Ti amo.
Blaine scrisse quelle due parole con un terribile groppo in gola e, nel profondo del suo cuore, si augurò che un giorno, se fosse sopravvissuto a quel pazzo pomeriggio, sarebbe stato in grado di dirgliele di nuovo.
Quando aveva sentito il primo sparo la mente era subito corsa a lui. Non aveva pensato a Tina, che non sapeva dove fosse né tantomeno se fosse al sicuro, e non aveva pensato alla sua famiglia, che lo aspettava a casa, ignara di quanto stesse accadendo al McKinley. Non aveva nemmeno pensato ai suoi amici, con cui era chiuso in aula canto e con cui stava condividendo quella terribile esperienza. No, la sua mente era andata a quel piccolo appartamento della periferia di New York e a quei due occhi azzurri che, l'ultima volta che lo avevano guardato, erano finalmente privi dell'odio che vi aveva scorto quella terribile sera di fine ottobre. Aveva pensato alla sua voce, capace di assumere qualunque sfumatura e tonalità, come un pianoforte perfettamente accordato. Blaine aveva pensato a lui e aveva avuto paura di non poterlo più vedere, di non poterlo più stringere a sé o sfiorare la sua pelle di porcellana.
Quando aveva sentito lo sparo, la sua paura non era stata semplicemente quella di morire, ma anche di non avere più l'occasione di dirgli quanto lo amasse. Così, spinto da un coraggio che non pensava di avere in una situazione di emergenza come quella, aveva preso il telefono dalla tasca e, con dita tremanti, aveva composto quel messaggio che neppure un anno prima gli sarebbe sembrato naturale ma non meno vero.
Guardò le parole per un istante prima di mandarle, ipnotizzato dal silenzio che regnava nella scuola e dal piccolo cursore blu che lampeggiava intermittente accanto al punto. Lo cancellò velocemente e mandò il messaggio. Blaine mise il telefono in tasca, il cuore che batteva forte contro lo sterno ma un po' più leggero; in quel momento, poteva succedere di tutto, a lui non sarebbe interessato. Non si aspettava di certo una risposta da Kurt, né una chiamata, sperava solamente che, leggendo il messaggio, avrebbe capito tutto. Avrebbe compreso quanto ancora tenesse a lui, quanto gli mancasse ogni secondo della storia vissuta insieme, e soprattutto quanto fosse ancora dispiaciuto per averlo fatto soffrire.
Nel silenzio dell'aula canto, interrotto ogni tanto dai lamenti disperati di Marley preoccupata per la madre, Blaine chiuse gli occhi e fece cadere la testa indietro, contro il mobile di legno. Accanto a lui sentiva Sam agitarsi sempre di più: Brittany non era mai arrivata e il professor Schue, che era andato a cercarla, non era ancora tornato. Riaprì gli occhi solo quando sentì Artie parlare. Lo vide seduto davanti a lui, il telefono che lo riprendeva mentre diceva parole che Blaine non stava realmente ascoltando.
Chiuse di nuovo gli occhi e pensò a Kurt, sperando ancora una volta di poterlo vedere ancora.֍
A Kurt non piaceva Adam, non davvero. Il suo accento inglese era sexy, certo, ma non era niente di ché se messo a confronto con lui. Tra loro non era mai successo niente di più di una passeggiata mano nella mano o di un bacio sulla guancia: Kurt non gli permetteva di andare oltre.
Quel pomeriggio erano nel suo appartamento a Bushwick, come sempre, e stavano vedendo un film, come sempre. Avevano scelto una commedia romantica degli anni '80 – o meglio, Kurt aveva lasciato la scelta ad Adam, accontentandosi di guardare qualunque cosa, purché quelle ore trascorressero il più in fretta possibile - e la testa del ragazzo inglese era poggiata sulla sua spalla. Kurt, dal canto suo, se ne stava immobile a sgranocchiare popcorn e a guardare distrattamente la televisione mentre rispondeva ai messaggi di Mercedes. Doveva ammettere che gli mancava la sua migliore amica. Da quando l'aveva incontrata al matrimonio non riuscito del professor Schuester, non avevano smesso un istante di scambiarsi messaggi, rievocando i vecchi tempi al McKinley e – questo soprattutto Mercedes, perché a Kurt non andava di parlarne – facendo battute su certi eventi iniziati sui sedili posteriori di una macchina e conclusi poi in una camera d'albergo.
