Lunedì mattina mi svegliai con il sole che filtrava dalle tende, con i raggi che baciavano il mio corpo, illuminandolo e scaldandolo.
Le nuvole sembravano solo un lontano ricordo, così come quella faccenda che stavo tentando con tutte le mie forze di tenere schiacciata in un angolo della mia testa, nonostante cercasse testardamente di venire alla luce.
Jack russava al mio fianco, con il suo bellissimo pelo bianco illuminato dal sole, il pancino rosa e il nasino scuro.
Mi alzai silenziosamente, facendo attenzione a non svegliarlo, e mi avviai verso il bagno.
Quando entrai in bagno vidi la mia immagine riflessa allo specchio: ancora con i vestiti del giorno prima addosso, con il trucco sbavato e i capelli scompigliati.
Mi spogliai e mi gettai sotto il getto caldo della doccia, lasciando che l'acqua scivolasse sul mio volto, trai miei capelli e sul mio corpo.
Fu inevitabile essere travolta dai ricordi.
Le sue mani trai miei capelli, la sua bocca sulla mia gola, la sua lingua attorno alla mia, le sue mani a stringere il mio corpo contro il suo.
Rapita dai ricordi, presi a massaggiare il cuoio capelluto con lo shampoo, inalando il profumo del mio shampoo preferito che sapeva di fiori primaverili, per poi spalmare il bagnoschiuma sul mio corpo, lasciandomi sfuggire un gemito al pensiero delle mani che lo avevano sfiorato la sera prima.
Era inutile negare che avevo fantasticato su Jason dal primo giorno in cui lo avevo visto, dal giorno stesso in cui avevo fatto il colloquio.
Il padre di Jason aveva da poco lasciato le redini dell'ufficio nelle sue mani e, con lui, anche la sua vecchia segretaria aveva deciso di ritirarsi.
Era un lunedì mattina di dicembre e, Jason, mi aveva accolta in ufficio con un abito dello stesso azzurro dei suoi occhi in quel momento.
Mi aveva accolta con professionalità, chiedendomi delle mie precedenti esperienze con annessi titoli di studio, per poi dire che mi avrebbe dato notizie al più presto.
Quel giorno ero tornata a casa frastornata, sognando quella notte stessa degli occhi azzurri e a stralci verdi.
Quando, due giorni dopo mi richiamò per farmi sapere che ero risultata idonea a ricoprire quel ruolo, mi trasferii nella casa dove vivevo attualmente per ricavarmi finalmente uno spazio tutto mio. E di Jack, ovviamente.
Persa trai miei pensieri, mi risciacquai, restando più tempo del dovuto sotto la doccia.
Mi ero appena avvolta in un telo, quando sentii qualcuno bussare alla porta.
Con i piedi scalzi e i capelli gocciolanti, andai ad aprire la porta.
"Oh, ma allora sei viva!" Sveglia e pimpante come se non fossero le otto del mattino, la mia migliore amica fece la sua entrata stringendo tra le mani due tazze di caffè bollente.
Chiusi la porta alle sue spalle. "Buongiorno anche a te, Vic." Sbadigliai.
Victoria era la mia migliore amica dacché ne avevo ricordo, ed era anche per quello che avevo deciso di trasferirmi in quel palazzo: lei abitava al piano di sotto.
"Si può sapere che fine hai fatto? Ieri sera ti ho chiamato per un'ora ma avevi il cellulare staccato, ho anche bussato alla porta ma nessuna traccia!" Si lamentò, sedendosi ad uno sgabello in cucina.
"Sono stata impegnata con degli... straordinari." Terminai, indecisa su quale termine usare.
"Ah, allora capisco, straordinari con quel gran figo del tuo capo?" Chiese indagatoria, sorseggiando la sua tazza di caffè.
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Overtime
RomanceJulia ha ventiquattro anni, un cagnolino di nome Jack e due migliori amici: Vic e Willy. Quando finalmente riesce a trovare un lavoro apparentemente stabile, decide di trasferirsi da sola, con il suo amico a quattro zampe, per trovare finalmente un...