Capitolo 1 "Il battesimo del fuoco"

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Wall Rose, anno 850, a cinque anni dalla caduta di Shiganshina.
Corpo d'addestramento reclute,
divisione delle armate della 104esima squadra cadetti.

È indescrivibile il contrasto tra terrore e attrazione che provai nel momento in cui dovetti decidere definitivamente quale strada prendere.
Ammetto che per pochi istanti mi guizzò nella mente di scappare via, poi però si fissò ancora di più l'immagine malinconica che di più mi era stata d'aiuto in quegli anni.
Non sentivo più il bisogno di voltarmi a guardare i volti dei miei compagni poiché il mio cuore mi trainò senza alcun supporto davanti al palco dove, composto e possente, ci scrutava Smith, 11esimo comandante di divisione del Corpo di Ricerca.
Importanti sul suo viso notai i profondi occhi azzurri che contenevano arcani che speravo avrei imparato a conoscere, delle bionde sopracciglia folte per nulla crucciate, tutt'altro, il suo sguardo mi ispirava quasi tranquillità e comprensione e non potevo che essergliene grata in un momento così delicato, labbra spesse e chiare e mascella squadrata.
Per chi non sapesse di che parlo, e vi invidio voi che non ne avete idea, l'esercito all'interno delle mura si divide in tre corpi: di Guarnigione, che si occupa di salvaguardare la popolazione e assicurarsi il benestare di tutti -cosa che, perdonatemi il giudizio influenzato, irreprensibilmente non fa-,  di Gendarmeria, che lavora al fianco del re e ha patti strettamente chiusi col governo e di Ricerca -ovvero noi- che tenta di riconquistare i territori rubati dai giganti o a trovarne nuovi e a proteggere l'umanità da essi.
Tornando a noi però, una sola lacrima solcò il mio volto quando il biondo ci guardò fieramente dicendo di offrire i nostri cuori.
Fui affiancata, improvvisamente, da tutti i miei compagni di addestramento più fidati, entrati come me nella classifica dei dieci.
Al mio fianco il mio migliore amico mi sorrideva notando le mie incontenibili emozioni.
-Sei pronta, Lena?-
Chi sono io? Il nome di sicuro l'avrete appreso proprio adesso.
Posso solamente dire di appartenere al centoquattresimo corpo di addestramento reclute e di essere rimasta interdetta quando, perfino coloro che la notte prima della cerimonia dello scioglimento erano fermi sul voler entrare nella polizia militare, mi avevano affiancato.
Non nascondo che quella sera eravamo tutti su di giri; Eren, uno dei miei migliori amici, aveva come al solito litigato con altri nostri compagni costringendo noialtri a fermarlo prima che il nostro istruttore, Keith Shadis, gli facesse una lavata di capo come consuetudine.
-Nata pronta, Armin-
Presi una gran boccata d'aria mentre nella mia mente un preciso pensiero mi divorava fino alle ossa.
Il castano dagli occhi smeraldo fece un passo avanti fino ad arrivare quasi a toccarci i gomiti, piegati nel saluto militare insegnatoci fin dal principio.
Ci guardammo per pochi secondi negli occhi e ciò bastò per far battere il mio cuore a mille.
Mi diede una gomitata affettuosa che io non tardai a ricambiare, poi entrambi tornammo a concentrarci su ciò che stava per accadere, e io oltre a quello, a qualcosa di ben più importante.
Iniziai a guardarmi intorno, cercando con lo sguardo colui che mi aveva trainato fino a lì per tutto questo tempo. A parte il comandante Smith che continuava a spiegarci cosa avremmo dovuto fare nei seguenti giorni però, non riuscii a intravedere nulla.
Per diverso tempo il mio battito si arrestò, iniziando a sudare freddo e a temere di non riuscire a contenere la smania di intrufolarmi dietro il palco in legno per cercarlo.
Sospirai però, pregando silenziosamente che tutto fosse andato per il verso giusto e ridando massima attenzione alle parole del mio Comandante .

