12.

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Pov's Betty
I giornalisti continuano a farmi domande riguardo a quello che è successo da Pop's.
In questi giorni sono stata tormentata dalle telecamere, non ce la faccio più. Sono appena arrivata a Riverdale e ho già l'attenzione di tutta la stampa addosso, come del resto tutti gli altri presenti quella sera.
Il problema è che il mio cervello sembra aver completamente cancellato quei dolorosi ricordi.
Niente di niente, solo il buio, l'oscurità.
Un'oscurità aggressiva che sta assorbendo i miei sentimenti come una gigante spugna.
Qua e là in giro per la mia mente appaiono scene terribili:
il sangue scorre, la gente urla, dei profondi occhi verdi pongono fine alla vita di due persone.
Jason Andrews si accascia ai miei piedi, emettendo gemiti di dolore.
Non scoprirò mai quello che voleva dirmi, le sue parole saranno perse nel vento per sempre.
Il telefono squilla ininterrottamente, la linea è costantemente occupata da giornalisti curiosi in cerca di risposte.
Alzo la cornetta, pronta a rifiutare anche questa chiamata con un secco "non ricordo niente", ma rimango sorpresa e allo stesso tempo tranquillizzata nel sentire la voce di Jughead.
"Hey, Betts, finalmente. Ho saputo quel che è successo, sono due giorni che non ti fai sentire... ero preoccupato"
le sue parole hanno l'effetto di un calmante, i miei muscoli si rilassano e la mia mente smette di pensare anche solo per pochi secondi alla sparatoria. "Mi dispiace molto, Jug. È solo che avevo bisogno di tempo per riflettere e calmarmi, e le chiamate dei giornalisti non aiutavano di certo. Avrei dovuto sentire come andavano le cose, ma ero troppo scossa, dovevo riprendermi."
Le parole escono dalla mia bocca con tranquillità, la mia voce non trema più.
Dal mio arrivo solo quando parlo con Jughead riesco a essere me stessa.
"Adesso tutto quello che conta è che tu stia bene. Ma cavolo, Betty, potevi dirmi che saresti andata da Pop's. Ti avrei accompagnata."
Sono tentata di dire a Jug tutta la verità:
Jason nascondeva qualcosa, ma i suoi segreti rimarranno per sempre sepolti con lui.
Forse questo è un bene, non voglio che la situazione peggiori ulteriormente. Ma sento che dietro alle sue parole c'è qualcosa di più profondo, qualcosa che non voleva far scoprire a nessuno. Ma allora perché dirmelo, perché parlarne con me, la nuova arrivata?
Non mi conosceva nemmeno, eppure ha lasciato nelle mie mani questo fardello di cui ora devo occuparmi.
"Betty? Tutto ok?" "Certo, Jug. È tutto a posto. Non devi preoccuparti per me, intesi? Piuttosto chiama Archie, lui si che deve stare male. Jason era suo fratello."
Sento Jug emettere un respiro profondo dall'altra parte del telefono.
Sono sempre più convinta che tra loro due sia successo qualcosa, ma per ora non me la sento di parlarne.
"Notte, Jug." "Notte, Betty. Non pensare più a quella sera, ok? Peggiorerai solo le cose."
Lo so, ma non riesco a smettere di sentirmi in colpa. Ricordo chiaramente una cosa.
Il tipo incappucciato mi punta la pistola contro, allunga la mano e preme il grilletto. Tutto intorno a me rallenta, il mondo sembra ovattato e la gravità sparisce. 
Jason si piazza davanti a me con un movimento felino, allunga il corpo e mi fa da scudo umano.
Io sarei dovuta morire. Io adesso dovrei essere in quella bara. Non lui.
Non riesco a chiudere occhio. Penso a Jason e a Blake Lodge, il padre di Veronica. Morti. Scomparsi. Per sempre. Dimenticati tra il fruscio del vento e lo scorrere del fiume Sweetwater.
I miei occhi si riempiono di lacrime, lacrime amare che lasciano le mie guance secche e vuote, come i corpi defunti dei due uomini. Mi addormento abbandonata a terribili pensieri, scossa da scene che si ripetono nella mia mente senza interruzione.
L'inizio della fine.

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