PROLOGO

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- Pensavo mi amassi Irasebeth... -

- Si è così Mirana, ma tu non mi hai mai amata e nemmeno lui! -

- Questo non è un buon motivo per porre termine alla sua vita in questo modo! - esclamò Mirana in preda alla rabbia, mentre grandi lacrime le solcavano il viso.

- Non l'ho ucciso perchè non mi amava, ma perchè amava te! sono stufa che tu sia la migliore, perfino i nostri genitori avevano scelto te: la sorella a cui tutti vogliono bene, quella che sarà ricordata per la sua bontà e per il suo amore! ma nonostante questo ti ho sempre amata Mirana, ho sempre fatto il possibile per te, ma tu neanche ci facevi caso perchè eri troppo occupata a essere elogiata da tutti! -

- Non ti creo Irasebeth! non mi hai mai amata come non hai amato nessuno al di fuori di te stessa! una sorella è felice e l'altra è felice, tu sei gelosa. Sai perchè nessuno ti ama? Perchè sei incapace di amare gli altri, sei debole triste e sola e dai la colpa a me percè non riesci a essere quello che vuoi! Tu non sei mia sorella, sei un mostro! -

Quelle parole colpirono Irasebeth come un pugno in pieno viso. Sentì bruciare gli occhi e subito le lacrime presero a rigarle le guance.

Irasebeth non aveva più pianto da quando aveva capito chi era davvero sua sorella: Mirana non era mai stata quello che dimostrava. La luce che emanava era oscura e lei l'aveva vista chiaramente, ma nonostante tutto le aveva sempre voluto bene, aveva sperato che potesse cambiare.

Ma adesso che la vedeva là, in piedi, nel suo vestito bianco, con i lunghi capelli chiari che svolazzavano al vento, avrebbe potuto avere un aspetto assolutamente innocente se non fosse stato per gli occhi, neri come la pece, che si stagliavano sulla pelle bianca, come buchi neri, riflettendo perfettamente la sua anima oscura.

Se ne stava lì, in piedi, fissando Irasebth inespressiva.

- Mirana... Ho sempre creduto in te. -

Quella frase sembrò creare una breccia nella sua corazza e un'espressione quasi di comprensione attraversò il viso della ragazza, ma fu solo per un secondo, poi tornò più dura di prima.

Si avvicinò a passo lento alla sorella facendo diventare gli occhi completamente neri, Mirana era nata con un potere: era così che catturava l'anima delle persone facendole schiave, ma con Irasebeth non ci era mai riuscita.

- Vattene, Irasebeth. -

La ragazza espirò, come se quello fosse il suo ultimo respiro. Chiuse gli occhi e le lacrime smisero di scorrere, poi lentamente si girò e se ne andò inoltrandosi nei boschi.

Irasebeth vagò tutta la notte, si promise che da quel momento davvero non avrebbe più amato nessuno, non avrebbe più sofferto così.

All'alba si trovò davanti a un fiume ghiacciato e decise di attraversarlo, anche se rischioso ne valeva la pena per cominciare una nuova vita.

Tolse le scarpe e poggiò con molta cautela un piede sulla superficie, cric una prima crepa, si fece coraggio e proseguì, cric una seconda crepa. Ogni passo era un'agonia, i piedi nudi sul ghiaccio le bruciavano e iniziava a perdere la sensibilità.

I suoi piedi erano diventati rossi e gonfi e tutto il corpo scosso da brividi, stremata dalla fatica Irasebeth fece più pressione di quella sopportata dal sottile strato di ghiaccio, cric una crepa cric un'altra, e poi ancora cric cric cric, e prima che che potesse capire cose stesse succedendo si trovò avvolta in un gelido abbraccio.

L'ultima cosa che vide fu se stessa, ancora bambina, sdraiata sul suo grande letto e il padre che le diceva: - Ricorda Betty, tua sorella potrà anche essere sempre al centro delle attenzioni, ma rimani tu la migliore. La luce prima o poi si spegne ed è allora che si vede la realtà senza che sia offuscata. Dormi bene Betty. -

La luce prima o poi si spegne ed è allora che si vede la realtà senza che sia offuscata.

La luce prima o poi si spegne ed è allora che si vede la realtà.

La luce prima o poi si spegne.

Dormi bene Betty.

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