Non aver paura

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//Attenzione
Questa è una mia vecchia storia che ho levato tempo fa da wattpad. L'ho revisionata e sistemata un po. Alcuni di voi già la conosceranno, per altri sarà nuova

Caleb non capiva. Aveva da poco litigato con Jude. Si erano fidanzati da circa un anno. E quel giorno il rasta era strano, continuava a chiedergli che giorno fosse, finché non si è rotto il cazzo. Hanno iniziato a litigare, e il castano ancora non capiva che giorno era, da essere così speciale per Jude. Non era il suo compleanno, né un anniversario particolare. Si sbagliava, e lo capì quando, entrando nella sua stanza, vide sul calendario quello stesso giorno segnato in rosso con una scritta. Era il loro primo anniversario e se n'era scordato completamente. Jude aveva fatto bene ad arrabbiarsi, ma Caleb non gli avrebbe chiesto scusa. Anche il rasta aveva sbagliato perché, invece che urlargli contro, avrebbe potuto dirgli semplicemente ricordarglielo. O almeno, avrebbe potuto risparmiarsi alcuni degli insulti pesanti che gli aveva detto. Perché alcuni di quelli gli avevano fatto davvero male. Avevano sbagliato entrambi, ma nessuno avrebbe chiesto scusa.

Caleb era steso sul letto, con le cuffiette nelle orecchie, ad ascoltare la musica. Era perso tra i suoi pensieri, ma ad attirare la sua attenzione furono delle gocce d'acqua che sbattevano sulla finestra una dopo l'altra. Il ragazzo si tolse le cuffie, avvicinandosi alla finestra e notando che stava piovendo a dirotto. E c'erano davvero molti tuoni, anche belli forti. La sua mente andò subito verso Jude, pensando che il ragazzo avesse paura dei rumori forti, e i tuoni non erano esclusi.
«Cazzo...» mormorò il castano.
Devo andare da Jude pensò subito, ma con quel tempo uscire sarebbe stato da pazzi. Ma ehy, lui un po pazzo lo era. Prese la giacca e si mise il cappuccio in testa, correndo verso la casa del suo ragazzo. Quando arrivò, busso varie volte.
«JUDE APRI QUESTA CAZZO DI PORTA!» urlò. Niente. Nessuna risposta. Iniziò a chiedersi perché fosse lì, dopo ciò l'altro gli aveva detto. Gli tornò in mente un insulto in particolare.
"Caleb, vaffanculo. Sei solo un vandalo cretino e senza cuore"
Il punk fece una smorfia oltraggiata.
«Tu mi credi un vandalo senza cuore... E io sarò come mi descrivi» mormorò a denti stretti, tra sé e sé, allontanandosi il più possibile dalla porta d'ingresso. Fece un bel respiro e prese la rincorsa, dando una spallata e sfondando la porta. La rimise in piedi come meglio poteva, poi si diresse verso la camera del rasta. Non raggiunse nemmeno le scale, che si fermò vedendo che il ragazzo stava nella sala da pranzo sotto il tavolo, le mani sulle orecchie. Era pietoso, a parer di Caleb, ma anche tenero e fragile. Gli si avvicinò piano, senza fare rumore.
«Basta tuoni...» stava mormorando Jude.
«C-Caleb...»
Il castano non credeva alle sue orecchie. Dopo tutto quello che gli aveva detto quella mattina, in quel momento lo chiamava perché aveva paura. Si inginocchiò davanti a lui, notando tramite gli occhialini che avesse gli occhi chiusi, e sospirò. Mise le mani sui suoi polsi, facendogli aprire di scatto gli occhi, e gli allontanò le mani dalle orecchie.
«C-Caleb... C-Che ci fai q-qui...?»
«Noto che sei felice di vedermi eh?» commentò sarcastico il castano, facendo uscire Jude da sotto al tavolo.
«C-Come sei entra-» stava per chiedere, ma venne interrotto da un tuono. Si fiondò tra le braccia del suo ragazzo, che lo strinse prontamente a se. Lo prese in braccio, sentendolo tremare, e lo portò nella sua stanza. Lo fece sedere sul letto e guardò fuori dalla finestra. Quel temporale sarebbe durato ancora per molto. Un altro tuono fece sussultare Jude. Caleb stava cercando un modo per aiutarlo, odiava vederlo così. Odiava essere impotente.
«C-Caleb...» mormorò nuovamente il rasta, e Caleb si stupì nel sentire come la sua voce fosse incrinata. Gli levò gli occhialini, vedendo che aveva gli occhi lucidi. Si ricordò in quel momento di avere ancora l'MP3 in tasca, quindi ne approfittò.
«Jude guardami, mh? So che il genere di musica che ascolto io ti fa cagare, ma è l'unica cosa che posso fare al momento. Chiaro? La musica sovrasterà il rumore dei tuoni»
Jude annuì, mentre Caleb gli metteva le cuffiette nelle orecchie. Mise play, e poi andò ad aprire un cassetto. C'erano alcuni dei suoi vestiti. Aveva il brutto vizio di restare a dormire a scrocco e di non avere mai il cambio, così Jude si era attrezzato. Si cambiò, visto che era fradicio, e passò una sua maglia al rasta che si era bagnato quando l'aveva abbracciato. Si cambiò anche lui, tenendo sempre la musica a palla. Caleb gli si sedette accanto e appoggiò la schiena contro il muro, poi tese le braccia verso Jude che lo abbracciò, sedendosi in braccio a lui. Il castano gli levò la coda, così da potergli accarezzare i capelli. Il rasta nascose il volto nell'incavo del suo collo, imbarazzato per la perfetta figura da bambino che aveva fatto. Ma in quel momento gli importava di stare con Caleb, e basta. Ispirò il suo odore, che amava, e mormorò un ringraziamento. Al castano sfuggì un piccolo sorriso, e gli lasciò un tenero bacio tra i capelli.

Restarono così per più di due ore, e quando finalmente il temporale smise, si erano fatte le undici di sera. Caleb levò le cuffie dalle orecchie di Jude che si staccò da lui.
«Mi dispiace... Stamattina ti ho detto cose orribili e tu sei comunque venuto da me perché sapevi che avevo paura... Non avrei dovuto dire quelle cose...» disse in un sospiro il rasta. Sapeva di aver esagerato, aveva perso un po le staffe. Caleb, in risposta, lo baciò.
«Non importa. Infondo mi sono dimenticato il nostro primo anniversario»
Jude lo guardò, annuendo.
«Resto a dormire qui visto che è tardi sia chiaro» disse poi il castano, incrociando le braccia dietro la nuca. Non che l'orario fosse realmente un problema, era abituato a camminare in giro per strada anche dopo mezzanotte. Jude lo sapeva, per questo gli sfuggì un sorrisetto divertito.
«Mi sta bene»
«E comunque, nonostante tutto ciò che ci siamo detti stamattina... Ti amo comunque»
E Jude perse un battito. Non si erano mai detti di amarsi prima di quel momento, e non potè essere più felice. Lo baciò, sussurrandogli sulle sue labbra un "Anch'io" che sarebbe durato in eterno.

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