PROLOGO.
Ci sono tanti modi per soffrire, ma nessuno parla mai delle persone cui diamo la colpa. Non ci sono storie che raccontino di queste, perchè la maggior parte di noi preferisce sentirsi vittima. Non so bene come iniziò tutto, ma un giorno capii di non far parte di quella categoria. A volte ti svegli, e improvvisamente sei diversa. Mi sono sempre posta mille domande fin da piccola. Volevo capire perchè mai le sorellastre di Cenerentola continuassero ad essere così perfide, e mi chiesi se il motivo fosse, che non erano felici. Oppure perchè mio padre continuasse a picchiare mia madre, fino a farla sanguinare. E la verità è che nessuno ha mai chiesto a queste persone, cosa sentissero dentro di loro. Forse perchè molte preferiscono non parlarne. E' più facile mettere il male che sentiamo dentro nelle cose che facciamo, piuttosto di dargli una spiegazione. Gli altri sono sempre tanto bravi a giudicare. Le persone crudeli cercano la via di fuga più rapida. Fanno in modo di farsi odiare, perchè se soltanto qualcuno si creasse un' aspettativa nei loro confronti, crollerebbero. Io non leggo nei loro occhi l'odio, ma semplicemente, il dolore.
CAPITOLO UNO.
Sono alla stazione. Attorno a me c'è un via vai di persone, che neanche mi vede. Hanno tutti destinazioni diverse, ma quando li guardo so per certo che ognuno di loro ha la sua direzione. Nessuno viaggia senza una meta, e se ci penso, nessuno continua a vivere se si sente perso. E' questo quello che fanno le persone senza uno scopo, si fermano. Ci sono tanti tipi di fermate nella vita, e scommetto di non conoscerli nemmeno tutti. Io sono stata persino banale, ho fatto come tanti altri. Mi sono tenuta appresso la tristezza, e non ho fatto niente per combatterla. C'è qualcosa di così maledettamente ricercato nel masochismo. A volte inizio a credere che il dolore sia la linfa del nostro corpo. Ne assorbe ogni singolo pezzo e ce lo sentiamo scorrere nelle vene. Come un fiume in piena, che tenta di straripare da un momento all'altro. Avevo 12 anni quando provai la prima sigaretta, e fin da subito capii che non era l'eccitazione nel fare qualcosa di proibito, a spingermi. Era come una ricerca irrefrenata di qualcosa che alleviasse ciò che avevo dentro. Un rimedio che potesse sistemare la mia vita, o anche solo me stessa. Il mio primo pacchetto di sigarette lo comprai due mesi dopo che provai. Non andavo in giro a vantarmene. Ricordo che facevo particolarmente attenzione che gli altri non lo vedessero. A 13 anni fumai la prima canna. La mia vicina aveva dato una festa. Aveva quantità industriali d'erba nascosta nel reggiseno e sotto il materasso. Mi guardò sorridendo, pensando di avere tutto l'oro del mondo. E io le credetti, perchè ne avevo bisogno. Dopo quella festa, ricordo che i suoi amici iniziarono a salutarmi in modo diverso. Non ero più la ragazzina che tutti loro avevano creduto. Di colpo ai loro occhi crebbi, e finii per crederci anch'io. A quella festa ero stata invitata per caso, Beatrice era più grande di me di qualche anno. Da piccole passavamo molto tempo insieme, finchè la differenza d'età ci aveva portato a prendere strade diverse. Eppure non mancava mai a salutarmi, era sempre la prima a sorridermi. Quella volta semplicemente mi trovò sulle scale del nostro condiminio, e scelse di chiedermelo. Non immaginavo che quell'invito avrebbe per sempre cambiato chi fossi. Iniziai a frequentare i suoi amici, e gli inviti a casa sua passarono da due volte al mese, a tutti i giorni. Ci ammucchiavamo nella sua stanza, mentre Giordie e Fra' montavano le canne. Io mi sedevo sul letto, e guardavo le loro mani contorcersi e rollare le cartine. Lo facevano meccanicamente, come se fossero nati rollando e fumando erba. Le prime volte era imbrazzante per me, stare con loro. Avevo 13 anni, mentre loro ne avevano 18, e avevano tutta l'aria di essere davvero troppo per me. Ma nel giro di poco tempo, mi accettarono tutti quanti nel gruppo. Anzi, mi dedicavano mille attenzioni, proprio perchè ero la più piccola. Fra' , si accertava sempre che nessun ragazzo in zona mi desse fastidio. Giurava che se avesse visto qualcuno mettermi le mani addosso, lui non ci avrebbe pensato due volte a tirargli un cazzotto e spaccargli il setto nasale. Francesco era come un fratello per me. Poi c'erano Giordie, Jessica e Simone, che non smettevano mai di farmi ridere, e di darmi i loro consigli su qualsiasi cosa gli chiedessi. Jess non la smetteva mai di regalarmi magliette. Avevo più vestiti suoi nel mio armadio, che miei. La mia adolescenza è iniziata da loro, e tuttora continua così. Con loro non mi sento mai sola. Sono quei tipi di persone che ad uno sguardo, riescono a capire come ti senti. Fumare le canne incessantemente è stata la mia prima fermata nella vita. Credevo di avere qualcosa di magico dentro, quando aspiravo. Era bello poter azzerare i pensieri, e non capire niente. La seconda fermata della mia vita è il posto cui mi sto dirigendo adesso. Dietro alla stazione, in fondo all'ultimo binario, stanno seduti su una panchina scarabocchiata, degli altri amici. In mano hanno Limoncello, Vodka e Rum. A quella vista inizio a sorridere, sicura di essere nel posto giusto. Ho iniziato a bere da circa 4 mesi, quando le canne avevano iniziato a stancarmi e sentivo il bisogno di conoscere qualcosa di nuovo. A dir la verità è stato uno dei modi peggiori per soffocare la tristezza che avevo dentro. All'inizio ero convinta che se avessi cominciato a bere come mio padre, avrei capito perchè si comportasse in quel modo. Poi però ho capito che non è servito a niente e che adesso ne sono semplicemente dipendente. L'alcool non è come fumare erba. L'alcool ha un modo immediato di travolgerti. Mi fa sentire bene, è un piacere simile al sesso per altri, qualcosa che però gira attorno al tuo corpo, e non il contrario. Mi concedo alla vodka con un misto di eccitazione dentro, che rende tutto così alterato. Quando bevo la mia mente segue un suo corso di pensieri, lo stesso che il mio corpo segue come può. Quando siamo razionali, spesso la mente prende il controllo, e ciò si oppone a quello che vorremmo fare. Quando beviamo invece, mente e corpo ragionano e agiscono nello stesso istante. In una coordinazione di pensiero e di desiderio che è impossibile riproiettare nella realtà da sobri. E' questo che mi piace: sentirmi libera. E' contraddittorio trovare nella propria dipendenza una forma di libertà, ma è questo l'effetto che mi dà. Certe sostanze ci danno sensazioni talmente forti, che dimentichiamo quanto siano loro a sottometterci. Monica e Kevin mi salutano facendomi cenno con la mano. Federico mi si avvicina baciandomi sulla guancia, e riesco a sentire nel suo alito traccie di alcool. -Avete iniziato a bere senza di me, stronzi? - gli domando, e loro lanciano qualche occhiataccia a Federico. Poi ognuno di noi prende una bottiglia in mano, e cominciamo a scolarcele insieme.