Patrick trovava nelle stelle una via di fuga alla notorietà della vita, non che la sua fosse noiosa.
Non aveva tanti amici e di conseguenza passava il tempo a pensare, o a guardare le stelle, ma soprattutto pensava. Pensava a cosa banali, come i pensieri razionali e semplici del tipo oggi esco e vado a comprare un libro oppure studierò tutto il giorno perché domani ho un compito importante, insomma, i pensieri che fanno la maggior parte delle persone.
Ma Patrick, in realtà, preferiva guardare le stelle, la sera, seduto in giardino e con una coperta sulle spalle per proteggersi dalla brezza notturna, perché guardare le stelle era meno doloroso e complesso del pensare. Le stelle erano milioni di miliardi, non tutte visibili dalla Terra e tantissime già esplose, rare nuove e brillanti e molte in fin di vita, come una persona che sa di star per emettere il suo ultimo respiro. Era triste per lui pensare che la bellezza che vedeva non era altro che l'esplosione di qualcosa, la fine di una vita per lui era uno spettacolo maestoso, ampio e bellissimo; da bambino pensava che le stelle fossero persone intente ad esibirsi, esseri brillanti e pallidi che danzavano tra di loro nello spazio buio e infinito a ritmo di una musica fantastica che solo esse udivano, come pervase da una scarica di gioia e pazzia allo stesso tempo, finchè non si stancavano e invecchiavano, ferme, fino a diventare supernove. Ma, pensava rallegrandosi Patrick, le stelle nascevano ogni secondo. Pochi attimi, se non contemporaneamente, dopo la morte di una stella, un'altra giovane e pronta a splendere prendeva il suo posto. Poteva danzare con le sue sorelle luminose o rimanere ferma a osservare e riflettere, un po' come faceva lui. La sua vita era così piatta da essere orribile, non era un tipo molto estroverso e di conseguenza si ritrovava sempre solo, nel dover prendere decisioni, nel passare il tempo, nel vivere. Ma soprattutto, senza poterlo ammettere e senza rendersene conto, Patrick soffriva sempre di più, in modo sempre più pungente, era come se le lacrime cadessero calde sulle sue guance, continuamente, senza che se ne rendesse conto. Le stelle, si era ritrovato a pensare qualche volta, erano belle da vedere anche con una persona, che fosse un familiare, un amico o la propria metà, la persona che potesse renderlo più felice di quanto era da solo. Patrick si era pentito tante volte di non averlo mai portato con lui a vedere le stelle, e forse il mondo adesso lo stava punendo, facendolo sentire così attratto da quelle che ora erano le cose che più gli riportavano alla mente il suo amato, colui che lo aveva sempre reso felice di essere nato e che aveva stretto a sé per tanto tempo. Patrick amava le stelle, ma viste da sole perdevano la gioia che avevano dentro di loro, lasciando solo una grande e buia attrazione verso quello che sarebbe potuto essere.Pete non sapeva dove si trovava, cosa era e come ci era finito, lì , ma una cosa la sapeva bene: amava guardare Patrick. Lo osservava la gran parte del tempo che passava in quel luogo così bizzarro e fuori dalla norma, dove essere bianchi e luccicanti, vestiti di soli abiti leggeri come la seta e semplici, saltavano e ballavano mentre una strana melodia proveniva da chissà dove, espandendosi intorno a loro come una cantilena. Più volte era stato invitato, allegramente, a danzare con loro, ma non aveva mai accettato, no, preferiva guardare Patrick. Socchiudeva gli occhi e lo osservava mentre si sedeva tremante sull'erba e guardava in alto, verso di lui, con le gote arrossate a causa del freddo e gli occhiali che luccicavano con il riflesso della luna bianca. Pete sorrideva sempre a quella scena, l'altro era come un bambino curioso che guardava una cosa per la prima volta e ne rimaneva felicemente stupito, per poi tornare di volta in volta per rimanere sempre sorpreso nello stesso identico, e genuino, modo. Era triste quando Patrick non c'era, era tutto buio e lui chiudeva gli occhi, immaginandolo nei minimi particolari mentre osservava chissà così in modo così felice e concentrato. Ripercorreva con la mente i suoi lineamenti un po' tondi ma morbidi e lisci al tatto, la pelle candida e le gote rosse che lui aveva amato carezzare e baciare, tanto tempo prima, il corpo impacciato ma per Pete stupendo di cui Patrick si era sempre vergognato e che l'altro aveva stretto forte e amato con tutto se stesso. Voleva tanto sentire di nuovo la sua voce timida ma allegra, voleva accarezzare o anche solo sfiorare quella pelle liscia e calda, voleva baciare le labbra di Patrick fino a farle diventare rosse e gonfie come le sue, voleva abbracciarlo e mettere il naso sul suo collo, lasciando baci che gli avrebbero fatto il solletico, voleva accarezzare quei capelli dal colore così particolare, un misto tra l'arancione pastellato e il biondo paglia dove Pete amava infilare le dita per accarezzarli. Non sapeva dov'era e non l'avrebbe mai saputo, lui e Patrick erano così distanti eppure così vicini, qualche volta gli sembrava quasi che l'altro lo vedesse e si mettesse a piangere, e questo lo lacerava da dentro come un coltello dalla lama affilata, sentiva un vuoto allo stomaco e sembrava anche a lui di star per piangere. Voleva piangere perché non sapeva dove si trovava, voleva piangere perché si sentiva solo e disperso, nonostante quegli esseri danzassero allegri intorno a lui come se ci fosse stata una festa infinita e tutti dovessero parteciparvi, che fossero felici o tristi, voleva piangere perché non poteva dire a Patrick che lui c'era e non doveva essere triste, ma soprattutto, voleva piangere perché lui avrebbe potuto guardare le stelle con il suo amato, stringendolo forte, ma ora poteva solo pensare a quello che sarebbe potuto essere il loro rapporto se non fosse stato interrotto e il loro amore inevitabilmente spezzato.
A Patrick piace guardare le stelle, e a Pete piace guardare Patrick.
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𝐒𝐓𝐀𝐑𝐁𝐎𝐘
FanfictionDove a Patrick piace guardare le stelle e a Pete piace guardare Patrick