Prologo

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Quel giorno di fine estate rimase indelebile nella sua testa. Era la fine delle vacanze estive, al ritorno a casa e David accompagnò con urgenza Erika in ospedale. "Forse il viaggio l'ha stancata troppo" pensò lui, ma le cose cambiarono drasticamente quando i medici uscirono dalla stanza di Erika e con un'espressione dura gli si avvicinarono per parlargli. «Non le resta molto tempo. Cerchi di fargli seguire una routine piuttosto tranquilla. Nelle sue condizioni sono sconsigliate giornate stressanti». David non capiva e la frase 'Non le resta molto tempo' cominciò a rimbombargli nella testa come un martello da duecento chili. "Forse hanno sbagliato persona" pensò cercando di farsi forza, ma una parte di lui capì che i medici non si erano sbagliati. Era stato lui ad aver accompagnato Erika in ospedale, lui ad aver riferito quei sintomi, lui che l'aveva seguita come un segugio da una stanza all'altra mentre i medici facevano il proprio lavoro, addirittura fin dentro l'ambulatorio, facendosi beffa delle regole ospedaliere. Non riusciva a credere che sua sorella, la sua pazza, eccentrica, vivace, solare ed instancabile sorella potesse stare male a tal punto. La sola cosa che riusciva a chiedere a se stesso era "Com'è possibile?".
Con passo funebre ed il viso cereo entrò nella camera in cui Erika era stata sistemata e una volta aperta la porta la trovò lì, stesa sul letto. Nel sentire lo scatto della porta la ragazza si girò e quando i suoi occhi incrociarono la figura del fratello, come sempre gli regalò uno dei suoi sorrisi migliori e un paio di occhioni brillanti per la gioia. «Cos'è quell'espressione? È solo un calo di pressione, nulla di cui preoccuparsi!» gli disse con un tono allegro, come se nulla fosse accaduto. Come avrebbe voluto David che tutto quello fosse vero! I medici però erano stati piuttosto risoluti con lui e anche se non si erano dilungati nei dettagli della diagnosi – probabilmente perché convinti che lui sapesse –, era chiaro che non si parlava di un banale calo di pressione. Purtroppo però, il suo aspetto tradiva la sua età. Aveva solo diciassette anni ma era piuttosto comune scambiarlo un ragazzo ben più maturo. Era forse questa la ragione per cui i medici avevano tenuto con lui un atteggiamento tanto severo? Se avessero saputo, avrebbero sicuramente tentato di addolcire la pillola.
David abbassò il capo con espressione cupa. «Non mentirmi! Non sono più un bambino e non devi più proteggermi, quindi dimmi la verità Erika!» rispose senza esitazioni. Risollevò poi il proprio viso e non appena finì di parlare le sue labbra si serrarono, immobili in una linea diritta e dura mentre i suoi occhi verde speranza diventavano lucidi, ad un passo dal riempirsi di lacrime. Alla vista di quello sguardo triste e spaventato, Erika si sentì morire. Per tutta la sua vita non aveva fatto che proteggere il proprio fratello da ogni dispiacere, ma come poteva farlo se ora era lei la causa del suo dispiacere? «E va bene...» disse la ragazza, tirando poi un lungo sospiro e cercando di rimandare indietro le lacrime che stavano già facendo capolino anche dai suoi occhi. Doveva tenere duro, doveva mantenere la sua lucidità, doveva farlo per la sola persona a cui teneva veramente. «Circa sei mesi fa i medici mi hanno diagnosticato un cancro» rivelò lentamente. «Un... Un cancro? No, non è possibile! Tu sei perfetta, sei giovane e sei tutto quello che mi rimane. Non può essere!» disse cercando di mantenere la calma, ma il tono della voce tradì David più di quanto lui stesso avrebbe voluto. Una volta tanto voleva essere lui quello in grado di proteggerla, ma le emozioni che stava provando erano tanto forti da farlo sentire impotente, facendolo fallire nel suo tentativo in maniera inesorabile. Con voce oramai rotta dal dolore, Erika gli implorò: «Ti prego, non odiarmi. Se avessi potuto avrei fatto qualunque cosa per restarti accanto. Ho ancora molto da lottare per far sì che questo accada e per il maggior tempo possibile». Davanti alle lacrime liberate dalla ragazza, David si precipitò a sedersi sul letto, le prese la testa tra le mani e con i pollici le accarezzò le guance. «Odiarti? Come potrei mai odiarti? Per tutta la nostra vita ti sei rimboccata le maniche, hai rinunciato a tutto pur di darlo a me. Mi hai protetto, mi hai difeso, sempre contro tutti» tentò allora di rassicurarla. Benché le sue lacrime fossero ad un passo dal venir fuori, David con ogni mezzo s'impegnò a tenerle lì dov'erano, perché se c'era un momento in cui poteva ripagare sua sorella di tutto quello che aveva fatto per lui, era proprio quello. La strinse forte a sé, in una morsa che non lasciava spazio a nulla che non fosse il loro affetto. Non riusciva a lasciarla andare, come se la sentisse scivolare tra le proprie dita.
Quello divenne il loro rituale della buonanotte: un abbraccio in cui esprimevano senza barriere tutto ciò che sentivano, credendo che questo sarebbe bastato per attenuare la solitudine dei giorni cui sarebbero stati divisi.

Io & Voi:

Ciao a tutti, è la prima volta che tento di scrivere un libricino tutto mio. In realtà era un po' che non scrivevo, anni fa scrivevo poesie, canzoni mai realizzate, lettere mai consegnate, insomma la scrittura era proprio radicata in me. Crescendo ammetto di aver accantonato un po' la cosa, forse anche perchè nessuno poi mi considerava così tanto o condivideva comunque questa mia passione. Oggi ho deciso che era il momento di riprendere anche se con una casa sempre in disordine, una 4enne dispettosa, un pupa di 6 mesi tutto pepe, una gatta che mi fa da padrona e un compagno petulante, non sarà facilissimo, ma prometto d'impegnarmi per aggiornare un capitolo, ogni volta che mi sarà possibile, ma la costante fissa sarà quello di ALMENO un capitolo a settimana. Intanto fatemi sapere cosa pensate di questo prologo.

Mi dispiace per la lunghezza, però io quando scrivo mi perdo.... ^3^

CAPITOLO REVISIONATO. 21/10/2018

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