Kurt non sentiva Blaine da allora. L'ultimo ricordo che aveva di lui erano le sue labbra che, dopo averlo accompagnato all'aeroporto il pomeriggio del 15 di febbraio, avevano indugiato un istante di troppo sulla sua guancia, fin troppo vicino alle sue labbra. Non smetteva di pensare a quell'istante da quel giorno, come non riusciva a smettere di pensare a Blaine.
Passare il San Valentino con lui lo aveva fatto tornare indietro nel tempo, a quando lui amava Blaine e Blaine amava lui, a quando erano felici insieme e tutto andava per il verso giusto. Da quei momenti, troppe cose erano cambiate: non erano più felici, né erano insieme. Kurt passava le giornate ad autoconvincersi di non amarlo più e le notti a sognare il suo volto. Nei momenti di sconforto, si abbandonava ai ricordi e alle domande, chiedendosi perché tutto fosse finito, se fosse colpa sua o di entrambi, se Blaine lo amasse ancora...
Il protagonista del film doveva aver fatto una battuta perché la risata leggermente sgraziata di Adam lo ridestò dai suoi pensieri. Gli occhi fissi sul televisore, Kurt portò una mano alla ciotola di popcorn ma la trovò vuota.
«Vado a riempirla» disse semplicemente. Adam annuì, senza smettere di seguire per un solo istante i gesti dell'uomo dentro lo schermo, e Kurt si allontanò in cucina, in volto un'espressione contrariata e delusa. Stava per mettere sul fuoco la padella con i semi quando il telefono gli vibrò nella tasca dei pantaloni. Convinto che fosse Mercedes, lo tirò fuori alla svelta e lo sbloccò, pronto al prossimo aneddoto sulla caotica Los Angeles, ma a scrivergli non era stata la sua migliore amica e il messaggio che aveva ricevuto era tutto fuorché divertente. Il nome del mittente era seguito da poche semplici parole che tante volte prima di allora aveva già visto nella stessa combinazione. Leggerle di nuovo a distanza di tutto quel tempo gli fece perdere un battito e sentì gli occhi inumidirsi. Tutto scomparve: il salotto con la televisione accesa a tutto volume, le risate di Adam, i vocalizzi di Rachel che provenivano dalla sua stanza. Tutto perdeva importanza e l'unica cosa che riusciva a sentire era la voce familiare di Blaine che gli ripeteva ancora una volta, con non meno convinzione della prima, che lo amava davvero.
Strinse il telefono tra le mani e chiuse gli occhi, intento a trattenere quella sensazione dolce e dolorosa allo stesso tempo. Quando non poté più riafferrarla, quando sparì del tutto, quando tutto ciò che ne rimase furono poche parole scritte su uno schermo freddo, Kurt capì che qualcosa non andava.
Se prima Blaine era solito mandargli quel tipo di messaggi, in quel momento, data la loro situazione, Kurt ne rimase sorpreso e turbato insieme. Sapeva che qualcosa non andava, come un sesto senso, ma non sapeva dire bene cosa.
Lanciò una rapida occhiata ad Adam, ancora intendo a ridere sdraiato sul divano, poi guardò di nuovo lo schermo del telefono che aveva ripreso a vibrare, stavolta per i messaggi di Mercedes, e non seppe cosa fare.
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Shooting Star
FanfictionDAL TESTO: "Quando aveva sentito il primo sparo la mente era subito corsa a lui. Non aveva pensato a Tina, che non sapeva dove fosse né tantomeno se fosse al sicuro, e non aveva pensato alla sua famiglia, che lo aspettava a casa, ignara di quanto st...