Non senza te.

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Sono ormai passati tre anni. Tre lunghi, lunghissimi anni da quando quella chiamata ha stravolto completamente la tua vita.
Oggi sono esattamente tre anni e, dopo questi tre anni apri la porta di casa tua. Di casa vostra. La casa che avevate comprato in centro a New York dopo aver aperto il tuo studio di danza, dopo il suo primo album.

Nell'esatto momento in cui apri la porta le tue narici vengono pervase dal suo profumo e per pochi millesimi di secondo sorridi, forse il primo vero sorriso sul tuo volto da ormai tre anni.

No, da ormai tre anni e otto mesi.
Perché tre anni fa hai perso lei, ma tre anni e otto mesi fa hai perso lui.

Nei sedici mesi precedenti a quel devastante evento la vostra vita non era affatto stata semplice, ma ogni tanto eri riuscita a vivere dei piccoli momenti di felicità nonostante le condizioni della tua amata.
Cautamente chiudi la porta, quasi come se avessi paura di svegliare qualcuno, e questo pensiero ti strappa una risata amara, e ti lasci cadere sul divano in soggiorno mentre i tuoi occhi scrutano ogni minimo dettaglio della stanza fino a fermarsi sul televisore.

Josey si trovava sul tappeto che tu e Santana avevate acquistato per lui mesi prima della sua nascita e stava giocando beatamente con i lego, giocattoli che tua moglie odiava più di ogni altra cosa al mondo. Forse anche più delle lezioni di spagnolo di Schuester.

Vostro figlio aveva da poche settimane festeggiato il suo primo anno di vita e da qualche settimana in più aveva mosso i primi passi. Avevate organizzato una festa in grande, durante la quale Josey si era estremamente divertito e aveva giocato con Tracy, Caleb e i figli di Will.
Santana, d'altro canto, era rimasta provata da quella festa, purtroppo, nonostante fosse passato un anno dalla nascita di vostro figlio, la depressione di tua moglie non era migliorata affatto, e onestamente tu non avevi idea di come aiutarla.

Mentre Josey era intento a giocare con i suoi lego, tu e tua moglie eravate distese sul divano a guardare un programma in televisione, ogni tanto ti accorgevi che Santana spostava la sua attenzione dal televisore a Josey ma non avevi intenzione di farglielo notare, era qualcosa di nuovo, una reazione nuova e inaspettata da parte sua, e la cosa non poteva che farti piacere.
Avevi iniziato da pochi minuti a accarezzare dolcemente il corpo di tua moglie per farla rilassare quando vostro figlio si era alzato improvvisamente e aveva mosso qualche passo per poi ritrovarsi davanti al televisore, impedendone la visione a voi due.
Tu avevi sorriso fissandolo ma, quando avevi percepito tua moglie sbuffare, avevi deciso di alzarti per spostare Josey affinché Santana non avesse un'altra delle sue crisi.
Tua moglie però si era alzata prima di te e, maledicendoti per le successive ore, mille orribili pensieri avevano invaso la tua mente per qualche secondo.

Santana si era avvicinata cautamente a vostro figlio e da lontano riuscivi perfettamente a notare la rigidità del suo corpo e, nonostante le tue paure, decidesti di lasciarla fare. Tua moglie ti colse totalmente di sorpresa quando sollevò vostro figlio e lo distese sulle sue braccia a pancia in su, affinché il bimbo potesse guardarla. Fortunatamente tua moglie non ti volgeva più la schiena in quel momento e riuscisti a vedere il sorriso che aveva sulle labbra nel guardare Josey negli occhi.

"Ciao mammina." Era stato un lieve sussurro del bambino ma i tuoi occhi avevano immediatamente iniziato a bagnarsi e Santana aveva stretto ancor di più a sé vostro figlio.

"Vita mia." Era stato un altro lieve sussurro, questa volta proveniente da tua moglie, ma delle lacrime avevano iniziato a rigare le tue guance. Santana si era immediatamente voltata per guardarti e i vostri occhi si erano incrociati, anche lei stava piangendo, ma un sorriso enorme decorava il suo volto.

Scuoti la testa e ti alzi dal divano, nonostante quei tre lunghi anni, ancora ti ritrovi a pensare a lei. A loro.

Ti chiedi se riuscirai mai a smettere; probabilmente no. Hai passato tre lunghi anni in giro per l'America, non avevi una meta, non avevi un posto dove andare, ciò che avevi era solo una cosa: denaro. E ciò che volevi fare, ciò di cui avevi bisogno, era dimenticare, era metabolizzare ciò che ti era accaduto.

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