Capitolo 35

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La notte l'avevo passata insonne. Non avevo chiuso letteralmente occhio, non avevo dormito nemmeno un minuto.
Guardandomi allo specchio quella mattina vidi delle occhiaie sotto i miei occhi marroni, ma non mi importava più di tanto e non provai nemmeno a nasconderle.
Mi sarei comportata normalmente, non mi importava se tutta la scuola sapesse che il funerale di mia sorella fosse domani. Forse sarebbe stata più dura se avessi avuto tutti quegli occhi ad osservare il comportamento di me e la mia famiglia pensando "Poverini", anche perchè mi sarei arrabbiata: il funerale era di Valentina e la gente non doveva concentrare l'attenzione su di noi, ma su di lei.
Indossai un maglione verde militare e un jeans nero, mi infilai gli stivali e poi presi la giacca e lo zaino, pronta per andare a scuola quel giorno.
Quando uscii per il corridoio vidi che i frammenti della palla di neve comprata per Valentina non erano più sul pavimento, ma qualcuno aveva pulito. Mi si chiuse lo stomaco pensando a mia madre che puliva quello che io avevo rotto, mentre combatteva l'angoscia della perdita di Valentina.
I miei occhi si fecero lucidi ma lungo la mia guancia non scese nessuna lacrima, come quella notte. Avevo provato a piangere, ci avevo provato, perchè forse sarei stata meglio, ma ogni tentativo era stato inutile: una persona piangeva quando aveva completamente metabolizzato il tutto, ma io ancora non avevo realizzato.. c'era una parte di me che non ci voleva credere.
Forse questo era un incubo e mi sarei svegliata presto.
Scesi le scale trovando i miei genitori e mio fratello a parlare. Così ora eravamo solo noi quattro?
"Dove vai?" mi chiese mio padre avvicinandosi, seguito da mia madre e mio fratello.
"A scuola" risposi io distaccata, non per qualcosa contro di loro, ma perchè il mio attuale stato animo non mi faceva provare nessuna emozione. Niente.
"Come a scuola? Dovresti rimanere a casa" disse mia madre prendendomi la mano.
La guardai con occhi spenti "Voglio andare a scuola"
Mio fratello mi guardò esasperato "Elena.."
Guardai tutti e tre, poi mi avviai verso la porta e uscii fuori, pronta a farmi una bella camminata verso la scuola; sentii mio fratello urlare "Aspetta!"
Mi raggiunse con le chiavi della macchina in mano e notai che indossava gli stessi vestiti di ieri "Ti accompagno, non ti lascio camminare da sola"
Non risposi e mi limitai ad entrare nella sua macchina, però non avevo intenzione di parlargli. Non ci riuscivo, se avessi iniziato a parlare sarei esplosa e non volevo esplodere.
Mise in modo l'auto e si diresse verso la scuola "Elena" mi chiamò, il suo tono era più dolce rispetto ai giorni precedenti, probabilmente perchè ora lo sapevo anche io "Ora dobbiamo aiutarci a superare la cosa, okay?"
Non risposi. Non dovevo esplodere.
"Elena, non chiuderti in te stessa, ti prego" mi osservò per qualche istante e poi si concentrò di nuovo sulla strada, era molto serio "So come ti senti, mi sento così anche io. Però da solo non posso farcela come tu non puoi farcela da sola"
Non volevo il suo aiuto, volevo soltanto andare a scuola e comportarmi normalmente.
"Siamo solo io e te ora, non possiamo permetterci di essere distanti tra di noi in questo momento"
In normali circostanze le sue parole mi avrebbero colpita ed emozionata, ma quelle non erano circostanze normali e io non provavo assolutamente niente. Mi odiavo per questo.
Odiavo che non ero qui quando è successo, ma che ero fuori a divertirmi in gita. Che era successo poche ore prima che io uscissi la mia ultima sera a Roma coi miei amici.
"Dì qualcosa, per favore" mi implorò lui con la voce rotta.
Continuai a non parlare fino a quando non giungemmo a destinazione. Scesi dalla macchina senza guardarmi indietro e camminai spedita verso l'entrata.
Venni placcata da qualcuno mentre varcavo l'ingresso della scuola e cercai di sembrare normale, di star bene "Ciao" salutai Teresa cercando di fare un sorriso credibile.
"Ehi!" mi salutò lei allegra "E così si ritorna a scuola!"
"Già.." dissi io cercando di metterci un po' di enfasi, poi insieme camminammo verso la nostra classe.
"Stai bene? Quelle occhiaie sono peggio delle mie quando decido di fare una maratona di serie tv la notte"
Feci una risata forzata "Si, non ho dormito molto bene. Forse il pensiero di tornare a scuola" o il pensiero di mia sorella.
La campanella suonò e ci sedemmo ai nostri banchi, aspettando l'arrivo degli altri nostri compagni di classe, anche se molti quel giorno erano assenti, ancora stanchi per la gita o svogliati andare a scuola quel giorno.
Teresa continuò ad osservarmi mentre prendevo il libro di algebra dallo zaino "Sicura di essere solo stanca?"
"Si, te l'ho detto"
Non è che non volevo dirle niente, solo che se gliel'avessi detto allora avrebbe provato a consolarmi e io in quel momento non volevo essere consolata. Non volevo compassione, non volevo sentire parole come "Mi dispiace" o "Le cose andranno meglio" perchè le cose non andranno meglio, questo dolore esisterà sempre e non volevo sentire le persone che cercavano di capire come mi sentissi. Non potevo reggerlo.
Davide e Roberto entrarono in classe correndo e ridendo, facendo battute come "Bentornati all'inferno"
Io risi solo per mimetizzarmi, ma non c'era nessun divertimento in quella risata, non era nemmeno una vera risata.
La Friuli entrò in classe e quando mi vide mi sorrise in un modo strano. Oh, no. Sicuramente lo sapevano tutti. Forse era solo la mia classe che non lo sapeva, ancora.
"Elena? Posso parlarti per favore? Devo discutere con te di una gara di matematica"
Annuii "Certo" però non mi alzai, pensando che volesse parlarne davanti a tutti.
"Possiamo parlarne fuori" mi fece cenno di seguirla fuori dalla classe e io riluttante mi seguii-
Daniele mi lanciò uno sguardo truce, sicuramente stava pensando "Perchè ha scelto lei per la gara di matematica?" in realtà non sapeva il vero motivo del perchè la Friuli volesse parlare con me.
Si chiuse la porta alle spalle e mise la sua mano destra sulla mia spalla "Elena, voglio esprimerti le mie più sincere condoglianze, mi dispiace davvero tanto" tutte le parole che non volevo sentire in un unica frase. Non ero sorpresa che volesse parlarmi di quello, ma mi chiedevo come lo sapesse visto che era in gita con me fino a ieri "Come lo sa?"
"Questa mattina noi docenti ci siamo incontrati prima e ci hanno informati"
"Quindi lo sanno.. tutti?" chiesi frustrata.
"Si, Elena.. la notizia si sta diffondendo, visto che la classe di tua sorella è stata informata"
Chiusi gli occhi esasperata "Posso andare in bagno, per favore?"
"Ma certo, e se non ti senti bene e vuoi andare a casa, basta dirlo"
Annuii e le diedi le spalle per dirigermi verso il bagno. Ero sicura che avrebbe approfittato della mia momentanea assenza dalla classe per avvertire anche i miei compagni di classe e allora io sarei stata la ragazza a cui è morta la sorella.
Mi appoggiai alla parete del bagno e mi lasciai cadere, sedendomi a terra, per quanto antigienico fosse. Nascosi la faccia nelle mie braccia appoggiate alle ginocchia. Inspirai ed espirai cercando di calmarmi, anche se, ancora una volta, niente lacrime.

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