Flashback
Avevo 15 anni. La mattinata si era svolta come ogni altra. Mancava ancora un'ora alla fine delle lezioni. Il cielo era coperto da soffici nuvole e gli occhi di Josh, il mio compagno di classe per il quale avevo una cotta da sempre, erano di un grigio-azzurro burrascoso. Anche se si trovava dall'altro lato della classe, cercavo sempre una scusa per guardarlo. Ma c'era qualcosa in lui, quel giorno, che mi metteva in allarme. Era più nervoso di quanto lo avessi mai visto e il viso aveva assunto un pallore spettrale nell'ultima mezz'ora. La professoressa di letteratura, la signorina Brown, stava parlando di Shakespeare. Accadde tutto così in fretta. Improvvisamente una sedia cadde a terra. Sentí una morsa allo stomaco e d'istinto mi girai verso Josh. Era a terra, con gli occhi rivoltati in preda alle convulsioni. Mi feci spazio tra i miei compagni e mi accasciai accanto a lui. Gli presi la lingua per non fargliela inghiottire e poi il suo corpo si fermò. Non respirava più e il mio cervello andava ad una velocità così elevata da far sbiancare il miglior treno giapponese ad alta velocità. Presi il suo polso per controllare il battito e per poco non riggettai la colazione. Non sentivo niente. Intanto Luke si avvicinò.
-Chiama il 911.-
Gli ordinai. E mentre lui chiamava i soccorsi, io iniziai a fare il massaggio cardiaco. Ma gli serviva anche ossigeno. Mi avvicinai piano alle sue labbra che erano diventate blu e,con il cuore a mille, ci appoggiai le mie. Iniziai a immettere dentro di lui l'aria. Avevo visto in una serie televisiva che in caso di infarto si doveva fare il massaggio cardiaco e ogni tre secondi la respirazione bocca a bocca. Così continuai a fare il massaggio e immettere nuova aria in lui finché i suoi occhi si aprirono. Delle lacrime mi scesero lungo le guance e lui inizio a tossire forte finché non iniziò a respirare profondamente. I suoi occhi si fermarono su di me e mi afferrò la mano. La signorina Brown era ancora molto scossa e molti miei compagni erano messi peggio di lei. Quando i paramedici entrarono con una barella in classe, fu un problema.Josh non voleva lasciarmi la mano così, visto che secondo loro gli avevo salvato la vita, salì sull'ambulanza anche io. Lungo il tragitto Josh stava per perdere i sensi così, ancora con la mia mano nella sua, gli iniziai a parlare di qualsiasi cosa mi passasse per la testa. Arrivammo all'ospedale cinque minuti dopo. Ma prima di scendere dal veicolo, Josh rientrò in fibrillazione. Gli dovetti lasciare la mano. Con il defibrillatore gli fecero ritornare il battito e poi lo portarono via da me. Un'infermiera mi portò in una stanza con diverse sedie e una finestra. Mi fece sedere e poi stette con me finché non arrivò mio padre. Lui mi voleva portare a casa ma io insistetti nel restare. Aspettai tutto il pomeriggio su quella sedia scomoda, alzandomi solo per chiedere ai dottori le condizioni di Josh, che però loro non potevano darmi. Alla fine mi addormentai. Ma dopo quelli che mi sembrarono pochi secondi una voce maschile mi svegliò.
-Dov'é la ragazza?- Urlò. -Devo vederla, ha salvato mio figlio.-
Un brivido mi percorse la schiena. Stava parlando di me? Mentre pensavo se la ragazza fossi io o no, nella stanza in cui mi trovavo entrò un signore sulla quarantina con corti capelli castani come quelli di Josh, ma gli occhi erano verdi. Indossava un completo elegante e la barba era ben curata. Mi si avvicinò con passo malfermo e mi abbracciò.
-Hai salvato mio figlio. Non so come ringraziarti. E sei rimasta qui ad aspettare sue notizie tutto questo tempo. - La voce gli si incrinò. - Quando i medici mi hanno raccontato di te non potevo crederci che ti non ti avevano fatto sapere niente. Comunque non preoccuparti adesso Joshua sta bene.-
Il grosso macigno che aveva preso posto nel mio stomaco si dissolse.
-Io non ho fatto niente di ché.-
Lui mi guardò stupito. -Se non fosse stato per te... Joshua... Sarebbe...non sarebbe qui.-
Gli costò molto dire quella frase. Poi si mise a sedere e mi raccontò il perché dell'attacco cardiaco. Overdose da cocaina. Io sapevo che Josh fumava, ma non sapevo che si drogasse. Suo padre disse che lo avrebbe mandato lontano da casa in un centro per giovani tossicodipendenti. Il cuore mi si spezzò. Lontano da casa...lontano da me. Poi disse ai medici che potevo entrare nella stanza di Josh. l'infermiera di prima mi accompagnò lungo un corridoio per poi farmi entrare nella stanza 115. Lui stava dormendo. Aveva molti tubi attaccati alle braccia e fili che spuntavano dappertutto. L'infermiera mi lasciò da sola. Mi avvicinai al letto e gli accarezzai i capelli
-Josh, so che non puoi sentirmi ma io ti aspetterò. Anche se dovessi tornare tra dieci anni. Io ci sarò.- Poi gli diedi un bacio sulle labbra e uscí dalla stanza. Salutai il padre di Josh e ritornai a casa. Per settimane a scuola non si parlò d'altro e tutti mi consideravano un eroina. Il padre di Josh un giorno venne nella nostra classe e ci comunicò che Josh non avrebbe frequentato più quella scuola e che si sarebbero trasferiti. Non sapeva però che tutti coloro che in quei giorni erano "vicini" a Josh, prima dell'accaduto lo avevano sempre evitato. Avevano perfino messo lettere di buona guarigione nel suo armadietto. E quando il padre lo svuotò si commosse. Io ebbi incubi per piú di tre mesi e inoltre Josh mi mancava. Non lo dimenticai mai ma dopo un anno di tormento superai l'accaduto, anche se a volte gli incubi tornavano e la notte dovevo nascondere la faccia nel cuscino per soffocare le mie urla.
Fine flashback
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I'm in love with you
RomanceLa vita di Lily Night é come quella di ogni ragazza diciottenne. Ha sempre condiviso tutto con le sue due amiche Selena e Hannah e con il suo migliore amico Luke. Nel cassetto ha molti sogni tra cui quella di diventare una cantante ed è molto import...