Capitolo IV: Incubo

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Mi lasciai alle spalle la porta, insieme al mistero di quel 'qualcosa' che mi ha fatto del male.

Dolore...

"Cazzo, fa ancora male!" pensai tra me e me, stringendo la maglietta all'altezza del petto, curvandomi e stringendo i denti dal dolore.
Arrivai in cucina, tutti erano ai loro posti, come ogni cena.
"Marco, succede qualcosa?" mi domandò mia madre, vedendomi in quello stato 'pietoso'. "È da prima che ti vedo strano" continuò a domandare mio padre. Li guardai in viso e cercai di riflettere sulla situazione:

come potevo mai giustificarmi?

"Beh, Marco, non potresti dire ai tuoi genitori 'un qualcosa invisibile mi ha terribilmente colpito in pieno petto', cerca una scusa!" continuai a pensare tra me e me, mentre li fissavo negli occhi.
"Ho solo dormito male, non preoccupatevi!". Cercai di non tirare per le lunghe con una semplice frase, utilizzabile in qualsiasi argomento, soprattutto se l'argomento fosse del livello 'mai parlarne con i miei'... in un certo senso. Inoltre, cercai anche di distrarli con un sorriso sereno e rilassato. Non volevo farli preoccupare, non per una cosa che non sapevo spiegare e che non riuscivo a comprendere nemmeno io stesso. Loro ricambiarono il sorriso, un po' titubanti, ma tornarono ai loro posti.

Ceniamo tutti insieme a tavolo, carne di pollo e purè di patate a volontà. "È già passato un giorno..." dissi tra me e me "... sembra che siamo in questa casa da solo da cinque minuti".
Mangiavo lentamente, non riuscivo nemmeno ad inghiottire a piccole dosi. Il dolore continuava a crescere, senza freni.
Iniziai a guardare tutti in viso, mentre loro finivano i loro piatti. Erano tutti così felici, avevano iniziato un nuovo capitolo della loro vita, soprattutto per i miei genitori. Avevano compiuto l'inizio della loro 'missione', ovvero di rendere felici me e mia sorella.

Allora perché a me andava tutto storto?

Volevo solo che restassero al sicuro di quel qualcosa, volevo... stessero bene. Continuai a mangiare, senza preoccuparmi di nulla. In fondo, cosa dovrebbe succedere in una cena tranquilla come la nostra?

"Continua a mangiar finché potrai,
il gusto della tua carne,
prima o poi,
assaggerai!"

"Cosa?!" mi alzai di scatto, respirando affannosamente, facendo cadere giù la sedia: guardai intorno, sopra e sotto, a destra e a sinistra. "Marco, che succede?" si alza, a sua volta di scatto, mio padre, avvicinandosi accanto a me, guardandomi dritto negli occhi. "Marco, rispondimi!" continuava mio padre, insistentemente.
Sentivo il mio viso cambiar colore, mi sentivo cadere, non riuscivo a crederci. In cucina, oltre a mia madre, oltre mio padre, alla mia sorellina, oltre me...

...non c'era nessuno.

Mi sentì un dolore allucinante al petto, come se quel qualcosa, divenuto ormai qualcuno, mi avesse una seconda volta tirato un pugno in pieno petto. Mi sentivo l'aria mancare, non riuscivo a respirare. "Mi gira un po' la testa" borbottai freneticamente. "... mi sa che vado a riposarmi un altro po', questo dolore mi sfianca!" guardai mio padre ridendo leggermente, facendo passi indietro per allontanarmi da mio padre. Continuava a guardarmi preoccupato, mia sorella era terrorizzata e mia madre stranita dal mio comportamento. "Buonanotte mamma, grazie per la cena!" guardai mia madre, sorridendole e chinando la testa nervosamente. Mi ricambiò a sua volta con un sorriso preoccupato, ancora di più, stranito. "Buonanotte, buonanotte a tutti." corsi via in camera mia, fino ad arrivare davanti alla porta. Mi sentivo pressato all'idea che lì dentro ci fosse qualcuno pronto a prendersela con me, pronto a farmi male, pronto...

...ad uccidermi.

Aprii lentamente la porta, cercando in tutti i modi di veder qualcosa, attraverso la fessura che aumentava sempre più. Sentì un brivido passare lungo la mia schiena e chiusi la porta di colpo. "Non devo avere paura, non c'è nessuno" continuavo a ripetermi tra me e me "È tutto un gioco della tua mente, è dentro la tua testa tutto questo". Mi presi di coraggio ed aprii la porta con un colpo secco. Ero pronto a tutto, a trovarmi qualsiasi cosa davanti, pronta a saltarmi addosso. Chiusi gli occhi dalla paura, talmente forte che mi feci male alle palpebre. L'ansia derivata da un qualcuno che poteva arrivarmi da un momento all'altro aumentava sempre più. Passarono alcuni secondi.

5 secondi... 8 secondi... 10 secondi...

"Che succede?" spaventato all'idea di cosa potessi trovarmi davanti, mi presi nuovamente di coraggio ed aprii lentamente gli occhi. Aprendo gli occhi definitivamente, mi accorsi che la stanza era esattamente come l'avevo lasciata. Nessun spostamento, le cuffie erano sempre sopra il letto.
"La musica sta continuando..." fissavo il mio telefono con sguardo attento...

Niente, ancora nessun cambiamento.

"Te l'ho detto, Marco, è solo un pensiero nella tua testa, il tuo subconscio" cercai di auto-convincermi. "... Allora avevo dimenticato il lettore musicale acceso".
Entrai per spegnerlo, chiudendo la porta alle mie spalle, per non perdere nessun possibile movimento.
"Cosa stava andando avanti?" guardai il telefono: "The Final Episode", Asking Alexandria.
"Bel accompagnatrice di ansia, grazie, eh" risi per un secondo, fin quando sentì un qualcuno che correva alle mie spalle. "È passato al nord della mia stanza" mi girai di scatto, mettendo davanti i pugni. Non c'era nuovamente nessuno. Iniziai ad irritarmi con me stesso, non sopportavo tutta questa pressione. "Senti, mia testolina di merda, se ancora mi prendi per il culo, ti ammazzo". Mi accorsi di incazzarmi con la mia stessa testa e, sbuffando, mi sedetti nel letto.
Misi le cuffie per poi toglierle subito dopo, per andare a mettermi il pigiama. Mi alzai e mi diressi verso l'armadio, in fondo a sinistra della stanza. Aprii le ante dell'armadio lentamente, titubante di cosa potessi trovare all'interno. "Smetti di pensare a cosa ci sia in ogni fottuta cosa o stanza, apri quelle cazzo di ante e sbrigati!" scossi la testa, continuando a farmi coraggio psicologicamente. "Abbi le palle e fallo!" le aprii senza pensarci due volte.

Era vuoto.

Non c'era nulla, soltanto il mio pigiama ed una cruccia senza nessuna maglietta. Era spoglio dei suoi vestiti, diversamente da un armadio normale. Lo presi in mano e ritornai al mio letto. Lo lanciai sopra il lenzuolo ed iniziai a togliermi la maglietta: stranamente iniziai a sentir freddo, la pelle d'oca aumentava e tremavo leggermente. Rimasi a petto nudo per un attimo, notai che al centro del mio petto, dove sentì il colpo, un livido nero era spuntato all'improvviso.
"Possibile che..." accarezzai un po' quella chiazza nera e violacea. Faceva un po' male, ma rispetto a prima di quel momento era migliorato. Posai per alcuni secondi la mano al petto, sentendo il mio respiro, con lo sguardo abbassato. "... è solo una fantasia". Rimasi in boxer e con la maglietta del pigiama, le mie gambe erano rosse per il freddo: "Farò meglio a sbrigarmi".

Caddi di schiena nel letto, lasciandomi cadere nel materasso, sospirando rumorosamente in quel silenzio assordante. Usai ancora un po' il telefono, cercando di dormire con la musica. Mi sentivo pressato con le auricolari, come se qualcosa mi stesse schiacciando. Decisi di toglierle, di dormire normalmente, facendomi cullare dal silenzio tombale di quella stanza. Chiusi gli occhi, girandomi da ogni lato, cercando di addormentarmi.

Ore: 3.33 A.M.

"Non ti lascerò di certo dormire!"

Iniziai a respirare velocemente, mi sentivo un vuoto al petto come se qualcosa si trovasse sopra di me. Mi sentii soffocare, ogni goccia di sudore scendeva dalla mia fronte.
Cercai in qualche modo di sbottonarmi la maglietta del pigiama, ma inutilmente. Iniziai a contorcermi tutto il corpo, non mi sentivo i muscoli, qualcosa si avvicinava sempre di più.
Era lì vicino, quel qualcuno, sentivo le sue urla atroci, sentivo le sue risate inquietanti.
Sentì sue mani poggiarsi sopra di me, senti il suo respiro affannato sopra il mio collo. Era la mia ora?

"Sarò il tuo peggior incubo!"

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 15, 2018 ⏰

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