"Quando manchi, quando mi soffermo sui dettagli
Vorrei che tu davvero veda al di là dei miei sbagli."
Andare avanti non mi risultava facile.
Mi avevano detto spesso ,durante gli anni del liceo ,che avrei dovuto fare di tutto per tenere il mio cuore in vita, che avrei dovuto fare in modo di essere e di sentirmi viva ma pur sempre mettendomi in gioco, pur sempre amando.
Amare senza soffrire mi risulta impossibile.
Anche quando amiamo i nostri genitori soffriamo; per un litigio, per una carezza troppo dolorosa, per le parole che ci si butta addosso nei momenti di rabbia.
Anche quando amiamo una cosa, soffriamo.
Soffriamo perché tutto è destinato a finire, è la legge della vita.
Nasciamo, cresciamo e moriamo.
Lasciamo perdere la stronzata del 'riprodursi', perché le persone che meritano di diventare genitori non hanno la possibilità di farlo e coloro che non vogliono essere genitori lo diventano.
E' una cosa bisbetica da dire, ma è così.
Mi sono accorta di averti perso una mattina qualunque.
La luce invadeva la stanza completamente bianca.
Mi girai su un fianco con il volto verso la finestra, la luce mi diede fastidio agli occhi.
Sentii l'immensità delle lacrime inondarmi gli occhi ormai secchi, avevo passato la notte a perdere gocce di ricordi dalle pupille stanche.
Ti perdevo sul cuscino, venivi assorbito da esso.
Dei pezzi di te riuscivo a recuperarli, la mia cute ti risucchiava forte, ti tratteneva, non voleva che andassi via..tu, tu che eri già mille miglia lontano da qui.
Mi tirai a sedere, non so con quali forze, e mi tolsi i capelli dal viso, erano umidi.. pieni di ricordi.
Rimasi seduta per qualche minuto a fissare un buco delle tapparelle, lì la luce filtrava appena..sembrava timida, quasi impaurita di irrompere e risi, risi dei miei pensieri.
Ero fuori di me, tu non c'eri e io mi sentivo folle, me lo avevano detto anche in classe i miei compagni , sempre coloro che mi chiedevano di te, del perché avessi lasciato la scuola senza un perché.
Come potevo dir loro che io conoscevo il motivo, come potevo dir loro che ,in parte, era anche colpa mia?
Quando fui in piedi , sentii le ossa frantumarsi sotto la massa che era rimasta a decorare le ossa che spuntavano da sotto i vestiti come fiori dal terreno madido in primavera.
Andai in cucina, mia madre era fuori casa non so perché , non la ascoltavo più, non le parlavo più, non c'ero più e lei sembrava avermi abbandonata a me stessa, proprio come hai fatto tu.
Mi sedetti e mi accesi una sigaretta.
Volsi lo sguardo verso la capiente finestra e osservai il cielo, era cupo, di un blu metallo che non prometteva altro che temporali e mi sentii sollevata.
Non avrei pianto da sola, non avrei gridato da sola, non sarei stata sola.
Mi guardai attorno e non ti trovai.
Inspirai in cerca del tuo profumo pungente e non lo trovai.
Guardai le tazzine di caffè poste all'ingiù al centro del tavolo, e non vidi più la tua, quella che avevo dipinto io.
Ci avevo dipinto una mezza luna e ci avevo impresso le nostre iniziali, perché me lo avevi chiesto tu.
E poi guardai la parete spoglia delle nostre foto, le avevi prese tu, io non le volevo.
Non ti volevo attorno, ti avevo già dentro e averti dentro non mi avrebbe mai permesso di dimenticarti.
Tu non mi avevi dentro e avevi bisogno di ricordarmi, avevi bisogno di sapere che noi due c'eravamo stati, che non era solo un sogno ciò che ci aveva uniti.
Posai la sigaretta nel posacenere e concentrai lo sguardo sulle mie dita, il tuo anello circondava ancora il mio indice era lì, fermo, presi a giocarci.
Notai che mancava poco e non sarebbe più rimasto fisso sul dito, era un segnale forse?
Strinsi forte le labbra e ripresi la sigaretta tra le dita ossute.
Aspirai forte dal filtro mentre una lacrima si faceva spazio sul mio viso scavato.
Non c'eri più.
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Mi scordo di te
RomanceRebecca e Giosuè , due anime disperse nel tempo. Ricordi smarriti nel suono di una canzone ormai terminata.