inconfondibile cadenza militare.
«Sì, Signore, foto e tutto il resto» afferma mentre tiene aperta la porta per Liam e Harry.
Quando quest'ultimo passa accanto alla Guardia, registra qualcosa di strano nei suoi occhi azzurri, come una piccola scintilla.
Si ferma per un istante, squadrando il ragazzo attentamente, ma le sue iridi sono di nuovo opache.
«Cos'ha combinato?»
L'attenzione di Harry viene assorbita nuovamente dalla figura di Liam, in piedi al centro della stanza.
A qualche metro da lui, due impiegati stanno esaminando scartoffie varie senza degnarli di molta attenzione, a parte per il consueto saluto formale.
«Gironzolava di notte per la Città» risponde la Guardia, «cantando a squarciagola. Dopo averlo catturato abbiamo seguito la solita procedura, ma il suo cervello è inespugnabile. Come...»
«Come quello dei Capi di Governo. E dei miei soldati.»
La Guardia annuisce e poi allunga una mano verso un piccolo pulsante situato sulla scrivania alla sua destra.
Le porte dell'Area Interrogatori si aprono con uno scatto e Liam e Harry si affrettano ad entrarvi.
«Tu non sei uno dei miei soldati, né tanto meno un Capo di Governo» sono le prime parole che pronuncia Liam quando vede il prigioniero.
È palesemente un Ribelle, con quelle scritte colorate sulla pelle e quei vestiti stracciati e quel sorrisino strafottente.
I capelli neri gli circondano il viso e alcune ciocche gli arrivano a sfiorargli i grandi occhi scuri, mentre altre si sono attaccate alle tempie, dove vi sono resti di sangue rappreso dovuto probabilmente alla classica Procedura d'Invasione.
«Chi ha analizzato la sua mente?»
«Io, Signore» risponde quello che dev'essere il Medico Principale, le occhiaie scure che fanno a pugni con le ciocche bionde. «Il suo sistema di Protezione è perfettamente identico al vostro.»
Liam annuisce, poggiando le mani sul tavolo che lo separa dal prigioniero e sporgendosi in avanti fino ad arrivare a mezzo metro dal viso dell'altro.
«Chi ha fatto questo bel regalino al tuo cervello?»
Il viso del ribelle si apre in una smorfia divertita, mentre s'inarca leggermente contro il sedile della sedia, le mani legate dalle manette elettroniche dietro la schiena.
«Cosa ti fa pensare che te lo dirò? Portami nei tuoi laboratori specializzati del cazzo, sono sicuro che lì troverete un modo per rovistare fra i miei neuroni.»
Liam non pare scalfito minimamente dal suo tono sprezzante.
«Oh, certo che lo troveremo,» ribatte, sicuro di sé e dell'efficienza della loro straordinaria tecnologia, «non appena ti porteremo nell'Ospedale centrale, dove stanno preparando una stanza tutta per te. Speravo solo potessi facilitarci il compito prima di andare.»
Il prigioniero ride, ride, e Harry non capisce cosa stia facendo, le dita che scattano ad arpionare la pistola nella fondina senza però estrarla, perché Liam non pare affatto preoccupato da quella... cosa.
Così il vice rimane immobile, pronto a difendere il suo capo alla minima indicazione.
«Non ti dirò proprio un bel niente.»
Liam gli si avvicina impercettibilmente.
«Neanche nel caso in cui potesse servire per il processo?»
«Hah, ma per favore!» Il tono del prigioniero è sempre più divertito, «Voi non fate i processi. Voi ammazzate e basta.»
Liam inarca un sopracciglio, tirandosi un po' indietro.
«V'inventate sempre così tante storie, voi Ribelli. Certo che facciamo i processi, ma suppongo che a voi non arrivino i giornali.»
«Oh, sì che arrivano, tesoro,» mormora l'altro con la voce colma di veleno, «ma devi perdonarmi se non credo a qualcosa scritto da gente che lavora per voi, luridi schifosi.»
La figura stoica di Liam si raddrizza, gli occhi inespressivi.
«Ragazzo, ho bisogno di una copia di tutti i risultati della Procedura d'Invasione» ordina rivolgendosi al Medico Principale, che esegue immediatamente.
«Styles,» aggiunge, «noi ci prendiamo questo delinquente e facciamo un salto in Ospedale.»
Harry annuisce, le mani che già corrono verso la tasca dei pantaloni in cui tiene le Pillole Bianche d'emergenza.
Ma le sue dita non hanno il tempo di concludere il proprio percorso, perché Liam sta emettendo un rantolo strozzato ed è a terra in un secondo.
Harry scatta in avanti per difenderlo, lo sguardo puntato sul prigioniero che non è decisamente ammanettato e che lo sta osservando con un ghigno beffardo stampato in viso e un piccolo aggeggio elettronico in mano e Harry apre il fuoco.
La pallottola dovrebbe colpirgli il cuore in pieno, dovrebbe perforargli il tessuto cardiaco fra il ventricolo destro e quello sinistro, ma lo prende solo di striscio perché qualcuno sta aggredendo Harry con tutta la forza del proprio corpo.
La Guardia gli storce il braccio fino a lasciarlo senza fiato e gli rifila due colpi violentissimi allo stomaco.
Harry crolla sul pavimento digrignando i denti, consapevole del fatto che in quel momento decine di soldati si stanno dirigendo da loro e che entro un minuto al massimo li libereranno.
I valori vitali di Liam sono monitorati dai funzionari del Capo di Stato ventiquattr'ore su ventiquattro: se i valori risultano sballati, interviene immediatamente l'esercito con un localizzatore di posizione alla mano.
«Spero non ti dispiaccia,» la voce del Medico Principale gli rimbomba nella testa provocandogli una fitta «ma il mio nuovo volantino là fuori assorbe qualsiasi messaggio e comunicazione col mondo esterno.»
Harry gela sul posto, aspettandosi di venire ucciso da un momento all'altro.
Ma non succede.
Il biondo si carica in spalla il corpo privo di coscienza di Liam e getta uno sguardo preoccupato al prigioniero – che in realtà è sempre stato libero.
«Ce la fai, Zayn?»
L'interpellato annuisce solamente, stringendosi la spalla grondante di sangue.
«Bene,» ringhia la Guardia che ancora lo sovrasta, «tutti fuori! Niall, appena esci in strada avvisa Stan!»
Il biondo urla un sissignore! alle proprie spalle e si fionda fuori dalla prigione.
Harry ha a malapena la forza di guardare di nuovo quegli occhi azzurri, mentre il proprietario di quest'ultimi lo trascina verso l'uscita, premurandosi di storcergli quante più ossa possibili, ed è allora che Harry capisce che non li stanno per ammazzare.
Li stanno per rapire.
Un brivido gelido gli spacca in due la spina dorsale e il suo corpo viene invaso dall'unica emozione che abbia mai conosciuto in vita propria: la paura.



Author's corner ~
​Woah, okay, eccomi qui con la mia prima long Larry.
Sì, anch'io mi sto chiedendo perché non ho cominciato con qualcosa di più semplice, but still, ho sempre voluto scrivere una fanfiction del genere e finalmente ci sto provando.
Spero che questo primo capitolo vi abbia incuriosito un pochino e che mi facciate sapere cosa ne pensate perché sono giusto un po' in ansia, ahem.
Domenica pubblicherò il secondo capitolo, nel caso in cui ci fosse qualcuno intenzionato a leggermi ancora :)
Ah, la canzone da cui sono tratti il titolo e la citazione iniziale è quella meraviglia di "The unforgiven II" dei Metallica.
Se siete arrivati fin qui, beh, grazie infinite e alla prossima <3

Twenty-eight past ten. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora