2. Caro Iuppiter

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Iuppiter,

quest'anno ti scrivo in anticipo, prima di Ianuarius e del giorno che per mia volontà da ormai due anni è salutato con grande gioia nei territori di Roma, quello che dà vita a un nuovo ciclo di mesi.
Sto parlando – e so che lo sai bene, sommo Giove, tu che tutto conosci e tutto governi – del primo giorno di Ianuarius, in cui ogni romano si reca a casa dei suoi più cari amici per festeggiare una nuova vita pronta a nascere nei mesi a venire, e porta in dono frutti odorosi e strenae, ramoscelli colti nella Via Sacra per augurare felicità duratura a chi ama.

Sai che è mia abitudine scriverti, la notte precedente a quel giorno solenne, per affidarti i miei desideri per il nuovo anno, assieme alle riflessioni su quello appena finito, tra sconfitte, problemi, speranze e nuove conquiste.

Eppure, dopo la scorsa notte passata insonne, ho deciso di scriverti già ora, alle prime luci di questa tenera alba romana che mi coglie rosea e pallida mentre – con lo stilo tra le dita e una tavoletta sulle ginocchia che si lamentano per il freddo – guardo il mio giardino, cercando di cacciare dalla mente le immagini dei miei incubi.

Ho sognato la mia morte, pater.

Ho sognato gli uomini che mi uccideranno, il luogo in cui mi toglieranno la vita, il mio sangue che si spargerà sui pavimenti del Foro e sulla mia patria tutta.

Ho visto la Curia, il luogo benedetto in cui Roma è nata, è cresciuta e si è fatta strada nel mondo grazie alle decisioni di uomini retti, giusti, misericordiosi. Ho percepito lo spirito del mio popolo aleggiare attorno a me, mentre sedevo sullo scranno in attesa della seduta.
Ma poi sono giunti attorno a me volti di ogni tipo: volti noti, volti amati, volti che so mi odiano – ma che io ho sempre rispettato, civites pari a me e per me onorevoli – e volti che io stesso odio ma ai quali nulla ho mai fatto di male.

E poi ho sentito i miei stessi rantolii, il rumore di mille coltelli che sgusciavano da sotto le toghe. Ho visto mani romane – mani del mio popolo, dei miei pari – cercare la mia pelle: mani callose, mani levigate dalle schiave delle terme, mani giovani e mani cosparse delle macchie scure che la vecchiaia porta con sé. Le lame affilate hanno sfregiato e aperto, squarciato la mia carne, irrobustita dal sole delle campagne militari di questi anni. Dalle ferite sono fuoriusciti fiumi di sangue rosso scuro, denso, appiccicoso, sangue di soldato, sangue di uomo. Un liquido carminio, corposo, che è rotolato inerme sotto i miei piedi, tra i sandali di cuoio dei miei assassini, giù dai gradini della Curia, lasciando dietro di sé una scia del colore della porpora, fino ad arrivare nel Foro di Roma, la mia casa, il mio regno, il mio popolo che amo così tanto.

Stamattina, appena sveglio, ho capito: ho sognato la mia morte, Giove.

Ho sognato la mia morte in un tenero giorno primaverile, con un venticello tiepido a riscaldare le prime gemme sbocciate sui rami degli alberi. Erano le Idus Martii, le Idi di Marzo, una delle feriae Iovis – i giorni di festa in tuo onore – che ti dedichiamo ogni mese.
Ho sognato la mia morte per mano della mia stessa città, della mia stessa vita.
Ho sognato il mio più grande timore: essere ucciso per ciò che di buono sono riuscito a fare finora.

Perciò, o potente Giove, quest'anno non esprimo desideri di conquista, non ritorno sui miei errori o sulle glorie che sono riuscito a ottenere nei mesi passati. Quest'anno non annuncio nulla, non desidero quasi nulla, non ripenso a nulla.

Quest'anno chiedo soltanto la tua intercessione. Ti chiedo di risparmiare la mia vita, almeno per qualche tempo ancora. C'è tanto da fare, da conquistare, da riordinare, per questo splendido popolo che fino ad adesso mi ha sempre affiancato con immenso coraggio.

Non permettere ai miei detrattori di uccidermi in uno dei giorni che io stesso ho dedicato al tuo culto, alla tua memoria.
Non cancellarmi da questa terra che tanto amo, o Giove.
Permettimi di vivere.
Offrirò sacrifici in tuo onore, da qui al nuovo anno, affinché tu mi ascolti.

Vale,

Tuo devoto
Gaius Iulius Caesar

Chiocciole scribacchine || #chioccioLABDove le storie prendono vita. Scoprilo ora