Nei giorni che avrebbero preceduto l'ufficiale arruolamento avremmo preso parte a diverse attività di lavoro umili e faticose, come il controllo delle basi militaresche nel distretto di Trost.
Ci trovavamo sulle mura con un sole cocente a pulire i cannoni quando l'impensabile accadde.
Era dalla notte precedente che non facevo altro che struggermi nell'interrogari su dove potesse essere chi cercavo; era incredibile come potesse essere in grado un semplice pensiero di mandarmi in confusione e farmi scordare il resto.
-Ah!- urlai dopo essermi lasciata scivolare un mattone sui miei stivali, fortunatamente ricoperti di piombo, Armin mi guardò apprensivamente essendo oltretutto l'unico ad aver fatto caso particolarmente alla mia distrazione.
-Ti sei fatta male?-
Mugolai leggermente mordendomi il labbro, mi sedetti sulla grondaia facendo penzolare nel vuoto le gambe mentre il biondo mi copiava.
-Allora?- chiese nuovamente, sospirai.
-Non l'ho visto ieri sera. Forse mi sono solo sbagliata- egli mi guardò comprensivo, nonostante la comprensione non avrebbe mai colmato il vuoto che avevo; mi diede una pacca sulla spalla dicendomi che di sicuro non ci avevo fatto caso, essendo passati molti anni.
Poco dopo giunse Sasha a cui dovetti rimproverare il furto della carne essiccata che prontamente nascose in un barile, successivamente si instaurò un bizzarro dialogo che io, francamente, desideravo iniziare la notte precedente nelle camerate.
-Ehi, Connie, mi spieghi perché alla fine ci hai seguito?- ghignò Eren, facendo sì che io e il biondo ci girammo all'improvviso; Connie storse il viso all'udire quell'irritante domanda, poi disse solo che aveva cambiato idea.
-Dai non prendermi in giro, non dirmi che non ti ha fatto effetto il discorso di Eren, ieri!-
Disse Sasha ricevendo un pugno in testa da Connie per farle abbassare la voce; purtroppo non riuscivo a far uscire fuori nessuna battuta piccata che avevo in mente data la confusione che mi ricopriva.
-Lena, non mi sembravi così contenta, sai?-
Ribadendo il mio completo stato di assenza neppure mi ero resa conto che Eren, inginocchiatosi vicino a me per poggiare dei sacchi, aveva approfittato per attaccare bottone.
Scossi velocemente la testa mentre i nostri volti si erano avvicinati troppo facendomi arrossire improvvisamente.
Presi un respiro per poi ignorare la sua domanda e rimettermi in piedi per continuare il mio lavoro; vidi Eren guardarmi perplesso e poi, come se non fosse successo nulla, seguirmi insieme ad Armin.
-Sono veramente orgoglioso di dirmi un soldato dell'armata ricognitiva-
Disse fieramente Eren, mantenendo lo sguardo fisso sul mio che -distrattamente- puntavo oltre il muro; tutti annuirono, tutti tranne me che, come un qualcosa di universalmente incredibile, oltre al peso al cuore che avevo, cominciavo a sentire un brutto presentimento.
-Ragazzi, avete visto Reiner e Berthold?-
Dissi all'improvviso guardandomi intorno ammiccando ai nostri due compagni di armi, cercandoli sulle altre basi.
-Per ora no. Di sicuro saranno scesi ad aiutare qualche superiore-
Disse alquanto infastidito Eren, non capivo da cosa.
Neppure il tempo di dire qualcosa e rivelare il mio presentimento che un boato potente si prostrò alle nostre spalle, nella direzione in cui guardavo prima.
Ci girammo tutti verso l'orizzonte da dove fece spaventosamente capolino la testa del gigante colossale.
Riaffiorarono alla mente dell'umanità, il terrore di essere assoggettati da quelli, l'umiliazione di essere tenuti in gabbia.
Ingoiai un groppo in gola nel ricordarmi quelle parole che aveva rivolto Armin a tutti noi la prima notte nel dormitorio.
Il panico si diffuse tra tutti noi.
Ecco chi eravamo: carne da macello, come tutti gli altri del resto, solo con un sogno folle e stupidamente incredibile.
Noi, soldati del corpo di ricerca.

•La ragazza dagli occhi grigi. |Attack on Titan•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora