Prologo.

179 26 14
                                    

L'oscurità non guardava in faccia nessuno, neanche se si fosse dovuto trattare di un angelo così -a detta sua- schifosamente buono.
Si guardava intorno: clacson, schiamazzi e festicciole erano i padroni della città.
Era tutto così monotono.
Il vociare della gente, sotto al suo balcone, gli dava sempre più fastidio.
Un'altra nuvola di fumo si sprigionò dalle sue labbra.
Era stanco di vedere tutto grigio, di non riuscire a dare una sfumatura alle sue giornate.
Pensava. Pensava a come avrebbe potuto cambiare le cose.
La testa non faceva altro che pesare, troppi pensieri, di quelli che ti fanno affondare nel più profondo degli abissi. Pian piano, percepiva profumi e voci che, però, furono solo frutto della sua mente ormai malata e confusa. Cercava di urlare, di dimenarsi, ma nessuno sembrava sentirlo. Eppure, era sicuro di aver gridato per davvero.
Solo più tardi si accorse che nessuno era in grado di salvarlo, di udire le sue suppliche di portarlo in superficie.
Spense la sigaretta a terra.
L'aveva stracciata come gli altri avevano fatto con la sua anima.
Era impassibile, senza emozioni.
Sembrava l'inizio di un film horror e la fine della pace, che fino a quel momento aveva regnato, nell'intera città.
Perché si sa, un demone porta terrore, confusione e caos.
Ma quello che non si sa, invece, è che persino in quegli esseri mostruosi c'è del bene.
Un bene che non si può spiegare a parole.
Perché, il silenzio, non è altro che una grammatica perfetta. Esattamente come gli sguardi.
Ed il suo diceva tante cose.
Forse, troppe.

heart of feathers | IramaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora