CAPITOLO 16

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Per due giorni non sentii i miei genitori. Non li chiamai e non risposi alle loro telefonate. Gli inviai un messaggio per dirgli che stavo bene, ma avevo bisogno di stare tranquilla. Rispettarono questa mia decisione. Ricevetti lo stesso qualche messaggio da parte di mia madre, per convincermi a tornare in Italia, ma non avevo intenzione di farlo. Volevo con tutto il cuore riabbracciare la mia famiglia. Ma il terrore, misto al disgusto che provavo all'idea di poter rivedere Micheal, era troppo.
Mentre con Christian era tutta un'altra storia. Ero tranquilla, serena e felice. Stavo finalmente vivendo la mia vita. Esattamente nel modo che volevo. Ma non gli avevo ancora rivelato niente. Nonostante quell'idea mi avesse sfiorato più volte la mente, non trovavo mai il coraggio. A volte mi sembrava un'idea stupida: per quasi un anno avevo nascosto la verità a tutti. E ora volevo rivelarla a un ragazzo che conoscevo da neanche tre mesi. Mentre altre volte non trovavo semplicemente il momento giusto. In quei due giorni però, ci eravamo avvicinati molto.  Nonostante la vergogna che provai, riuscii a spiegargli che con lui ero più serena. E soprattutto non mi capitava di mettermi a urlare nel cuore della notte, a causa di strani sogni. Così accettò la mia proposta di dormire insieme. E cancellammo quella regola, dal foglio che avevamo appeso al muro.

Si era già fatta sera e noi eravamo sul divano. Io ero sdraiata, con le gambe sopra le sue. Stavo studiando per gli esami che avrei avuto, una volta finite le vacanze. Mentre Christian era seduto dalla parte opposta del divano e guardava la televisione. La teneva a un volume basso, per non disturbarmi. Così riuscii a sentire il mio telefono suonare. Posai i libri che avevo sulle gambe, sul tavolino della sala. Poi allungai un braccio per afferrare il mio cellulare e vedere chi mi stesse cercando. Non appena lessi il nome 'papà' sullo schermo, silenziai la chiamata e lasciai che continuasse a squillare.

"Non rispondi?" Mi chiese Christian.

Ripresi i miei libri e mi rimisi a studiare.

"È mio papà" gli dissi, pensando che quella risposta bastasse a spiegarne il motivo.

Si grattò il collo.

"Non pensi che dovresti parlargli?"

"Per dirgli cosa?"

"Non lo so, ma dovresti rispondere" mi disse indicando l'oggetto.

Ma nel momento in cui pronunciò quelle parole il mio cellulare smise di illuminarsi. Segno che mio papà aveva interrotto la chiamata.
Guardai Christian, come per dirgli che oramai era troppo tardi.

"Puoi sempre richiamarlo".

No, non potevo. Non potevo perchè non ero pronta ad affrontarlo. Ma soprattutto non avevo il coraggio di dirgli che non sarei tornata a casa. L'avevo già detto a mia mamma, è vero. Ma con mio padre era tutta un'altra storia. Sapevo quanto gli era costato lasciarmi andare via di casa. Dall'altra parte del mondo. E adesso gli avrei provocato un dolore immenso, dicendogli che non sarei tornata.

"Meglio di no" dissi, e ripresi a studiare.

Pensai che capisse, che quello, stava a significare che non avrei più voluto parlarne. Invece lui sospirò e scosse la testa.
Lo guardai accigliata.

"Cosa c'è?"

"Niente" disse riprendendo a guardare la televisione.

Alzai gli occhi al cielo.

"Non ti credo. Dimmi a cosa pensi".

Ci riflettè un attimo, poi disse

"Penso che tu stia cercando delle scuse per non tornare dalla tua famiglia".

Rimasi stupita da quella sua affermazione. Come poteva credere una cosa del genere?

"Pensi davvero che io non ci tenga a rivedere i miei genitori?" Dissi alterata.

UN AMORE BUGIARDO [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora