Bianco come il latte,nero come ossidiana

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Era giá sera e fuori non smetteva ancora di nevicare.

Ce ne stavamo abbracciati sul divanetto ad ammirare la neve come due bambini africani che per la prima volta scoprivano l‘inverno in Europa.C‘era solo la lanterna sul tavolo della cucina ad illuminare tiepidamente la stanza.

Me ne stavo rannicchiata su me stessa con la testa sul tuo petto mentre affondavi le dita nei miei capelli;disfacendo tutti i miei boccoli.Riuscivo a sentire il battito del tuo cuore rimbombarmi nella testa.Era la canzone piú dolce che avessi mai sentito. Avevi le mani fredde;cosí mi staccai amaramente da te per preparare un thé ai frutti di bisco. Era il mio preferito e anche se a te non piaceva molto lo bevevi comunque se lo bevevo io. Dopo aver messo l‘acqua a scaldare mi girai per prendere la lanterna e mi accorsi che mi stavi fissando. Appena ti accorsi che ti guardavo anche io facesti finta di niente e iniziasti a giocherellare con le dita.Chissá se lo facevi spesso di guardarmi cosí. Chissá se mi guardavi come ti guardavo io. Sentii un fischio;segno che l‘acqua stava bollendo.Presi le tazze nere su cui dipinsi delle viole e ci versai il thé bollente. Tre zollette di zucchero per me e un pó d‘acqua fredda per te. io amavo il thé bollente e dolce,tu lo preferivi senza zucchero e tiepido. Ti sorrisi chiamandoti per sederti vicino a me.  Adoravi mangiare qualche biscotto prima di andare a letto,mentre a me saliva la nausea se mangiavo a quell‘ora. Iniziammo a parlare e ridere,non ricordo di cosa. Parlammo cosí tanto che il thé si era completamente raffreddato e io non ne avevo bevuto neanche un sorso...Era magnifico come le tue parole mi ipnotizzassero. Mi piaceva tanto come muovevi la bocca. Le tue labbra pallide e sottili. Guardasti verso il corridoio e poi me inarcando le sopracciglia;segno che era ora di andare a letto.

Odiavo quando lo facevi. Odiavo sapere che avremmo dormito in camere separate. Odiavo ogni momento in cui non ero con te. Odiavo ammetterlo...

Mi accompagnasti in camera e ti sedetti sul bordo del mio letto per assicurarti che la coperta mi coprisse bene. Odiavo anche quello;e mi chiedevo quando avresti smesso di farlo. Eravamo scappati dal mondo per iniziare a vivere o per giocare a papá e bambina? Infondo,molto infondo,sapevo che lo facevi solo per farmi arrabbiare. Si capiva dal mezzo sorriso che avevi in faccia e da come avvicinassi le tue labbra alle mie per poi baciarmi la fronte e fare lo tipico sguardo da “Buonanotte piccola“. Ti accarezzai i capelli. Erano corvini come la notte. Se ci avessi dipinto una stella saresti stato il mio cielo,il mio universo,ogni singola galassia esistente. Ti sorrisi anch‘io.

Dov‘eri? Eri distante 16 piastrelle del pavimento che sembravano continenti e fusiorari.

Che ore erano? Era un tempo lontano.

Chi eri? Eri un‘estate indiana nel mezzo di dicembre;una caramella con la sorpresa centrale.

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