Capitolo 6

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Osservai Altessa sospirare per l'ennesima volta, le mani sottili che le stropicciavano il viso per la noia. Sembrava aver esaurito la pazienza nell'attendere Dante per cena, eppure continuavo a non capire per quale motivo rimanesse con me.

L'avevamo incontrata poco lontano dallo studio del capo. A detta sua era lì per caso, ma dal suo viso colpevole avevamo potuto scorgere subito che non era così. Non avevamo protestato quando si era unita a noi senza nemmeno esplicitarlo. Dante era solo sembrato un po' sorpreso del nostro chiacchiericcio fitto, eppure non aveva proferito parola fino a quando non aveva detto di aspettarlo nel ristorante perché doveva parlare urgentemente con Elijah.

Avrei voluto andare con lui e presenziare alla conferenza che, anche se indirettamente, mi riguardava, ma avevo dovuto ricordare a me stessa che io non ero uno dei pezzi grossi dell'Istituto, e che Dante non mi voleva tra i piedi quando doveva fare una cosa importante. Poco mi interessava. Il mio obiettivo principale era uscire da tutta quella faccenda al più presto possibile, in modo tale che avrei potuto aiutare i miei amici. E se ciò significava non intromettermi, avrei evitato volentieri.

Pensare alla fine di tutto quello mi inquietava, era qualcosa che cercavo di sorvolare, distraendomi con i piani di ciò che avrei fatto poi. L'ipotesi di recidere il legame mi spaventava, era una cosa che il mio corpo ormai non riusciva più a concepire. Ma l'avrei fatto per quieto vivere, per non dover subire più le occhiatacce spezzanti da quel ragazzo e, soprattutto, per poter continuare con la mia vita senza più dipendere da lui. Quello che mi aveva detto in camera era vero, anche se non volevo ammetterlo. Non avevo motivo per stargli vicino.

«Perdonate l'attesa.» Le parole di cortesia di Dante mi colpirono quando lui ci raggiunse, anche se erano rivolte più alla ragazzina che a me.

Altessa non ci lasciò un attimo in pace; spesso le sue domande ci impedirono di concentrarci appieno sulla cena, ma era una distrazione che accolsi volentieri: ero stufa dei prolungati silenzi tra me e Dante.

Di Molly e suo padre non vi fu traccia, ma al termine del pasto la bambina li menzionò, proponendoci di raggiungerli nell'area svago. Rimasi in silenzio, indecisa su come rispondere. Una piccola parte di me era curiosa di visitare l'Istituto e compararlo con il nostro, ma quella che prevaleva, la più ragionevole, si rendeva conto che se volevo che il soggiorno fosse più breve possibile non avrei dovuto perdere tempo o instaurare rapporti con terzi. Non sarebbe stato funzionale, quindi non aveva senso. Inoltre, ero stanca e provata dal faticoso viaggio e dalla lunga camminata di quel pomeriggio, quindi scossi la testa e lasciai rispondere Dante, certa che il suo senso del dovere l'avrebbe obbligato a rifiutare.

Infatti così fu. Ci ritrovammo a separarci da una contrariata Altessa per trovarci soli, diretti verso la nostra stanza che si faceva sempre più incombente e vicina.

Quando arrivammo davanti alla porta, la situazione di completa solitudine tra me e lui si concretizzò, rendendo l'oppressione quasi palpabile nell'aria. Ora non sarei più potuta scappare.

«Vuoi rimanere lì?» mi punzecchiò Dante quando non mi vide entrare. Non avevo idea di quanti secondi avessi passato davanti all'uscio.

Senza rispondere, varcai insicura la soglia, e quando la porta si chiuse alle mie spalle il tonfo rimbombò nel mio cuore.

I miei occhi incontrarono la linea sinuosa che divideva perfettamente in due la schiena di Dante, perlacea e solcata appena da qualche imperfezione che non avevo mai visto prima. Quasi colta da una mancanza nel non riconoscere la sua pelle, coprii rapidamente la distanza tra noi e raggiunsi l'armadio dove stava prendendo una maglietta per la notte.

La mia mano si mosse lentamente verso la più grande di quelle linee frastagliate, che gli copriva quasi interamente il fianco sinistro. Le dita sfiorarono la pelle gelida, l'unica capace di instillare calore in me. Il mio corpo ricordò per me tutto ciò che fino a quel momento avevo voluto obliterare, spingere lontano dalla mia mente per far sì che il pensiero non venisse scovato. Non avevo salvato Dante dagli Orion perché avevamo un legame mentale, ma perché ne avevamo uno a livello emozionale che andava oltre il sovrannaturale.

The Changers - EccelsoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora