Bambina

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Della me bambina ricordo che ero vivace e sempre alla ricerca di nuove avventure: ero curiosa, e piena di energie. Abitavo in campagna con la mia famiglia, e le mie giornate erano un susseguirsi di arrampicate sugli alberi, corse per i campi e giochi fatti all' aria aperta. Avevo la testa sempre fra le nuvole : così è tutt'ora. Amavo gli animali, in particolare i miei gatti, la musica e leggere libri che mi facevano viaggiare con la fantasia. Non avevo molti amici, anzi, fino alle elementari, nonostante avessi frequentato sia asilo che materna, non né avevo neanche uno, di amico. Semplicemente, non ne sentivo la necessità. Ero talmente tanto presa dai miei pensieri, che tutto ciò che mi circondava veniva oscurato.
Ma forse, in realtà, già da piccola ero inspiegabilmente consapevole che sarebbe stato difficile riuscire a trovare qualcuno che potesse penetrare nel mio mondo interiore.

La mia famiglia si è sempre mostrata un po' a disagio con queste mie caratteristiche : cercavano di farmi restare con i piedi a terra, concentrata sulla realtà e sugli aspetti un po' più pratici della quotidianità. Della vita.
Ma li trovavo terribilmente noiosi, e a tratti me ne sentivo quasi disturbata, così preferivo lasciarli perdere e tornare ad immaginare e sognare nuove ed emozionanti avventure ad occhi aperti.

Sapevo che i miei genitori erano preoccupati per me, e non solo.

Mio babbo, a dire il vero, si sentiva particolarmente infastidito dal mio modo di essere così " svampito", e distratto. Lo metteva a disagio avermi con sé accanto a delle persone, si sentiva come se ci fosse qualcosa in me da dover nascondere agli occhi degli altri.

Lo notai fin da bambina, senza che mi fosse mai stato detto niente.

Ero sensibile, molto. Le emozioni altrui, era tutto ciò che mi interessava del mondo reale.

Mi piaceva notarle, coglierle da un gesto, un sospiro, da un sorriso appena accennato e rielaborarle, cercando di dare loro un senso e una spiegazione che mi apparisse logica e sensata.

Mi piaceva perché era un qualcosa di implicito, di poco chiaro, che per essere compreso necessitava di una buona dose di immaginazione, la quale offriva mille e mille opzioni diverse da esplorare.

Trovavo il mondo interiore delle persone affascinante.

Ma come ho già detto, non sentivo il bisogno di avere amici, e per questo mi limitavo a  memorizzare nella mia testa quei piccoli gesti che, degli altri,  mi avevano incuriosita e affascinata, al fine di usarli prima o poi come  " materiale" per le mie storie.

Allo stesso tempo, quando qualcuno mi si avvicinava, mi mostravo sempre molto gentile e solare. Mi veniva spontaneo.

Non ricordo molto della mia vita finché non entrai alle elementari.

Per ora, sono gli anni che ricordo con maggiore tenerezza e nostalgia.

Vi trovai una persona che mi capiva.  Che era simile a me.

Si chiama Michela.

A pensarci adesso, mi suscita un sorriso ricordare che all' inizio io e Michela non ci sopportavamo proprio.

O meglio, lei non mi sopportava, tanto che finii pure io a prenderla in antipatia.

Questo successe perché, a suo avviso, le stavo soffiando via la sua migliore amica del tempo, Eleonora.
Michela e Eleonora erano, dall' asilo, un duo inseparabile, e il fatto che mi stessi avvicinando a Eleonora, per Michela rappresentava un elemento disturbante che minacciava l' equilibrio del suo unico rapporto di amicizia.

A me Eleonora incuriosiva molto perché sapeva disegnare benissimo, soprattutto i cavalli.

Speravo di imparare anche io ad essere brava come lei, e che lei mi insegnasse come fare.

Aveva destato il mio interesse.

E ad Eleonora piaceva molto essere lodata, ammirata, quindi la mia compagnia non le dispiaceva affatto.

Un giorno, come è facile aspettarsi da due bambine di sei anni, io e Michela finimmo per litigare, lei tirandomi i capelli e io mordendole una guancia.
Era la prima volta che litigavo con un bambino.

Quando non stavo con Eleonora, di solito passavo l' intervallo a parlare con gli alberi del cortile. Gli altri bambini, ora me ne rendo conto, ridevano di me, ma io allora non sapevo che esistessero cose simili. Semplicemente mi piaceva la natura, e mi piaceva particolarmente sentirmi in contatto con questa.
Mi piaceva accarezzare il tronco degli alberi e raccontare loro la mia giornata, i voti presi a scuola, i battibecchi con mio fratello, i buonissimi piatti che mi preparava mia nonna il fine settimana.

Il giorno in cui io e Michela litigammo, il mio intervallo lo passai con lei, entrambe messe a sedere accanto alle maestre, mentre  invidiose guardavamo gli altri bambini giocare in libertà per il cortile.

Quel giorno non parlai con gli alberi, ma se lo avessi fatto, avrei raccontato loro di come all'improvviso inziai a parlare con Michela, e di come da lì divenne mia amica, la prima che abbia mai avuto.

Michela era interessante. Michela era creativa, fantasiosa e aveva un carattere forte e carismatico che si sposava alla perfezione con il mio un po' più timido e recessivo.

Con Michela inventavano giochi e personaggi che ogni giorno ci divertivamo ad arricchire con mille e mille nuovi dettagli, e ci facevano letteralmente sbellicare dalle risate.

E  presto non fui più sola, nella mia dimensione, perché Michela vi era entrata e aveva iniziato a costruirne una nuova dove noi due viaggiavamo insieme, inseparabili.

E Eleonora?

Eravamo diventate un trio.
Io, Michela e Eleonora. E ci volevano bene, tanto.

Ma Eleonora, per quanto tentasse, non riuscí mai ad entrare nel nostro mondo, in quello mio e di Michela.

E non perché si escludesse.
Non perché la mettessimo da parte.

Non ci riusciva e basta, era una dimensione che non le apparteneva e che non aveva nulla a che fare con lei.

Però ci seguiva, soprattutto seguiva Michela, e sia io che  Eleonora pendevamo dalle sua labbra.

Ed io ero felice.

Mi sentivo protetta e accettata da Michela. Finalmente.

Lei era sensibile, forte e coraggiosa.

Ci difendevamo anche l' un l' altra se la maestra ci sgridava ( allora era il massimo atto di amicizia e di coraggio).

E poi, c' era Eleonora che era molto divertente. Era rustica, scontrosa e non si comportava per niente come una femmina. Spesso finiva addirittura per azzuffarsi con i maschi, per gioco, battendoli anche, perché lei era più grossa e forte di loro.

Però, sia io che Michela, notammo in lei qualcosa che, con il passare del tempo, iniziò a suscitarci uno strano sentimento di sospetto e diffidenza.

E più i giorni passavano, più ci rendemmo conto di aver colto qualcosa in lei che non ci piaceva.

Ma ancora non sapevamo cosa fosse e quale nome avesse quel " qualcosa".

Diario e ricordi di una borderline Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora