Scrosciano le foglie secche cadute calpestate dal suo anfibio nero.
Total black anche questa volta.
Il parco ora, era il suo luogo di riferimento.
Le nuvole erano candide nel cielo blu, lo macchiavano della loro tristezza. Batuffoli di cotone senza un identità.
Il loro lamento era così percettibile, un sibilo, quasi un sussurro.
Un tuono improvviso, una luce.
E poi il buio.
Che fine ha fatto quell'immenso firmamento?
Tutto era scuro, non c'era più colore.
Lui e i suoi pensieri sovrastavano persino uno tsunami, così disastrosi.
Si era promesso di uscire più spesso, di svagarsi, ma niente era paragonabile a quello che per se stesso significava divertirsi.
Aveva una concessione della felicità ben diversa da quelli della sua età, ancora troppo stupidi -secondo lui- per dare un senso ai giorni.
Anche se, a volte, era costretto a dare loro ragione.
Nulla ha senso.
Nulla, senza amore.
Senza quel sentimento che ti prende e ti divora dall'interno. Quello che, è in grado di far nascere delle insignificanti farfalle dentro lo stomaco.
Insetti? Perché?
Dentro allo stomaco ci poteva essere ben altro.
Fiori, con i loro immensi petali fragili che, solo a sfiorarli si rischiava di spezzare.
Gocce di pioggia cadevano, picchiando con violenza il terreno per poi aggregarsi alle altre in una pozzanghera innocente.
Alzò lo sguardo, stava cercando quei 'fiori' che tanto avrebbe voluto anche lui avere dentro di se.
Solo spine, la rosa non c'era.
Gli occhi caddero su alcuni bambini, intenti a saltare dentro a delle pozze d'acqua con i loro impermeabili gialli e stivaletti di gomma.
Ridevano.
Saltavano.
Sorridevano.
Cercò di inarcare le estremità delle labbra, ma tutto inutile.
Il sorriso era così difficile da trovare. Cercava continuamente una ragione per farlo, ma qualcosa glielo impediva. Un blocco, come se un muro invalicabile si fosse piazzato davanti al suo cammino.
Si fermava a guardare la pioggia che cadeva e ad ascoltarne il suo rumore, si mise comodo, su una panchina sgangherata in legno antico, circondata da erbacce e asfalto bagnato, guardò il paesaggio oltre i suoi occhi per cercar di catturarne la freschezza e la bellezza.
Si perdeva nel guardare le gocce che si aggrappavano ai vetri delle auto e delle vetrine tentando di resistere alla gravità e nel vederle cedere per scivolare giù velocemente, segnando percorsi e figure. Scivolavano l'una dopo l'altra, ogni tanto tentavano ancora di resistere, ma non potevano, dovevano sottomettersi a questa grande forza della fisica.
Già, la fisica, una scienza esatta.
Ma come poteva lui parlare di materie, quando non aveva neanche terminato il percorso di studi come voleva la sua famiglia?
Una risposta tardò ad arrivare nella sua mente, i pensieri erano a giocare tra di loro ad una partita che non sarebbe mai finita ma che, l'unico che ne usciva sempre con qualche parte di se spezzata, era lui.
Lui che si fermava qualora scorgesse qualcosa che gli ricordava qualcuno.
I vestiti, ormai fradici dalle lacrime del cielo, gli si appiccicavano sulla pelle biancastra aderendo perfettamente a quest'ultima.
La usava come corazza, come un piccolo strato di coraggio e di forza che lo avvolgeva.
Correva e correva, mentre un altro tuono ruppe il silenzio della città. Un brivido gli percorse la schiena. Scappava dalla realtà per entrare nel suo mondo. I sognatori, troveranno sempre un posto in cui viaggiare.
La pace, forse, l'aveva trovata.
Solo più tardi si rese conto, che le sue speranze erano solo fondate.
Le anime risucchiate dal dolore, come potevano trovare un briciolo di tranquillità nella loro piccola vita?
All'improvviso entrò al sicuro, al riparo da tutti, nella sua auto anch'essa nera.
Pure lei era maledetta.
Iniziò a tirare pugni sul volante cercando un modo per scaricare sulla vettura, tutto il male che lo abbracciava continuamente.
Era sul punto di gridare, gridare per davvero.
Cercava disperatamente aiuto dalle sue tenebre, dal suo inferno. Dante era diventato il suo migliore amico.
Poi i suoi occhi inscuriti da un senso di oscurità, incrociarono un paio nocciola davanti a se.
Le braccia caddero a penzoloni su sedile, le labbra dischiuse leggermente ed il cuore che pian piano prendeva un ritmo irregolare.
Capelli neri circondavano un viso sconosciuto, non pienamente visibile per la luce dei lampioni che sempre di più, lo accecavano.
Si persero contemporaneamente in mondi diversi, negli occhi, ne gesti.
Passarono secondi, forse minuti, forse ore prima che lei superò definitivamente la vettura di lui.
Seguì con lo sguardo la camminata leggiadra, ed elegante della ragazza, completamente sotto shock.
Una bellezza magistrale gli asfaltò il cuore, un senso di purezza e fragilità gli invase il corpo.
La sua stabilità era a rischio.
Il respiro corto, una storia così surreale da credere. Estrasse dalla tasca il pacchetto di sigarette e con la mano tremante ne prelevò da esso una.
Altro fumo lo circondava, il suo cuore si spense di nuovo, la voce si fece flebile.
Il respiro tornava normale. Altra merda entrò nel suo corpo, nel suo essere.Giuro l'ultima mia sigaretta
guarda la spengo pure già a metà
come la volta che ti ho detto
mentre eravamo a letto
che ero stufo della tua normalità
lo giuro smetto di fumare
lo giuro sulla mia famiglia ma
è come quella volta che ho promesso
come le altre cento
di scordarti per l'eternità
non sono buono a fare le promesse
ma non lo sono neanche con me stesso
e tantomeno a mantenerle quando l'unica richiesta che mi hai fatto è solo un po' di tempoUna melodia così spontanea, malinconica.
Una poesia di un poeta ormai fottuto.
La sua mente non cancellava neanche il più piccolo dei dettagli.
I ricordi di un amore bruciato, quasi malato, vacillava tra una scia di sangue versato fino a ridursi senza forze.sono un casino l'ammetto
siamo un casino stupendo
due rette parallele che non credono al destino scelto
siamo vivi, siamo solo vivi
io e te
quando respiriamo l'alcol della notte
quando farlo ovunque ci fa essere più vivi
solamente vivi
con me
lasciati scalare come un pianoforte
voglio gli occhi dell'invidia solo su di noi
non serve fare piano, non servono dei pretesti
stringiamo il mondo a tal punto da fargli perdere i sensi
da farci perdere pensi che troveremo una strada
una macchina a fari spenti
una storia senza una trama
due vite che non rallentano al bordo di una cascataAmmetteva a se stesso ogni male, ogni urlo, ogni pugno tirato contro le ante dell'armadio, come per lottare contro i suoi sentimenti.
Aveva promesso di non innamorarsi più, ma il cuore non accettava i suoi ordini.
L'amore aveva preso il sopravvento, e lui non riusciva a sprigionarlo come avrebbe voluto, tant'è da farlo diventare una preda.ma ormai che ho già perso tutto di te
scomparire in un lampo
come cenere e pianto
poi cercarsi di nuovo senza fine
è una vita che siamo qua
a metà
provo a dirmi che
tornerai da meÈ vero, quel sentimento sarebbe tornato.
Il cuore prima o poi avrebbe cominciato a pulsare sangue buono, sangue vero.
Ma esattamente quando sarebbe stato il momento?
Quanto tempo sarebbe servito ancora, affinché quel demone diventasse un angelo puro, dalle ali bianche e morbide?
Lui era lì.
Accese la macchina, istanti di vita gli bucarono ulteriormente il cuore.
La merda vissuta in precedenza era tornata più viva che mai.
Oh dolce libertà, quando tornerai da me?
STAI LEGGENDO
heart of feathers | Irama
Fiksi PenggemarIl buio. Un incredibile vuoto nella gabbia toracica ed un caos nella testa. Il mondo sarebbe cambiato, le vite sarebbero mutate al suo arrivo. Un demone, un angelo andato a male, era approdato violentemente sulla terra alla velocità di un innocent...